Visualizzazione post con etichetta Recensioni storiche. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Recensioni storiche. Mostra tutti i post

Il teatro di Paolantoni e Paone


“Oggi è la giornata mondiale del teatro chiuso” ho letto sulla pagina Instagram di Francesco Paolantoni, è purtroppo cosi però oggi si festeggia il teatro per cui vorrei pubblicare la storica recensione di Miseria e Nobiltà, vista al Brancaccio e rappresentata da Paolantoni, Paone e un cast di attori bravissimi. Non per niente la regia era di Armando Pugliese.

La recensione di Tania Croce

Ha debuttato al Brancaccio “Miseria e Nobiltà”, uno dei capolavori di Eduardo Scarpetta, il padre di un personaggio ironico e divertente come Don Felice Sciosciammocca che nell’adattamento del regista Armando Pugliese, viene affidato a Francesco Paolantoni. Nella riduzione in forma attuale di un testo della tradizione napoletana come quello di Scarpetta, il regista, pur restando fedele all’originale nella renovatio ha dovuto riformulare la materia artistica per creare forme autonome e attuali. La riduzione a due tempi della commedia in tre atti, è una delle modifiche apportate al testo originale. Il linguaggio scenico è squallido, povero ed evoca la condizione di povertà in cui sono costretti a vivere Pasquale (Nando Paone), sua moglie Concetta (Patrizia Spinosi), Peppiniello (Riccardo Radice), Felice (Francesco Paolantoni), la convivente Luisella (Antonella Cioli) e Pupella (Paola Boccanfuso), la figlia di Pasquale. Questa è la Miseria, poi c’è la Nobiltà rappresentata da Gaetano Semmolone (Giuseppe De Rosa) il quale accoglie in casa sua la presunta famiglia di nobili Felice, Pasquale, Concetta e Pupella che si travestono da marchesi dietro il suggerimento di Eugenio (Lello Radice) il figlio del marchese Ottavio Favetti che si fa chiamare Bebè, per conquistare la figlia di Gaetano, la ballerina Gemma (Mercedes Martini). Lo stratagemma adottato da Eugenio è quello di presentare la finta famiglia di Eugenio al padre dell’amata Gemma. Ma c’è un fatto, anche Bebè suo padre, è segretamente innamorato della ballerina che segue tutte le sere al San Carlo di Napoli. I poveri vestiti da ricchi possono finalmente mangiare. Iniziano a farlo già alla fine del primo tempo quando per volere di Luigino (Francesco Procopio) il figlio di Gaetano che è follemente innamorato della chiatta Pupella, avanza uno sguattero con dei facchini che portano una grande stufa. «Senza parlare, si avvicinano alla tavola e posano a terra, ai piedi di Felice, la stufa. Il facchino va via poi torna con due fiaschi di vino. Lo sguattero scopre la stufa, tira fuori una grossa zuppiera di maccheroni, poi dei polli, del pesce, due grossi pezzi di pane, tovaglioli e posate». Questa scena ricorda quella dell’omonimo film in cui la parte di Felice venne interpretata da un famelico e straordinario Totò. Gli attori e le attrici della Komiko Production, è formata da attori notissimi e bravi che hanno fatto rivivere la commedia napoletana ottocentesca con i suoi eterni quanto infallibili meccanismi. Bellissimi i costumi di Raimonda Gaetani, le scene di Bruno Garofalo e le musiche di Paolo Coletta. Indiscusso il talento di Francesco Paolantoni, l’attore comico che ha messo nella sua interpretazione di Felice Sciocciammocca oltre all’innata ironia, la battuta del suo Ciairo “parlaim e ‘nce capaim” che oltre ad essere un leit motive del suo personaggio, descrive il dramma dell’incomunicabilità. Roma, Brancaccio, 13/11/07


Dall’inferno il coraggio della denuncia. Il dramma di Carlo Petrini

Debutto nazionale per Giuseppe Manfridi autore, interprete e regista dell’atto sesto di Diecipartite , “Il gesto di Pedro” in scena dal 26 gennaio al 5 febbraio 2017 al Teatro dell’Angelo, progetto nato da un’idea di Daniele Lo Monaco, che ne cura anche l’organizzazione. “Dopo quattro anni torna Diecipartite con il suo nuovo Atto VI – afferma Giuseppe Manfridi –  dedicato all’odissea umana, spirituale e sportiva del calciatore Carlo Petrini, detto Pedro, scomparso nel 2012. Petrini è stato autore di vari libri tra cui “Nel fango del Dio pallone” (pubblicato nel 2000 dalle edizioni Kaos), una violenta rapsodia autobiografica capace di suscitare un vero e proprio terremoto nel mondo del calcio.
In una partita giocata il 14 dicembre del ’75, Petrini, che vestiva allora la maglia giallorossa, si rese protagonista di un gesto tanto semplice quanto sconcertante al punto da essere rimasto inciso nella memoria di tutti coloro che erano presenti quel giorno allo stadio. Dopo essersi divorato nei primi minuti di gioco una serie di gol già fatti, Pedro, mortificato, conquistò il centro del campo, e alzando la mano destra come in segno di resa chiese scusa a tutto lo stadio. Pochi minuti dopo segnò il gol della vittoria.
di Tania Croce

Loredana De Paola vince L' Oscar del comico a Forano

Col suo tormentone “è peccato”, il lamentoso stillicìdio pronunciato dalle vecchiette in chiesa, Loredana De Paola, già amata dal pubblico e dalla giuria dell’Oscar del Comico per Cappuccetto Rosso, ha vinto la 4°Edizione del fortunato festival a Forano.
Marina Vitolo, la presentatrice e madrina dello straordinario evento ideato da Germano Basile, vinse nel’98 l’ambito premio come miglior attrice comica. Marina ha avuto in queste serate il prezioso sostegno del comico Mauro Bellisario (vincitore della scorsa edizione), di Leonardo Donati (suo marito) e delle ‘apette’, sue collaboratrici ed amiche nonché attrici nella sua scuola di recitazione della Foranoinmusica, l’Associazione che ha organizzato in collaborazione con il comune di Forano questo singolare Oscar in cui sono stati premiati quest’anno anche Enzo Ribera per la migliore interpretazione ed ex equo Marco Cavallaro ed il duo composto da Bruno e Laura Benedetti, per il miglior testo.
I 13 artisti provenienti da tutt’Italia che si sono esibiti in queste tre serate (2,3,4, settembre), hanno ricevuto oltre agli applausi ed ai consensi del pubblico, un vero e proprio voto dalla giuria popolare che si è sommato a quello della giuria competente formata da autori televisivi, giornalisti, attori ed organizzatori d’eventi. E’ bello poter dire c’ero anch’io ad un festival emozionante come questo dove ha vinto il buonumore e dulcis in fundo non poteva mancare una cena offerta dagli organizzatori a base di pennette all’arrabbiata e vino. Perché mangiare e ridere, sono elisir di lunga vita.

settembre 2010

di Tania Croce

Intervista al Padreterno

Chi siamo, da dove veniamo, chi ci ha creato? Sono quesiti che ci poniamo da secoli e per i Cristiani la risposta è Dio. Indovinate quale altro scherzetto ci ha combinato l’Onnipotente? E’ sceso sulla Terra in carne ed ossa per farsi conoscere dagli uomini che gli rivolgono preghiere da un’eternità. E’ un Signore distinto Guido del Cornò, parla in napoletano ed è pronto ad ascoltare le lamentele ed i guai di Cesare (Alessandro Tozzi) e Giuditta (Michela Trombini), i primi due uomini incontrati dal Dio “ganzo”, che saranno il frutto di una sua distrazione al momento della creazione o sono dei veri e propri errori di progettazione?
Questo illuminante creatore di mari e monti, di anime e ‘cicli’, potrà essere cristiano o buddista, ma non sopporta la corruzione dei politici e si rende conto dopo il confronto con gli uomini, che effettivamente ci sono parecchie cose che non vanno in questo mondo. Presentato dalla Compagnia amatoriale delle Giuggiole, l'atto unico scritto da Guido del Cornò affronta tematiche sociali e dubbi esistenziali che si alternano con ironia e leggerezza tra fanfare dei Kiss e canzoni napoletane in questo inno di pace e fratellanza “e no e guerre, e guerre no”.

aprile 2011

di Tania Croce

Foto dello spettacolo in scena alla libreria di Montopoli e al New Egon di Roma


Quando c'erano Zuzzurro e Gaspare

Ho ritrovato la recensione de La cena dei cretini vista al Sala Umberto di Roma nella stagione teatrale 2012/2013 e la voglio ricordare qui su Pennadoro e dire che quello spettacolo fu bellissimo come tanti altri visti e apprezzati con questo duo comico eccezionale!

Stupido è chi lo stupido fa?
E allora perché non invitarlo alla cena dei cretini?
L’ottima trovata, forse un po’ maligna ma senza pensarci, proviene dall’editore francese interpretato da Nino Formicola, (noto al grande pubblico col nome d’arte di Gaspare), che nella pièce interpreta la parte di un editore impegnato nel mercato dei libri che ha perso di vista il valore dei sentimenti e probabilmente dell’onestà. Un fastidioso colpo della strega non impedirà al ricco editore Pierre d’incontrare la vittima - cretino di turno, nella cena organizzata dal gruppo di amici ricchi ogni mercoledì. François (Andrea Brambilla/Zuzzurro), citofona al campanello della ricca casa di Pierre dove succederà il finimondo, sua moglie Christine (Alessandra Schiavoni) è uscita per impiegare il tempo in cui il marito la trascura, trastullandosi a sua insaputa, con l’amante Marlene e le cene dei cretini.
L’abilissimo Andrea Brambilla, ingarbuglia inconsapevolmente la vita del suo nuovo amico e lo farà con la sua formidabile dialettica e quell’espressione ingenua e tonta eppure così efficace.
Tornano in scena due fantastici artisti, coinvolgenti e autentici, di quelli bravi veramente: Zuzzurro&Gaspare.

di Tania Croce

Un sogno di famiglia di e con Enrico Montesano al Sistina (2010)

La vita vera e la normalità sono le cose più attraenti e irrealizzabili come i sogni, questo è il messaggio di Enrico Montesano nell’ultima commedia inedita che ha debuttato questa sera al Sistina.

Solitamente si assiste a scene di teatro nel teatro, ma questa è la prima volta che avviene un reality in teatro, “Un sogno di famiglia”, a cui partecipa la famiglia Torelli, composta da persone ‘normali’ con un padre onesto e senza pretese come Nino, che lavora in un’edicola, non ha grilli per la testa e vizi ma un unico grande sogno: comprare una villa per dare alle due figlie Sara (Francesca Ceci) e Lella (Martina Taschetta) ed a Miuccia (Sandra Collodel) qualche agio e un po’ di felicità.
L’unico modo per realizzare il suo desiderio, è quello di partecipare al reality, trasformando la sua casa in uno studio televisivo con telecamere nascoste che riprendono “24 h” su 24 come dice Nino/Montesano, dialoghi e scene di vita quotidiana che fanno salire i picchi di ascolto, proprio come avviene in tv.
Dopo aver comunicato la sua idea all’intera famiglia, i Torelli vengono invitati in uno studio televisivo dove superano la selezione.
E’ tutto pronto per trasformarsi in attori, recitare la parte di una famiglia normale, ma la farsa si sa, è sempre diversa dalla realtà.
Lella, la più piccola si monta la testa e persuasa da un fotografo (Maurizio Aiello) che irrompe nella propria casa, si mette in posa per fare un calendario nel quale compaiono anche foto della mamma Miuccia e della sorella Sara, una ragazza madre che lavora in palestra e vive nella casa dei genitori con suo figlio Jejo (Gianluca Grecchi).
Con il televoto da casa, il pubblico deve decidere chi mandare alle Maldive tra le tre donne Torelli e la scelta cade su Miuccia che noncurante del giudizio del marito, parte con il fotografo per un viaggio di lavoro e non solo.
I valori familiari quali il rispetto e la morale, vengono messi a dura prova dalla strumentalizzazione operata dal media dominante e il percorso che Nino aveva proposto alla sua famiglia per realizzare un sogno, gli si ritorce contro e tutto ciò che ha costruito nella vita, rischia di disgregarsi.
Così decide di andarsene, abbandonando il tetto coniugale. Al suo ritorno ritrova la famiglia di un tempo, che era stata fagocitata dalla logica dei picchi di ascolto. E’ una commedia in cui Montesano tocca una serie di tematiche sociali con grande ironia e leggerezza come solo lui sa fare.
E’ tornato in teatro un grande interprete del teatro italiano con una commedia spassosa e intensa. Da non perdere.

Quantunque io, una recensione dedicata allo spettacolo di Enrico Montesano visto nel 2009 al Granteatro di Roma

I pensieri di Marco Aurelio, l’imperatore romano e filosofo stoico a cui Enrico Montesano s’ispira, costituiscono il leit motive dell’originalissimo one man show in cui ‘etica’ e ‘cotica’ oscillano sul piatto della bilancia, per ridere e riflettere. Protagonista della piecès teatrale è come sempre l’uomo coi suoi pregi e difetti, immerso in una società governata dagli eccessi verbali, comportamentali e televisivi, dove insomma tutto è lecito, tranne essere se stessi ed apparire nell’essenza. “Noi fessi siamo necessari” esulta con umiltà e divertimento il grande attore, che si racconta attraverso immagini e ricordi, ripercorrendo gli anni dell’infanzia alla Garbatella, trascorsi in parrocchia tra i canti delle pie donne e il timor di Dio, fino ad approdare alla splendida Via Margutta, dove sopravvivono gli artigiani del passato, il ‘core’ della città. “Ognuno vale quanto le cose a cui s’interessa”, scrisse l’imperatore Marco Aurelio e questo lo dimostra l’esperienza artistica di Montesano, che ricorda i grandi maestri del teatro, del cinema e della musica italiana da Gigi Magni, a Gabriella Ferri, da Trovajoli a Garinei e Giovannini con cui passeggiava per i vicoli di Roma e con i quali ha condiviso grandi ed indimenticabili emozioni. Come dimenticare “Rugantino” in cui all’attore laziale fu concesso di recitare con al collo un foulard celeste sulla camicia bianca…doveroso è il ricordo rivolto all’incantevole Aldo Fabrizi nei panni di Mastro Titta. L’amore per la Roma degli imperatori, delle piazze magnifiche e dei poeti, raggiunge toni solenni e malinconici nell’interpretazione di una poesia del grande Cesare Pascarella. Non soltanto Montesano ma i suoi personaggi Nicola Anemia, il mitico vecchietto pensionato e Catullo Er Bullo, trasformano il Gran Teatro in un luogo festoso, in cui solo fuori piove, mentre dentro il pensiero si trasforma in gioia e la musica della Jazz Band, neutralizza tutte le assordanti suonerie dei telefonini e le voci guida dei tom tom, per tornare all’antica sana risata. 
Roma, Gran Teatro, 29 marzo 2009
https://www.teatro.it/recensioni/quantunque-io-ovvero-etica-e-cotica/i-pensieri-di-marco-aurelio


Maratona di New York di Edoardo Erba

Avendo inaugurato la pagina di sport di Pennadoro, ne approfitto per condividere recensioni dedicate allo sport...

E’ buio pesto e un’atmosfera mistica pervade la piccola sala che accoglie come un cucciolo in una foresta senza alcun riparo, un uomo in tuta grigia e calzini di spugna. L’uomo piegato per terra non è un cucciolo, è Mario (Andrea Scoscina) un atleta in erba, che dopo mille perplessità si desta per iniziare la sua corsa al fianco di Steve (Ferruccio Cinti), se riesce a trovare la forza per allenarsi. Correre come se fosse il modo vincente per raggiungere degli obiettivi, correre per liberarsi dalle paure, per conquistare l’autostima, il mondo, anzi... New York, è quel che Steve spiega a Mario. E per raggiungere un traguardo come la maratona di New York, sarà necessario allenarsi con costanza e dedizione, sputando sangue per ottenere la preparazione adeguata. Mentre corre, Steve cita il primo maratoneta della storia: Filippide, per esortare il suo compagno malaticcio e debole che arranca dietro di lui con il volto teso e sfiduciato nelle sue possibilità. Filippide nel 490 a.C. (data della battaglia che oppose gli Ateniesi ai Persiani, nella piana di Maratona, a poco più di 40 km da Atene) nella storia raccontata da Erodoto, svolgeva la professione di emerodromo, ovvero l'emissario di generali e politici che trasmetteva i messaggi semplicemente... correndo da un punto all'altro della Grecia. Filippide non percorse solo il tratto da Maratona ad Atene per annunciare la vittoria degli Ateniesi sui Persiani, come forse tutti ricordano; infatti, pochi giorni prima aveva fatto, sempre di corsa, il tratto Atene-Sparta e ritorno (500 km) in poco meno di 48 ore, per cercare aiuto presso gli Spartani, prima che la battaglia iniziasse. La leggenda dice anche che Filippide, al termine dell'ultima corsa Maratona-Atene, morì per il grande sforzo fisico. Però aveva corso, era morto per una giusta causa e con questa storia Steve si esalta nei primi dieci minuti di corsa mentre il suo amico, avverte un senso di spossatezza enorme. La parola, il racconto autobiografico di Mario e il cinismo di Steve, portano i due atleti a 30 minuti di allenamento anche se le fitte alla milza di Steve sono lancinanti. Ad un tratto Mario cade e la corsa s’interrompe. Il momento di pausa è fatto per riflettere e per prendere una decisione: andare avanti oppure ritirarsi. Si torna a correre. Il coraggio di Mario vince la sua paura iniziale e spicca il volo, superando l’amico che ha perso terreno. La sfiducia svanisce e nasce un uomo nuovo ormai pronto ad affrontare qualsiasi ostacolo. "Maratona di New York non ti temo", sembra gridare Mario mentre continua a correre. Si spengono le luci ed il buio ora è colmo di speranza e di sogno. 

(Roma, Teatroinscatola, 14 febbraio 2009)

Diario di un pazzo con Flavio Bucci regia di Giancarlo Fares

 Ritrovo questo file sul pc e lo pubblico su Pennadoro. Fu uno spettacolo meraviglioso. Mi piace ricordarlo... lo adorai al Teatro dell'Orologio. Era il 21 novembre 2010...
Il biglietto sbiadito è incorniciato con la locandina che tengo in camera ormai da anni.

E’ un affresco delirante e tenero quello dipinto sul volto e nei gesti di Flavio Bucci che si veste di straziante follia per raccontare lo sciagurato destino di Popriscin, il protagonista del “Diario di un pazzo” di Gogol.
Sarà per colpa del suo impiego mediocre ossia quello di temperare matite in ufficio, oppure di una vita senza l’amore di Sophie, la figlia del suo datore di lavoro, se Popriscin oscilla tra lucidità e delirio, affidando ai fogli di un diario le sue aspirazioni, le paranoie ed i pensieri più reconditi fino ad annegare nella follia stessa, invocando la figura materna sul finale.
Senza alcuna speranza o chance di giungere al cuore dell’amata, oppure ad una posizione sociale dignitosa, Flavio/Popriscin si rivolge allo spettatore, lo guarda dritto negli occhi, fino a bucare anima e cuore col suo linguaggio autentico, senza filtri, che solo un pazzo potrebbe usare.
Ma è la sua dichiarazione d’amore al mondo, quella pronunciata mentre rivolge lo sguardo verso il cielo dove una luna paziente lo attende per custodire i suoi desideri, una luna troppo incantevole per accogliere gli uomini, ma solo i sogni contenuti nelle pagine di un diario, quello di un pazzo che si abbandona alla follia perché in un mondo in cui le cose sono concepite solo per i poveri di spirito, non c’è più posto per gli animi nobili ed i sognatori.
 Un applauso interminabile e commosso quello del pubblico della pomeridiana di domenica nella Sala Grande del Teatro dell’Orologio è stato rivolto a Flavio Bucci che è tornato per incantare i presenti con la sua performance struggente e magnifica.
  di Tania Croce


Quando Paride Acacia era Gesù nella versione italiana di Jesus Christ Superstar del 2010

Torna al Sistina un’opera rock in inglese, con orchestra sul palco e sottotitoli in italiano nei quali è possibile leggere i passi più emblematici delle sacre scritture. Narra la vicenda di un uomo che potrebbe essere definito un ‘supereroe’ dei nostri tempi, un re: Jesus Christ.
I discepoli rivoluzionari e fedeli, tranne uno, danzano e cantano intorno alla loro star chiamata Gesù. E così Paride Acacia vestito di purezza e fede, intona parole piene d’amore per l’intera umanità, anche per colui che in una messinscena d’amore ed odio, con un bacio lo tradirà nell’orto dei Getsemani. L’amore domina gli animi di coloro che sostengono Gesù ed è anche nel cuore della Maddalena (Simona Bencini) che ammira quest’uomo dopo aver pianto per i suoi peccati purificati dall’amore stesso. Un accattivante e benevolo Mario Venuti nei panni di Pilato, pur ascoltando coloro che intendono crocifiggerlo, posa sul capo del Messia una corona e dopo essere stato beffeggiato da un Erode burlone e sgargiante come Max Gazzè, facendo la volontà del Signore, morirà sulla croce. Splendido nelle vesti di Giuda, il cantante Matteo Becucci.
Anche se Tim Rice, uno degli autori del famoso testo di questo musical straordinario, immagina un altro finale, proiettando la storia di Gesù ai tempi nostri, credo che un uomo mosso dall’amore per gli uomini non avrebbe avuto vita facile nemmeno oggi in cui tutti, come i personaggi di questa storia, continuano a tradire, condannare ed incolpare il prossimo ma nessuno ha imparato ad amarlo come se stesso. E’ un’opera di forte impatto emotivo sia per l’interpretazione del magnifico cast che per la scenografia essenziale e struggente. Il capolavoro di Piparo, Webber e Rice è destinato a durare nel tempo.

di Tania Croce

(in foto Paride Acacia)

Il matrimonio... nella buona e nella cattiva sorte! di Mario Alessandro al Teatro 7 (dal 21 ottobre al 2 novembre 2014)

Il matrimonio è considerato il giorno più importante nella vita di una persona e di solito, quando si pronuncia questa parola, viene in mente la coppia degli sposi, però Mario Alessandro, ha visto la cosa da un'altra angolazione, ossia dalla parte degli invitati, i veri protagonisti della sua commedia in tre atti che ha debuttato stasera al Teatro 7. Nel primo tempo appaiono loro, gli amici della sposa, Emilio e Loris, imbarazzati quanto basta per creare scompiglio nella fila occupata all'interno della Chiesa situata al centro di Roma, dove si stanno per celebrare le nozze di Giorgio e Simona, lui un nobile decaduto, lei benestante nonostante le umili origini. Accanto a loro siedono Giorgia e Giulia che sono giunte in ritardo perché si sa, le donne ci mettono un po' per prepararsi e per ultimo arriva Massimo, un tombeur de femme seducente e sicuro di se.
Nonostante la fastidiosa preghiera in latino, pronunciata dalla perpetua, una vecchina che è rimasta un po' indietro coi tempi, il gruppo degli amici della sposa, sono in realtà degli estranei che s'incontrano per la prima volta al matrimonio della loro amica comune, però il pettegolezzo avvicina le persone e sarà proprio una maldicenza sul conto della futura sposa a creare curiosità e turbamento nei loro animi.
Nel secondo atto, compaiono il Conte e la Contessa, una coppia retro estremamente ironica, che siede accanto ad Anastasia, una logorroica amica dello sposo, la quale sfinisce la vicina Monique, costretta ad ascoltarla in silenzio e Andrea, che ripete a tutti, la lamentosa storia sulla fine del suo matrimonio.
Nel terzo atto, quello del ricevimento, tutti i nodi vengono al pettine e la verità, almeno nella finzione, chiarirà lo spiacevole equivoco che rischiava di minare l'unione appena celebrata. Uno dei momenti più divertenti dello spettacolo, è la scena del flashback alla fine del primo atto, dove gli attori come se si trovassero in un film, ripercorrono tutte le loro azioni, tornando al punto di partenza. Geniale la trovata dell'autore e attore Mario Alessandro, di riprendere la scena di un matrimonio, da dietro le quinte, appunto dalla parte degli invitati, ai quali in fondo è dedicata la festa. La Compagnia dell'Anello torna a sorprendere ed emozionare il pubblico, coinvolto e partecipe fino all'ultima battuta, dove nulla è lasciato al caso grazie alla bravura di Alessandro e di Erika Barresi, l'aiuto regia ed a quella dei filodrammatici della Compagnia dell'Anello. Bravi Marta Mottola, Sara Miele, Antonella Salerno, Pietro Clementi, Marco Vetrano, Daniele Trombetti, Claudio Contini, Rosaria Calcagno, Francesca Colantoni, Alessandro Frittella, Tiko Rossi Vairo, Mauro Consolo, Mauro Anibaldi e Emiliano Della Bella. E' stato emozionante per me assistere allo spettacolo di Mario Alessandro, artista di grande talento e umiltà, una punta di diamante nel panorama teatrale italiano. Andate a vedere "Il matrimonio" al Teatro 7 in scena fino al 2 novembre 2014, l'indirizzo è Via Benevento 23, magari cambiate idea sul matrimonio, trascorrendo una bellissima serata a teatro, uscirete con un sorriso smagliante e poi sicuramente passerete parola!


di Tania Croce


La Compagnia dell’Anello, creata da Mario Alessandro Paolelli nel 1993, inizia la propria attività nel dicembre 1994 portando in scena il primo lavoro di Mario Alessandro Paolelli: “Questo non è un Giallo”. Da quella rappresentazione la Compagnia, all’inizio formata quasi per gioco da un gruppo di amici legati dalla passione per il teatro, è andata in scena quasi tutti gli anni portando in scena i lavori di Mario Alessandro, sia facendo parte del cartellone di teatri come il Teatro dei Cocci o il Teatro 7 in Roma, sia partecipando a rassegne importanti quali ‘Attori in cerca d’autore’ o ‘Schegge d’Autore’, dirette rispettivamente da Ennio Coltorti e Renato Giordano. La Compagnia è composta in prevalenza da attori e attrici filodrammatici, ma ciascuno con un proprio passato fatto di scuole di teatro, corsi, seminari, stage e rappresentazioni anche al di fuori della Compagnia dell’Anello stessa. La maggior parte degli attori e delle attrici segue infatti un proprio percorso formativo e culturale anche attraverso esperienze con altre compagnie, salvo ritrovarsi tutti sotto ‘lo stesso sipario’ non appena si è pronti ad affrontare insieme un nuovo progetto.

                                           21 ottobre 2014 alle ore 1.22

PennadorodiTania CroceDesign byIole