Il robot che sembrava me


 Il 2000 era atteso come l’anno delle macchine volanti, dei cibi sintetici (ci stiamo arrivando), dei robot che lavorano al posto nostro.

Nel film visto questa sera in prima visione su Prime video, ambientato nel 2032, i robot convivono con l’uomo e spesso lo sostituiscono come accade a Charles ed Elaine, l’uno donnaiolo, impegnato ad ordinare la sua agenda piena d’incontri passionali, l’altra accumulatrice di borse costosissime ricevute in regalo dal ‘pollo’ di turno che lascerà corteggiare alla sua sosia bionica.

Possedere un robot che sia un sosia, è reato però sia Charles che Elaine ne hanno uno, somigliante al 100% e che un amico ha progettato per salvare la vita a entrambi sia dalle responsabilità quotidiane che dall’amore.

Inaspettatamente questi due robot, pur non avendo bisogno come noi umani, di mangiare o di dormire, insegneranno agli aridi Charles ed Elaine, cos’è l’amore.

È una storia spiazzante, attualissima e sconvolgente in cui Shailene Woodley e  Jack Whitehall sanno mostrare magnificamente i limiti di un’umanità alla deriva, dove non c’è più spazio per la solidarietà e il solo fine è quello di prendersi gioco del prossimo. 

Tratto dal romanzo di Robert Sheckey, “Il robot che sembrava me” è lo specchio di quel che accadrà a noi umani.

Visione consigliata! 

Grazie ragazzi


Passiamo la vita ad aspettare il grande amore, il momento giusto, il colpo di fortuna che stravolga la nostra esistenza, in questo film, rivisto stasera su Prime Video, diretto da Riccardo Milani e con un Antonio Albanese in stato di grazia, c’è un gruppo di detenuti che aspettano il giorno in cui saranno finalmente liberi. 
Raggruppati da un attore di talento come Antonio, separato e che per sbarcare il lunario, doppia film porno, i detenuti impareranno a fare teatro ed essendo un gruppo di anime in pena come direbbe Eduardo, ragazzi e uomini che non sanno neanche cosa sia il teatro, tutti tranne uno, Diego (Vinicio Marchioni), che vuole far parte a tutti i costi dello spettacolo che stanno provando intitolato “Aspettando Godot” di Samuel Beckett, hanno qualcosa di nuovo da aspettare, Godot appunto che si materializza e li trasformerà magicamente in attori. È tutto un crescendo d’emozioni inaspettate dove si tocca con mano la condizione di un detenuto, le sue privazioni, l’angoscia, l’estrema solitudine, la mancanza degli affetti familiari, la sete d’aria, l’impotenza totale, persino le vertigini quando si esce per andare a fare lo spettacolo dopo le prove in ogni angolo possibile del carcere.
Albanese recita magnificamente la parte che fu di Kad Merad ne “Un triomphe” il film del 2020 diretto da Emmanuel Courcol di cui “Grazie ragazzi” è il remake.
Il film francese mi spiazzò al punto che lo vidi più di una volta perché la storia mi piacque e mi coinvolse moltissimo! 
Fui felice di sapere che Milani dopo “Corro da te” avesse attinto ancora una volta al vasto serbatoio del cinema francese e attraverso un film magnifico come questo che mi è piaciuto immediatamente.
Oltre ad Albanese e a Marchioni, ci sono altri attori straordinari da Fabrizio Bentivoglio che nel film dirige un teatro, alla direttrice del carcere Sonia Bergamasco, poi tra i detenuti spiccano il marchigiano Giorgio Montanini e Giacomo Ferrara. È impossibile dimenticare il bravissimo Nicola Rignanese nella parte della guardia carceraria.
Il film è un ottimo adattamento della commedia francese.
Non perdetevelo su Prime video, mi raccomando! 



L'uomo che ride


 Un artista di strada accoglie due orfani persi nella tempesta: Gwynplaine, un ragazzo con il volto segnato da una cicatrice a causa della quale sembra che rida sempre, e Dea, una ragazza cieca a cui ha dato il nome Ursus, l'artista di strada che mosso a compassione dalla richiesta d'aiuto del ragazzo che bussa alla sua porta con il volto coperto dal naso in giù, soccorre e si prende cura dei poveri bambini.

Gwynplaine ha 25 anni e Dea 16, ormai sono una famiglia e per campare sono impegnati in spettacoli itineranti e il ragazzo il cui volto attira l'attenzione e la curiosità dei passanti e del pubblico, diventa l'attrattiva, la stella, la celebrità.

La recensione

Il film del 2012 in abbonamento su Prime video, è tratto dal romanzo scritto da Victor Hugo (L'homme qui rit) e pubblicato nell'aprile del 1969.

La vicenda è ambientata nel 1690.

E' il 29 gennaio, una nave salpa in fretta e l'equipaggio abbandona un bambino sulla costa inglese.

Il bambino disperato, solo, affamato, intraprende un’estenuante marcia in mezzo alla neve e mentre cammina trova una bambina che porta con se, fino alla carovana di Ursus, un filosofo vagabondo e poeta che vive d'arte e di sogno.

L'uomo dapprima disinteressato, sceglie di far entrare i piccoli, di nutrirli, salvandoli da morte certa.

Inizia così la vita nella nuova famiglia di Gwinplaine, il quale diventa un artista che è l'attrattiva principale negli spettacoli diretti da Ursus.

A una di queste rappresentazioni teatrali assiste la duchessa Josiane, sorellastra della regina Anna, che s'innamora del ragazzo che ride.

Gwinplaine scopre di essere figlio legittimo di Lord Linnaeus Clancharlie, un nobile rimasto fedele al giuramento fatto alla repubblica instaurata da Oliver Cromwell e che si era volontariamente esiliato in Svizzera, dove era morto.

L'allora re Giacomo, aveva fatto rapire l'unico figlio legittimo, e lo aveva venduto con l'ordine di renderlo irriconoscibile.

Gwinplaine, venuto alla conoscenza della sue origini, riacquista il titolo nobiliare e promesso sposo di Josiane, viene condotto nella camera dei lord per l'investitura.

Durante il suo discorso che sembra l'arringa in un tribunale, attacca l'aristocrazia per la sua indifferenza nei confronti del popolo bisognoso e viene deriso e insultato dall'assemblea.

Comprende che quello non è il suo posto e scappa alla ricerca della sua famiglia di artisti di strada.

Gwinplaine e Dea, si sono sempre amati però un destino crudele strapperà per sempre l'angelica Dea dall'uomo che ride.

Eppure Gwinplaine la cercherà nelle acque della Manica per ricongiungersi per sempre all'amata e bellissima Dea.

E' stata immediata l'associazione con Joker mentre vedevo il film e in effetti nel 1940 il disegnatore di fumetti Bob Kane e lo scrittore Bill Finger usarono il ritratto che Conrad Veidt aveva dato a Gwinplaine come ispirazione per la creazione di Joker, la nemesi di Batman.

Il film diretto da Jean Pierre Ameris, con Gerard Depardieu nei panni di Ursus, Marc André Grondin in quelli di Gwinplaine ed Emmanuelle Seigner in quelli di Dea, mostra una storia estremamente bella e attuale, un'opera fiabesca e visionaria, dove Hugo denuncia sia la corruzione e il passivismo dei nobili e della classe sociale privilegiata che la discriminazione e il rifiuto per le persone che hanno subito un incidente che ne ha deformato l'aspetto e lo fa attraverso un romanzo dalle tinte forti, e che è considerata l'opera più notturna, onirica e visionaria dell'autore de "I miserabili".

Il film è meraviglioso e consigliatissimo!

Il grande giorno su Prime video


  1. Per chi come me ha seguito Aldo, Giovanni e Giacomo a teatro, li ha amati in tv nelle indimenticabili puntate di Mai dire gol e che inevitabilmente ha visto tutti i loro spettacoli, nonché i loro film, più e più volte, oggi è giunto il grande giorno di assistere al loro ultimo lavoro, finalmente su Prime Video, evitando di leggere recensioni ma ponendomi di fronte al loro rinnovato entusiasmo con candore e sorpresa.

Ed è stato amore a prima vista per il film che vince il David dello spettatore, il primo per lo straordinario trio.

La recensione 

Il grande giorno segna il ritorno dell'amatissimo e affiatato trio comico dopo  Odio l’estate diretto da Massimo Venier.

Questa volta la consapevolezza della vita con tutti i suoi momenti no, con gli amori sfumati e tenuti insieme dall'abitudine come quello tra Giacomo e sua moglie Lietta (Antonella Attili) e le mogli perse, come Margherita (Lucia Mascino) definita cinicamente la barbie vintage da Valentina (Elena Lietti), la seconda sposa  di Giovanni, muove i fili delle esistenze in un film corale e in cui ognuno occupa un posto ben preciso, intonando un canto tutto suo.

Ciò che riunisce quest'allegra brigata è l'imminente matrimonio di Elio (Giovanni Anzaldo) e Caterina (Margherita Mannino), gli amati figli di Giacomo e Giovanni, due vecchi amici e soci in affari.

Caterina è la figlia che Giovanni ha avuto da Margherita, la prima moglie, cresciuta con amore da Valentina, come fosse sua figlia. Una famiglia allargata insomma.

Per rendere il giorno del matrimonio di sua figlia, un momento indimenticabile, d'accordo con il socio e padre dello sposo, decide di affittare Villa Kramer, nello scenario mozzafiato del Lago di Como.

I preparativi del matrimonio sono estenuanti. 

Deve essere tutto perfetto, dalle bomboniere, al vino, a Francesco Renga che dovrà cantare l'Ave Maria di Schubert, al cardinale che celebrerà il matrimonio, fino ai fuochi d'artificio.

Sarà una festa della durata di tre giorni.

Iniziano ad arrivare gli ospiti, dal cardinale, alla mamma della sposa che giunge col suo nuovo compagno, Aldo, un fisioterapista del sud estroverso e socievole al limite della sopportazione, gioviale con tutti e soprattutto innamorato della sua Margherita, donna invidiata e criticata per aver mollato matrimonio e figlia che all'epoca aveva 12 anni, per vivere la sua vita ed essere felice.

La scelta di Margherita in fondo, è il leit- motiv del film e accomuna la famiglia degli sposi i cui coniugi, sono ingessati in ruoli fissi e senza più ricordare quando è stato l'ultimi giorno che sono stati felici.

 L'arrivo di Aldo alla festa, è sicuramente il deus ex machina in uno spettacolo le cui prove stanno per terminare, anche se nessuno degli attori, è pronto al debutto.

Con la presenza di Aldo, la sua goliardia irrefrenabile, che comporterà giochi notturni e il ferimento del Cardinale, portato via in elisoccorso, il castello di ghiaccio allestito durante i preparativi, si scioglie come neve al sole e i due soci benestanti e 'arrivati' de la Segrate Arredi, si sentono dei semplici commessi ne Il paradiso della brugola di Tre uomini e una gamba.

Non sarà perfetto ed elevato come quello scelto, il sostituto del Cardinale, ma don Francesco un prete di poche pretese se non quella di mangiar bene, è quello di cui ci si deve accontentare un po' come accade nella vita, quando non si ha scelta.

Don Francesco (Francesco Brandi) in fondo, è abituato a celebrare funerali non matrimoni, anche se sarà la voce narrante nel film, parte affidata ad Aldo in Chiedimi se sono felice, visto non so più quante volte.

Il rischio in un film simile, era quello di trovarsi di fronte a un trio che ormai aveva fatto e detto tutto con tempi comici perfetti, ma anche questa volta hanno dimostrato, come ha detto sapientemente don Francesco, che ad ogni fine c'è sempre un nuovo inizio.

Tanti sono i momenti belli, divertenti e anche struggenti nel film, come quello in cui Aldo intona al pianoforte Maledetta primavera, dove ci si ritrova inevitabilmente a cantare perché certe note ti fanno sentire parte di un tutto vissuto tutti assieme.

Sicuramente lo rivedrò e oggi io sono davvero felice di aver trascorso quasi due ore in compagnia dell'adorato trio!

Film consigliatissimo!

 

Le otto montagne il film



 Sono i padroni del proprio tempo i protagonisti de "Le otto montagne", il film ispirato all'omonimo romanzo di Paolo Cognetti, Premio Strega 2017, vincitore del Premio della Giuria a Cannes 2022 e del David di Donatello 2023 come Miglior Film.

Felix Van Groeningen e Charlotte Vardermeersch, dirigono Luca Marinelli e Alessandro Borghi, con un'anima talmente sconfinata da ricordarmi quella freschezza, il candore, l'autenticità e la crudezza attraverso cui li conobbi la prima volta ne "Non essere cattivo" di Claudio Caligari e che li consacrò entrambi nel panorama cinematografica italiano e internazionale. 

E con un’incredibile forza vitale il film si dipana, incentrato sul viaggio naturalistico, intimo e sentimentale dei due, sulla continua scoperta di se stessi e del mondo e sulle diverse forme d''amore, quello genitoriale rappresentato dal papà di Pietro, uno splendido Filippo Timi, quello filiale di Bruno e Pietro, quello naturalistico che s'intreccia con quello utopistico e individuale alla ricerca del luogo adatto in cui vivere e costruire, dove poter condividere persino la costruzione di una casa di montagna e che sarà un percorso a ritroso nei ricordi di un'infanzia e dell'adolescenza a contatto con un padre esemplare e in fondo sconosciuto.

Alessandro Borghi è fenomenale e struggente nei panni di Bruno, che cresce in uno sperduto paesino della Val d'Aosta, custodendo il suo amore per quei monti che proteggerà come un nume tutelare, col suo instancabile impegno e una dedizione sconfinata.

Con lo stesso ardore Pietro, l'incantevole e angelico Luca Marinelli, ormai adulto e scrittore, tiene accesa la luce di un'amicizia esclusiva come quella con Bruno, che era l'unico bambino nel paese dove trascorreva con i genitori le vacanze estive per poi fare ritorno in città.

Le cose prenderanno una forma nuova e inaspettata e i due bambini, si ritroveranno in età adulta ancora insieme per poi separarsi e ritrovarsi di nuovo e sarà proprio la montagna il luogo dove quell'amicizia getterà le basi per essere il rapporto più duraturo e inossidabile.

La narrazione nel film è dilatata, è come se il tempo dell'incontro e del viaggio siano volutamente scanditi dai registi che si soffermano sui vari momenti esistenziali sia dei protagonisti che degli altri personaggi, per contrastare la velocità dei nostri tempi, in cui non si ha la possibilità di fermarsi ma i sentimenti talvolta lo reclamano.

Attraverso questo film, si viene inevitabilmente proiettati in un passato dove il meta verso era ancora lontano e gli algoritmi non condizionavano come avviene oggi, le nostre azioni, le nostre scelte e i nostri spostamenti.

  La fotografia è magnifica e i diversi scenari montani, sono incorniciati dalle musiche di Daniel Norgren.

"Le otto montagne" è un viaggio dell'anima anzi di anime assetate di rapporti umani,  alla riscoperta della pazienza, necessaria in una società  frenetica e individualista come quella in cui viviamo.


The Fabelmans

 "The Fabelmans" di Steven Spielberg ha conquistato il David di Donatello 68 per il Miglior film Internazionale, l'ultimo dei numerosi premi meritatamente vinti.

Oggi l'ho visto su Prime Video ed ho trascorso più di due ore tra i sogni adolescenziali di un giovanissimo e appassionato Spielberg, filmaker per vocazione e attento osservatore del mondo a partire dal microcosmo familiare dove nasce la sua predilezione per il cinema che sarà il suo motivo di vita, la sua professione e il suo spazio privilegiato da cui osservare la realtà e raccontare storie meravigliose.

Forse tutti coloro che lo amano, e sono davvero in tanti, erano ansiosi di vedere un film dedicato a colui che ha costellato di gemme preziose lo splendido mondo del cinema.

Il regista sceglie di raccontarsi attraverso la vita, i sogni e i dolori di Sammy Fabelman, Gabriel LaBelle, il più adulto dei tre che vediamo nel film,  cresciuto tra l'Arizona e la California, tra il '50 e il '60 che come sua madre (Michelle Williams) si appassiona alla settima arte.

Vive con i genitori e le tre sorelle, ma Burt, suo padre, un uomo buono e laborioso interpretato molto bene da Paul Dano, attore ammirato ne "Il perfetto gentiluomo" al fianco di Kevin Kline, ha un amico e collega Seth Roger, che è anche intimo amico di sua madre.

Dalla scoperta del cinema avvenuta nel gennaio '52 attraverso il film "Il più grande spettacolo del mondo", il giovane Sammy inizia all'età di 7 anni a girare film amatoriali in 8mm con amici e compagni di scuola.

Accanto all'amore per i film, c'è il dolore provato a scuola a causa dell'intolleranza etnica nei suoi confronti.

Scritto da Steven Spielberg e Toni Kushner "The Fabelmans" è un susseguirsi di scoperte emozionanti, è come sfogliare il diario personale dell'immenso regista che per la prima volta si racconta mostrandosi in tutta la sua umanità.

Ho amato molto Gabriel Labelle e il suo sguardo acceso sul mondo da cui spesso si isola e che attraverso il cinema gli permette non solo d'integrarsi ma di essere scoperto nel momento in cui è pronto a spiccare il volo e a diventare regista.

Qualche frase del film:

"La tua vita non la devi a nessuno"

"Si fa quello che il cuore ti dice di fare"

"I film sono sogni che non dimenticherai mai"

"Amare qualcosa non basta, bisogna prendersene cura"

"Avviene tutto per un motivo"

L'Oreste Quando i morti uccidono i vivi al Quirino

 L'Accademia Perduta Romagna Teatri, sperimenta ne "L'Oreste quando i morti uccidono i vivi" nuovi orizzonti comunicativi attraverso il graphic novel theatre, trasformando il palcoscenico nello spazio visionario dove si materializzano i sogni e i personaggi che si affollano nella mente di Oreste, internato nel manicomio dell'Osservanza di Imola da trenta lunghi anni, ma intenzionato a fare un lungo viaggio, destinazione luna passando per la Russia.

Claudio Casadio incanta, commuove, coinvolge e sconvolge il pubblico attraverso un'interpretazione pazzesca nel vero senso della parola e il suo Oreste, attraverso i suoi occhi accesi, sogna di compiere un viaggio lontanissimo per librarsi in volo e sentirsi leggero, scrollandosi di dosso il peso dei patimenti terreni e della sua stessa malattia mentale che nessuna terapia ha mai guarito, nemmeno l'elettrochoc.

Oreste non dorme mai, disegna, parla con i suoi visitatori immaginari, con il medico, con l'amata sorella che ha perso tanti anni fa ma alla quale promise che non avrebbe mai smesso di amarla neanche da morta, perché lei nella sua mente sarà viva per sempre.

Con l'animazione grafica prendono vita Ermes, il suo compagno di stanza, uno schizofrenico convinto di essere un astronauta e  poi  la sorella, l'infermiere e il medico che gli comunica di essere finalmente libero e di poter uscire.

Però nessuno sa dirgli se è possibile riavvolgere il nastro e ricominciare tutto da capo, come lui desidera sapere da tanti anni.

La risposta al suo quesito, non è chiara e soddisfacente oppure lui non riesce a capire quale potrebbe essere la via d'uscita alla sua non vita.

Quello a cui si assiste è un lavoro corale anche se Casadio è solo, in questo atto unico di rara bellezza.

Piene di tenerezza e di stranezze sono le lettere che Oreste scrive alla fidanzata che dice con convinzione di aver conosciuto a un festival dei matti, nel manicomio di Lucca.

Oreste parla, canta, disegna, preparandosi al viaggio più lungo che l'uomo possa fare, quello verso il nulla, l'oblio.

Gli applausi della prima sembrano non finire più e il pubblico ha il cuore a pezzi ed è sollevato quando Casadio balla e s'inchina per condividere il suo successo con un pubblico entusiasta.

Lo spettacolo tratto dal racconto di Francesco Niccolini, con la regia di Giuseppe Marini, le illustrazioni di Andrea Bruno, le scenografie e animazioni di Imaginarium Creative Studio, le musiche originali di Paolo Coletta, il light design di Michele Lavanga, la fonica di Francesco Cavessi, la collaborazione alla drammaturgia di Claudio Casadio, è co-prodotto da Accademia Romagna Perduta Teatri, e Società per Attori in collaborazione con Lucca Comics&Games, ha vinto il Premio Nazionale Franco Enriquez  nella cat. Teatro Classico e Contemporaneo / sez. Miglior Attore.

Sarà in scena fino a domenica  7 maggio e sarebbe un vero peccato non assistere a una simile pièce.


Prince Harry Spare Il Minore

 Una biografia di solito contiene un elenco di fatti esposti in ordine temporale, è scritta in terza persona perché il narratore riporta gli episodi di un'altra vita, non della propria.

Prince Harry Spare Il Minore invece è scritto in prima persona ed è rivolto al lettore con l'unica esigenza di far sapere come è andata finora la vita di colui che tutti noi siamo soliti chiamare il Principe Harry e che associamo indissolubilmente alla mamma, la bellissima e sfortunatissima Diana Spencer, principessa del Galles o soltanto Lady D.

Per la prima volta nella mia vita, questa non è stata una semplice lettura ma un'immersione totale nella storia di un reale, non dell'erede ma della "Riserva", status che il giovane e sensibile Harry ha sempre accettato e rispettato sin dai tempi in cui era felicemente amato da sua madre, donna generosa ed apprensiva che gli è stata accanto finché ha potuto.

A ventun' anni Harry entra nell'esercito e sono accurate le descrizioni della vita militare da lui amatissima che lo rende disciplinato ed eroico ma sensibile ai problemi dei soldati mutilati e degli invalidi di guerra, conoscenza che lo ispirerà per la creazione dei giochi paralimpici londinesi ad essi dedicati.

Come tutte le persone normali, anche se quando pensiamo ai reali li vediamo anni luce lontani da noi, Harry soffre di attacchi di panico, si sente solo e incompreso, non riesce a trovare la donna della sua vita, per sposarsi come suo fratello William, l'erede, e mettere su famiglia.

I rapporti con sua nonna e i suoi pensieri nei suoi confronti sono sempre basati sul rispetto e l'ammirazione anche dopo la sua scomparsa.

Lei è stata il suo riferimento e anche il suo 'capo' perché ha lavorato al servizio della Regina Elisabetta II fin quando ha potuto.

Poi accade il miracolo, l'incontro con l'amore, con la sua Meghan, che affascina non solo i membri del Palazzo reale ma il mondo intero.

Però le favole, anche le più belle, si scontrano con la realtà, quella che era una coppia favolosa, viene bersagliata dalla stampa che le rende la vita impossibile.

Sono strane e impreviste le reazioni del futuro Re Carlo III, suo padre e del fratello William che anziché prendere le sue parti, restano in disparte, anzi sono intrappolati nella loro gabbia dorata.

Tutto ciò che sapevo sugli Windsor era collegato anche alle informazioni ricevute dalla stampa e scorrendo le pagine di questo straordinario libro che è a tutti gli effetti un diario personale e appassionato, ho scoperto di non conoscere nulla o quasi, perché la cronaca spesso racconta ma non svela, e i pezzi dedicati al principe Harry hanno sempre avuto un'impronta negativa, severa, spietata.

Ecco, la spietatezza della stampa britannica è uno degli aspetti sottolineati nel libro, che hanno persino compromesso i rapporti familiari e sociali della famiglia reale, allontanando la Riserva.

La frase che è impressa nella prima pagina del libro "Il passato non muore mai. Non è mai passato" di William Faulkner, contiene il dolore perpetrato negli anni, per la prematura scomparsa della madre, un dolore insostenibile, sordo, devastante.

 Il passato e il presente convivono in questo atto d'amore scritto da Harry in prima persona, un libro carico di particolari, di rivelazioni che non avrei mai immaginato, di viaggi meravigliosi e di avventure.

E' il libro più bello che io abbia ricevuto in regalo!

Lunga vita a te Prince Harry e infinitamente grazie per tutto ciò che hai voluto raccontare anche a me!


"Toilet" la prima al Teatro Manzoni

 Amo le storie, le biografie dei famosi e non, ma questa ci riguarda tutti ed è Gabriele Pignotta ad averla non solo scritta, ma anche diretta e interpretata sia al cinema che a teatro. Ecco le mie impressioni sulla prima al Teatro Manzoni il 3 maggio scorso e i paragoni che Pignotta ci ha chiesto di fare con il film visto su Sky e disponibile su diverse piattaforme.


La recensione di Tania Croce

Il protagonista dell'entusiasmante atto unico è Flavio Bretagna, brillante imprenditore e uomo impegnato che non viene lasciato libero neanche durante la pausa pipì.

Bersagliato da telefonate a raffica, sbaglia strada e lascia la sua Passat parcheggiata in un'area di sosta per andare in Toilet (possiamo dirlo alla francese oppure leggerlo come è scritto).

Tra i martellamenti continui della signora Marini, l'imminente appuntamento col dottor Protti, l'onnipresente segretaria Marta, il signor Flavio si accorge di essere rimasto chiuso dentro un bagno, una specie di magazzino con tanto di secchi, scopa e immondizia.

Istintivamente chiede aiuto urlando e sperando che qualcuno possa aprirgli la porta antipanico.

Niente, tutto tace ma non la sua fervida mente, attiva, razionale e l'unica cosa che non tace è il suo cellulare.

Il mondo fuori è in movimento mentre lui è fermo, è un rinchiuso costretto a stare isolato, fino a quando non si sa, magari sperando che i carabinieri chiamati dietro suggerimento di Marta, possano rintracciarlo, visto che lì dentro il telefono non ha connessione e funziona solo per ricevere telefonate, ossia il motivo per cui fino a qualche anno fa, usavamo il cellulare.

La prigionia forzata in un luogo angusto, l'ultima cosa che si possa augurare ai claustrofobici e l'assenza di connessione internet e la solitudine, sono forieri di pensieri nuovi e inaspettati, quello più luminoso, un vero e proprio faro nel buio, è l'amore per Marta, che Bretagna potrà vivere quando e se uscirà da quella Toilet.

Il biografo, scrittore e filosofo greco Plutarco avrebbe dedicato a Gabriele Pignotta il suo libro "Sulla loquacità" oppure Euripide il noto tragediografo greco avrebbe detto, dopo aver visto lo spettacolo, che "la sventura è la conseguenza di lingue senza freni..." perché il soliloquio del bravissimo Gabriele è davvero senza freni e alla perfetta dizione, si alternano momenti sconfortanti e qualche sacrosanto sproloquio.

Gabriele per tutto il tempo del lungo atto unico, si arrampica sia fisicamente che mentalmente alle ricerca delle poche certezze che ha, cercando una soluzione persino sui muri di quel fatiscente bagno dove si trova.

Pur essendo solo nell'elegante e amato palcoscenico del Teatro Manzoni, questo non è un one man show ma una dramedy, ossia uno spettacolo che mescola elementi seri e comici perché si ride molto e si riflette.

Di solito le persone partono a fare ritiri spirituali in Oriente o tra i monti e in mezzo alla natura, Flavio Bretagna il suo ritiro spirituale lo compie dentro una Toilet.

Volendo fare paragoni tra il film e lo spettacolo teatrale a cui il film s'ispira, posso dire che la differenza sostanziale è il viaggio in automobile che è possibile vedere nel film e immaginare a teatro, poi alcuni dialoghi con la ex e sui preparativi del compleanno della figlia che nello spettacolo non ci sono.

Mancano anche le voci della Incontrada e di Pannofino nello spettacolo, ma questo non toglie nulla alla sua bellezza.

Per il resto, tranne il contatto telefonico con il programma televisivo La Vita in diretta, lo spettacolo teatrale è simile al film con la netta differenza che Gabriele recita ininterrottamente e magnificamente sul palcoscenico, coinvolgendo il pubblico e facendo crollare la quarta parete anche per le risate suscitate.

Cosa aggiungere ancora a quanto detto?

Andate a vedere lo spettacolo in scena fino al 14 maggio al Teatro Manzoni di Roma!



Toilet



 Gabriele Pignotta coinvolge con il film in programmazione su Sky ispirato al "dramedy" che ha scritto e diretto: "Toilet" e che sarà al Teatro Manzoni di Roma dal 3 maggio prossimo.

E' un film itinerante, non proprio un road movie, è il viaggio intenso e appassionante di Flavio Bretagna, un brillante uomo d'affari che sta per firmare un contratto che risolleverà le sorti della sua azienda che naviga in cattive acque.

Flavio è un uomo affabile che ha fatto della cortesia il suo tratto distintivo.

E' separato e la sua ex moglie gli ricorda il giorno dell'imminente compleanno dell'amata figlia che coincide con l'appuntamento di lavoro più importante della sua vita.

Risucchiato nel vortice delle telefonate, il diligente e laborioso Bretagna, sbaglia strada e si ritrova in un'area di servizio abbandonata.

Si ferma per andare in bagno nonostante il flusso ininterrotto delle telefonate di lavoro e private che gestisce egregiamente.

Alcune le rimanda per riprenderle quando si rimetterà al volante ma un imprevisto non gli consente di uscire da quella toilet fatiscente perché resta imprigionato al suo interno.

La porta è bloccata, non ci sono finestre o uscite d'emergenza e quel che è peggio, nessuno risponde ai suoi s.o.s.

Finché ne ha la forza e il cellulare carico, risponde alle telefonate, avverte i collaboratori più stretti del suo impedimento e si lascia consolare da Marta, la sua segretaria che ha la voce di Vanessa Incontrada con cui Pignotta ha lavorato sia a teatro che al cinema.

Poi c'è Roberto, il suo collega e la voce è quella di Lillo.

L'altra voce che si sente al telefono è quella di Francesco Pannofino nella parte del carabiniere che nonostante l'assenza di segnale, farà del tutto per rintracciare il signor Flavio e liberarlo da quella prigione provvisoria.

L'isolamento in quel luogo sinistro tuttavia, costringe Flavio a fermare i suoi pensieri e a riflettere sulle priorità della sua esistenza, in primis sua figlia.

La pellicola è dedicata ad Alice, l'amatissima figlia di Gabriele.

Film consigliatissimo perché Gabriele Pignotta è davvero eccezionale, e ho detto tutto!




L’anteprima de Il mistero dell’assassino misterioso


Trama 

Un castello nella campagna londinese, un misterioso maggiordomo, l’omicidio di un’anziana contessa, un investigatore e gli stravaganti sospettati: ecco gli ingredienti per un perfetto giallo, dai toni brillanti, di chiara matrice anglosassone. Salone principale del castello i sospetti assassini della Contessa Worthington, ma un inatteso accadimento cambierà le dinamiche dell’indagine, minando esponenzialmente la trama del giallo e scatenando gli egoismi e le meschinità degli altri attori disposti a tutto pur di farsi notare da un produttore televisivo presente in platea. L’onnipresente umorismo di situazione e non ultima la cornice del giallo, rendono la commedia elettrizzante ed esilarante fuor di ogni dubbio. Nata da un’idea di Greg e scritta a quattro mani con Lillo, “Il Mistero dell’assassino misterioso” è la prima commedia in cui si fa centrale la narrazione metateatrale – tanto cara alla coppia- che svela, cardinandolo con un pizzico di perfidia, il delicato equilibrio su cui vivono alcune compagnie di teatro, ma su cui si fondano anche la maggior parte dei rapporti umani: gelosie, meschinità, invidie, rancori e falsità.

La recensione 

Vidi questo spettacolo all’Ambra Jovinelli la prima volta.
“Il mistero dell’assassino misterioso” è una  commedia inglese per l’ambientazione, i nomi dei personaggi e le atmosfere esterofile e già questo mi colpì molto anche se ciò che mi piacque davvero furono le scene di teatro nel teatro, un espediente  con il quale la finzione scenica rimanda direttamente al mondo del teatro, affronta questioni relative alla qualità dell’arte drammatica, oppure, più semplicemente, offre l’azione di personaggi consapevoli della finzione che essi stessi stanno agendo, come frequentemente avviene nella drammaturgia contemporanea per rompere la quarta parete tra gli attori e il pubblico.
Questa sera come nella speciale serata all’Ambra Jovinelli, mi sono entusiasmata durante le prove di una commedia noir dove un investigatore è alla ricerca del misterioso assassino. Il dietro le quinte, i dissidi tra gli attori e il regista, coinvolgono il pubblico rendendolo partecipe di ciò che avviene a sipario chiuso e la ricostruzione dell’assassinio insieme a Lillo&Greg due veri e propri maestri della risata, è entusiasmante! 

Nello svelamento dell’artificio illusorio dell’evento teatrale giocano un ruolo rilevante anche Marco Fiorini, Giulia Ottonello e Vania della Bidia i quali inscenano una breve rappresentazione all’interno del dramma per catturare l’attenzione del pubblico.
Lo spettacolo in anteprima questa sera, sarà in scena al teatro Olimpico dal 19 aprile al 14 maggio 2023.

Non potete perderlo!!!


Epidicus con Marco Simeoli al Teatro Arcobaleno



 Trama

Epidico, il servo che dà il nome alla commedia, deve intervenire due volte per assicurare al proprio padroncino le ragazze di cui è innamorato. La prima volta Stratippocle si innamora di una suonatrice di cetra, ambita anche da un soldato. Epidico fa quindi credere a Perifane, padre di Stratippocle, che la ragazza sia in realtà sua figlia, avuta in giovane età. Il senex, quindi, la affranca.

Stratippocle parte poi per la guerra, e si innamora di una seconda ragazza, Telestide. Per affrancarla contrae un debito con un usuraio, e torna quindi ad Atene. Epidico elabora quindi un secondo piano per trovare il denaro con cui ripagare l'usuraio: dice a Perifane che il figlio si è innamorato di una cortigiana, gli suggerisce di comprarla per battere sul tempo il figlio e di rivenderla a un soldato interessato alla ragazza. Epidico noleggia quindi una nuova suonatrice per recitare la parte della cortigiana.

Gli imbrogli sono però scoperti. Giunge ad Atene il soldato che non riconosce nella suonatrice noleggiata la donna che gli interessa. Arriva poi anche Filippa, antica amante di Perifane, che non riconosce nella prima suonatrice di cetra acquistata da Perifane la figlia avuta dalla loro antica relazione. La figlia è però riconosciuta proprio nella seconda amante di Stratippocle, Telestide.


La recensione

La commedia "Epidico" in scena al Teatro Arcobaleno dal 14 al 23 aprile 2023 ed apprezzata questo pomeriggio, ci riporta alla vicenda tipo plautina: un servus callidus è colui che serve per aiutare gli amori del padroncino Stratippocle, facendo uso della sua astuzia  e tramando inganni ai danni del vecchio padrone.

Siamo nell'Atene del II sec. d. C. e l'abile e straordinario Marco Simeoli, Epidico appunto, illustra la storia al pubblico in sala  con la speranza di essere stato sufficientemente chiaro e in un baleno ci si ritrova tra adolescenti innamorati senza speranza, figli legittimi e illegittimi, amanti, usurai, vecchi, padri, eroi vanaglorosi e tombole napoletane, già napoletane.

Il linguaggio plautino è adattato a quello attuale e l'uso del dialetto napoletano è assai efficace per divertire lo spettatore stordito per la velocità delle scene e dei colpi di scena che si susseguono senza sosta in questo splendido atto unico tradotto da Filippo Amoroso e diretto da Cinzia Maccagnano con le bellissime musiche di Germano Mazzocchetti, le maschere di Luna Marongiu e i costumi di Monica Mancini.

Oltre al citato Maestro Marco Simeoli, che incanta al pari di un guitto della commedia dell’arte, c'è al suo fianco un nutrito gruppo di attori da applaudire a partire da Cesare Biondolillo, Luna Marongiu, Salvatore Riggi, Mariano Viggiano, Ginevra Di Marco e per finire Gaia Bevilacqua tutti abilissimi nei travestimenti, nelle danze che si alternano alla recitazione dando prova di una tecnica e di talento sorprendente anche per l'uso delle maschere in scena.

Non mi resta che invitare gli amanti del repertorio classico a seguire questo spettacolo in scena al teatro Arcobaleno fino al 23 aprile




Albert Nobbs


 Glenn Close sconvolge e seduce in qualsiasi ruolo, anche in quello di Albert Nobbs nel film diretto da Rodrigo Garcia.

Nel film da cui si esce a pezzi da rimettere a posto come in un puzzle dove ogni pezzo fatica a incastrarsi, ci s’immedesima nei panni della protagonista, una donna sola e senza famiglia che nel XIX secolo vive per vent’anni fingendosi un uomo e lavorando come cameriere al Morrison Hotel di Dublino.

Negli occhi di Albert c’è il sogno di un’altra vita che desidera costruire coi soldi che mette sapientemente da parte ma il suo portamento è rigido, il suo fare è preciso e privo di slanci, nel suo tempo libero non esiste nient’altro che il negozio nel quale desidera passare il resto della sua vita.

L’arrivo di Page nell’Hotel, sconvolge la vita di Albert per sempre.

Page (Janet McTeer) si confonde con gli altri lavoratori dell’Hotel ma lui ha qualcosa di diverso che presto Albert scoprirà.

E c’è Helen (Mia Wasikowska) una graziosa cameriera che s’innamora di un ragazzo insensibile e che trova la compagnia di Albert piacevole, e che in qualche maniera riuscirà a realizzare il sogno incompiuto di Albert.

Una storia estremamente drammatica come questa è di quelle che si sogna di vedere in teatro con l’interpretazione di Glenn Close d’immensa bravura.

Per fortuna il film è su Prime Video.

Consigliatissimo!



I due Papi la prima al Sala Umberto


"I due Papi" (The Two Popes) è un film del 2019 diretto da Fernando Meirelles e sceneggiato da Anthony McCarten, basato sull'opera teatrale dello stesso McCarten del 2017 The Pope.


Interpretato da Jonathan Pryce e Anthony Hopkins rispettivamente nei ruoli di papa Francesco e papa Benedetto XVI, il film racconta del rapporto tra i due ecclesiastici appena prima delle dimissioni di quest'ultimo dalla carica di pontefice e della conseguente elezione di Francesco a Papa nel 2013.



La recensione

Ieri sera al Sala Umberto di Roma c'è stato il debutto di un'opera teatrale attesissima come "I due Papi" tratto dal meraviglioso film Netflix del 2019 diretto da Meirelles e sceneggiato da McCarten, autore dell'opera teatrale The Pope, sullo speciale incontro e sull'amicizia tra papa Benedetto XVI e Bergoglio che diventerà Papa Francesco.


Nello spettacolo come nel film sono sottolineati due aspetti molto importanti come il valore della confessione e quello del perdono tra i due illustri uomini di chiesa, provati l'uno da un incarico importante a cui vuole sottrarsi, l'altro dal peso che da lì a poco dovrà sostenere.


Sono a confronto due uomini maturi e consapevoli, due fedeli, due anime che confidano l'un l'altra alcuni errori commessi.



Distanti ideologicamente prima del loro incontro, dopo le reciproche confessioni, sentono di essere affini.

Il cambiamento è il leit-motiv dello spettacolo, che come un'inaspettata forza, una luce che viene da lontano, forse da quel Dio a cui sia Ratzinger che Bergoglio sono cosi devoti, li pervade, facendoli incontrare nel senso più alto e profondo del termine.

Due Maestri come Giorgio Colangeli e Mariano Rigillo, nel loro dialogo intimo e commovente, sanno esprimere come Anthony Hopkins e Jonathan Pryce quel messaggio di umanità che li rende cosi forti e fragili e li avvicina fortemente a tutti i fedeli disseminati nel mondo e a loro stessi.


Suggestive le scene di Alessandro Chiti nei giardini di Castel Gandolfo e all'interno della Cappella Sistina dove Bergoglio sogna di passare tutti i giorni se fosse papa, anche se è giunto a Roma dopo la chiamata di papa Benedetto XVI con l'intenzione di chiedere le sue dimissioni.



"I due Papi" diretto da Giancarlo Nicoletti con la traduzione di Edoardo Erba, una co-produzione Goldenart production, Viola produzioni, Altra scena, I due della città del sole su licenza di Muse of fire production ltd in collaborazione con Festival teatrale di Borgio Verezzi con il sostegno del ministero della cultura e regione Campania, vanta nel cast la presenza di Anna Teresa Rossini e Ira Fronten, mentre Alessandro Giova interpreta il ruolo di Roberto che era di Libero De Rienzo nel film.

Lo spettacolo sarà in scena dall'11 al 30 aprile 2023 al Sala Umberto di Roma.

L' incredibile storia dell'Isola delle Rose


Ci sono uomini che vogliono cambiare il mondo e chi vuole costruirne uno nuovo, autonomo, il suo nome è Giorgio Rosa, un giovane ingegnere illuminato che decide di costruire un'isola al largo di Rimini fuori dalle acque territori, proclamandola stato indipendente.
Erano gli anni '60 e una storia simile meritava di essere raccontata.
I film servono anche a questo, a mostrare, a far conoscere storie di grandi uomini come Giorgio, che hanno realizzato un sogno, anche se per poco tempo.
La Rosa si dedicò alla costruzione dell'Isola dal '58 al '67 ed è una una micronazione e situata in una piattaforma artificiale nel mare Adriatico a 11612 m al largo della costa tra Rimini e Bellaria-Igea Marina a 500 m al di fuori delle acque territoriali italiane.

Il 1 maggio 1968 si proclamò Stato indipendente, dotato di una lingua ufficiale (l'esperanto), un governo, una moneta e un'emissione postale, nonostante ciò non fu mai riconosciuta da alcun Paese del mondo come nazione indipendente.
La vita di quest'isola terminò il 26 giugno 1968 con l'occupazione da parte delle forze di polizia italiane e il blocco navale con la definitiva demolizione nel febbraio successivo.
Il film diretto da Sydney Sibilia ha un cast pazzesco dall'impeccabile Elio Germani nei panni dell'ingegnere bolognese e ideatore dell'isola autonoma, al gruppo di sognatori da Francois Cluzet esaltato per la sua idea a Violetta Zironi barista nell'isola e Leonardo Lidi nei panni di Maurizio, il primo e assoluto sostenitore di Giorgio, a Matilde de Angelis, la Gabriella che poi sposerà.

Il film del 2020 e in prima visione su Rai2 questa sera, fa riflettere, sognare e credere che ogni sogno sia effettivamente possibile e realizzabile, anche solo per 55 giorni.

 

Diabolik - Ginko all'attacco!


 Il fumetto n. 16 delle sorelle Giussani "Ginko all'attacco", si materializza nel nuovo film dei Manetti Bros.

Il secondo capitolo della rocambolesca fuga e dell'inseguimento di Diabolik, non più interpretato da Luca Marinelli ma da Giacomo Gianniotti, è davvero entusiasmante.

Eva Kant (Miriam Leone) gli è fedele, sin dal primo furto, si tratta della prestigiosa collezione di gioielli Armen, per cui Ginko architetta un piano infallibile per acciuffare una volta per tutte il diabolico e abilissimo ladro.

Le ballerine poliziotto ingaggiate dall'ispettore Ginko, ballano con indosso i gioielli della collezione che Diabolik vuole trafugare.

Il piano conduce l'ispettore nel famoso laboratorio dove Diabolik crea i suoi travestimenti.

Ma non basta.

Ginko (Valerio Mastandrea) vuole arrestare Diabolik, liberando Clerville dall'ingiustizia e dal terrore.

Eva e Diabolik inscenano un litigio per far cadere Ginko nel loro tranello.

L'ispettore si fida di Eva dietro i consigli del Ministro (Urbano Barberini) che vuole si metta definitivamente fine al capitolo Diabolik, desiderando fortemente il suo arresto.

La fiducia e la buona fede di Ginko, è tradita ancora una volta dal duo diabolico ed empatico.

Tra i nuovi interpreti troviamo Monica Bellucci nei panni di Altea di Vallenberg, amante di Ginko ed estremamente affascinante e desolata.

In questo secondo capitolo dei Manetti Bros, colpisce la velocità delle scene, delle apparizioni e sparizioni di Diabolik che, esattamente come nel fumetto, svanisce nel nulla.

Bello il pezzo di Diodato, "Se mi vuoi", che apre il film.

"Diabolik - Ginko all'attacco!" è dal 10 aprile in prima visione su Sky.

Film consigliatissimo!

My policeman



 Tom, un poliziotto nella Gran Bretagna degli anni '50, si innamora di Marion, un’ insegnante di Brighton. Tuttavia, consuma parallelamente  un'appassionata relazione omosessuale con Patrick il curatore di un museo, nonostante l'omosessualità sia illegale.

Attraverso numerosi flashback è narrata una storia meravigliosa d’amore e privazioni, in un Paese intollerante verso l’omosessualità  per cui Patrick è condannato a scontare in carcere i suoi peccati, subendo ingiuste violenze in quel luogo squallido e senza alcuna pietà.

Harry Styles si cala magnificamente nei panni del poliziotto ligio al dovere e devoto all’adorata moglie che ama alla luce del sole riservando segretamente a Patrick le sue attenzioni nei ritagli di tempo.

La Marion matura, la splendida Gina Mckee (apprezzata in Notting Hill al fianco di Hugh Grant)  e la Marion novella sposa, l’altrettanto brava Emma Corrin, dedica la sua esistenza al marito che sente distante e altrove.

Il giovane Tom è interpretato da Styles e il Tom maturo da Linus Roache.

Il maturo e malato Patrick è Rupert Everett estremamente toccante e magnifico, mentre il giovane Patrick è David Dawson.

Di questo film ho amato tutto dal cast alla storia e trovo che il regista Michael Grandage sia stato impeccabile nel mostrare le infinite sfaccettature dell’amore possibile e impossibile, di quello consentito e di quello bandito dalla società.

Sarebbe un peccato non vedere “My policeman”, un film consigliatissimo e che troverete su Prime Video!

Grosso guaio all’Esquilino. La leggenda del Kung Fu


Può bastare un ristorante cinese a Roma e un attore romano come Martino Carbonaro (Lillo), per svelare i segreti delle arti marziali? Sì può se e solo se c’è chi il Kung fu lo conosce davvero, ossia Nan-do il bravissimo Giorgio Colangeli.

La storia del film è quella di Davide (Riccardo Antonaci), un ragazzo intelligente e insicuro che passa le sue giornate nel quartiere Esquilino, evitando di farsi pestare di botte dal bullo della scuola e sognando di conquistare il cuore di Yasmin. Grazie all'arrivo di Martino, che gli insegnerà l'arte del Kung fu, ritroverà la fiducia in se stesso.

Questa è la sinossi del film estremamente divertente trattandosi della parodia di un Kung fu movie con la citazione nel titolo del cult “Grosso guaio a Chinatown” ma nella versione romana c’è Lillo al posto di Kurt Russell che tira a campare vivendo di rendita dopo la notorietà legata all’unico film che ha interpretato: “Cintura nera - Scontro totale”.

A momenti di puro divertimento, si alternano scene commoventi e cariche di riflessioni esistenziali.

Il tema della multiculturalità è trattato con consapevolezza ed estrema sapienza e il teatro gestito dalla mamma di Davide, Carolina Crescentini, è il luogo ideale per far incontrare culture differenti che amano integrarsi e condividere.

Il film diretto da Younuts (Niccolò Celaia e Antonio Usbergo) è in prima visione su Prime video e sono certa che vi piacerà così come è piaciuto a me.

Dopo il matrimonio

Mads Mikkelsen è Jacob, un uomo impegnatissimo e amatissimo nell’ orfanotrofio in India, dove aiuta tanti bambini senza famiglia, li nutre e dà loro affetto e sostegno.

Un giorno torna in Danimarca, il suo Paese d’origine, per cercare i fondi necessari per l’orfanotrofio e promette al piccolo indiano che considera un figlio, che tornerà tra una settimana, nel giorno del suo compleanno.

Susanne Bier la regista e sceneggiatrice del film, delinea un uomo generoso e determinato, un tempo dedito all’alcol e alle donne e che per questo ha perso quella che amava e che lo amava e che ritrova casualmente al matrimonio di sua figlia a cui è stato invitato da Jorgen, il ricco investitore a cui ha chiesto i fondi per l’orfanotrofio.

Jacob viene a sapere che Jorgen (Rolf Rassgard) uomo ricchissimo e generoso, è l’attuale marito della sua ex compagna Helene (Sidse Babett Knudsen) e che il matrimonio che si sta celebrando è quello di Anna, la figlia che non sapeva di avere.

Non è l’unico segreto che scopre, ce n’è un altro, assai doloroso che cambierà il corso della sua vita.

Mads Mikkelsen, interpreta un personaggio estremamente complesso e affascinante, che coinvolge e commuove come l’altro grandissimo attore Rolf Rassgard struggente nell’incapacità di rassegnarsi al suo tragico destino. Molto appassionata e credibile anche la Knudsen dagli occhi bellissimi e spesso specchi riflessi delle emozioni che lei stessa trattiene o che mostra nitidamente.


Questo film in abbonamento su Prime ha il pregio di mostrare come il destino sia avverso eppure benevolo come l’alternarsi del male e del bene nella vita e le avversità e la fortuna si susseguono in modo vorticoso e apparentemente insensato.

Film consigliatissimo! 




I cacciatori del cielo





Attendevo di vedere “I cacciatori del cielo” e l’ho seguito su Raiplay con trasporto e voglia di conoscere la storia di Francesco Baracca e dei suoi compagni di volo, la sua famiglia, la donna che ha amato e il fidato meccanico immaginario o reale con cui ha condiviso gioie e dolori.

È un docufilm scritto da Pietro Calderoni e Valter Lupo e diretto da Mario Vitale con la consulenza storica di Paolo Varriale, con immagini di repertorio molto toccanti sulla Prima Guerra Mondiale e in bianco e nero rispetto alla fiction a colori con animazione originale, che giunge per festeggiare i cento anni dell’Aeronautica militare nel ricordo dei pionieri del volo, dei veri eroi.

La narrazione si dipana dal 1915 al 1918, gli ultimi e gloriosi tre anni dell’esistenza dell’aviatore romagnolo Francesco Baracca interpretato da un magnetico Giuseppe Fiorello.

È un racconto corale anche se la vicenda militare di Baracca è centrale nel film.

Accanto all’eccezionale Baracca/Fiorello ci sono altre figure emblematiche come il Comandante Pier Luigi Piccio e Bartolomeo Piovesan che si ritrovano insieme nel campo di aviazione di Santa Caterina, vicino a Udine.

Lo stemma del Cavallino rampante dell’aereo di Baracca è storia. Morì nel corso di una missione sul Montello a soli 30 anni il 19 giugno 1918, durante la Battaglia del Piave.


Ho trovato Andrea Bosca nei panni di Piovesan davvero straordinario e anche Claudia Vismara la cantante Norina Cristofoli e unica donna di Baracca.
Per chi non lo avesse visto ne consiglio la visione su Raiplay! 



PennadorodiTania CroceDesign byIole