Albert Nobbs


 Glenn Close sconvolge e seduce in qualsiasi ruolo, anche in quello di Albert Nobbs nel film diretto da Rodrigo Garcia.

Nel film da cui si esce a pezzi da rimettere a posto come in un puzzle dove ogni pezzo fatica a incastrarsi, ci s’immedesima nei panni della protagonista, una donna sola e senza famiglia che nel XIX secolo vive per vent’anni fingendosi un uomo e lavorando come cameriere al Morrison Hotel di Dublino.

Negli occhi di Albert c’è il sogno di un’altra vita che desidera costruire coi soldi che mette sapientemente da parte ma il suo portamento è rigido, il suo fare è preciso e privo di slanci, nel suo tempo libero non esiste nient’altro che il negozio nel quale desidera passare il resto della sua vita.

L’arrivo di Page nell’Hotel, sconvolge la vita di Albert per sempre.

Page (Janet McTeer) si confonde con gli altri lavoratori dell’Hotel ma lui ha qualcosa di diverso che presto Albert scoprirà.

E c’è Helen (Mia Wasikowska) una graziosa cameriera che s’innamora di un ragazzo insensibile e che trova la compagnia di Albert piacevole, e che in qualche maniera riuscirà a realizzare il sogno incompiuto di Albert.

Una storia estremamente drammatica come questa è di quelle che si sogna di vedere in teatro con l’interpretazione di Glenn Close d’immensa bravura.

Per fortuna il film è su Prime Video.

Consigliatissimo!



I due Papi la prima al Sala Umberto


"I due Papi" (The Two Popes) è un film del 2019 diretto da Fernando Meirelles e sceneggiato da Anthony McCarten, basato sull'opera teatrale dello stesso McCarten del 2017 The Pope.


Interpretato da Jonathan Pryce e Anthony Hopkins rispettivamente nei ruoli di papa Francesco e papa Benedetto XVI, il film racconta del rapporto tra i due ecclesiastici appena prima delle dimissioni di quest'ultimo dalla carica di pontefice e della conseguente elezione di Francesco a Papa nel 2013.



La recensione

Ieri sera al Sala Umberto di Roma c'è stato il debutto di un'opera teatrale attesissima come "I due Papi" tratto dal meraviglioso film Netflix del 2019 diretto da Meirelles e sceneggiato da McCarten, autore dell'opera teatrale The Pope, sullo speciale incontro e sull'amicizia tra papa Benedetto XVI e Bergoglio che diventerà Papa Francesco.


Nello spettacolo come nel film sono sottolineati due aspetti molto importanti come il valore della confessione e quello del perdono tra i due illustri uomini di chiesa, provati l'uno da un incarico importante a cui vuole sottrarsi, l'altro dal peso che da lì a poco dovrà sostenere.


Sono a confronto due uomini maturi e consapevoli, due fedeli, due anime che confidano l'un l'altra alcuni errori commessi.



Distanti ideologicamente prima del loro incontro, dopo le reciproche confessioni, sentono di essere affini.

Il cambiamento è il leit-motiv dello spettacolo, che come un'inaspettata forza, una luce che viene da lontano, forse da quel Dio a cui sia Ratzinger che Bergoglio sono cosi devoti, li pervade, facendoli incontrare nel senso più alto e profondo del termine.

Due Maestri come Giorgio Colangeli e Mariano Rigillo, nel loro dialogo intimo e commovente, sanno esprimere come Anthony Hopkins e Jonathan Pryce quel messaggio di umanità che li rende cosi forti e fragili e li avvicina fortemente a tutti i fedeli disseminati nel mondo e a loro stessi.


Suggestive le scene di Alessandro Chiti nei giardini di Castel Gandolfo e all'interno della Cappella Sistina dove Bergoglio sogna di passare tutti i giorni se fosse papa, anche se è giunto a Roma dopo la chiamata di papa Benedetto XVI con l'intenzione di chiedere le sue dimissioni.



"I due Papi" diretto da Giancarlo Nicoletti con la traduzione di Edoardo Erba, una co-produzione Goldenart production, Viola produzioni, Altra scena, I due della città del sole su licenza di Muse of fire production ltd in collaborazione con Festival teatrale di Borgio Verezzi con il sostegno del ministero della cultura e regione Campania, vanta nel cast la presenza di Anna Teresa Rossini e Ira Fronten, mentre Alessandro Giova interpreta il ruolo di Roberto che era di Libero De Rienzo nel film.

Lo spettacolo sarà in scena dall'11 al 30 aprile 2023 al Sala Umberto di Roma.

L' incredibile storia dell'Isola delle Rose


Ci sono uomini che vogliono cambiare il mondo e chi vuole costruirne uno nuovo, autonomo, il suo nome è Giorgio Rosa, un giovane ingegnere illuminato che decide di costruire un'isola al largo di Rimini fuori dalle acque territori, proclamandola stato indipendente.
Erano gli anni '60 e una storia simile meritava di essere raccontata.
I film servono anche a questo, a mostrare, a far conoscere storie di grandi uomini come Giorgio, che hanno realizzato un sogno, anche se per poco tempo.
La Rosa si dedicò alla costruzione dell'Isola dal '58 al '67 ed è una una micronazione e situata in una piattaforma artificiale nel mare Adriatico a 11612 m al largo della costa tra Rimini e Bellaria-Igea Marina a 500 m al di fuori delle acque territoriali italiane.

Il 1 maggio 1968 si proclamò Stato indipendente, dotato di una lingua ufficiale (l'esperanto), un governo, una moneta e un'emissione postale, nonostante ciò non fu mai riconosciuta da alcun Paese del mondo come nazione indipendente.
La vita di quest'isola terminò il 26 giugno 1968 con l'occupazione da parte delle forze di polizia italiane e il blocco navale con la definitiva demolizione nel febbraio successivo.
Il film diretto da Sydney Sibilia ha un cast pazzesco dall'impeccabile Elio Germani nei panni dell'ingegnere bolognese e ideatore dell'isola autonoma, al gruppo di sognatori da Francois Cluzet esaltato per la sua idea a Violetta Zironi barista nell'isola e Leonardo Lidi nei panni di Maurizio, il primo e assoluto sostenitore di Giorgio, a Matilde de Angelis, la Gabriella che poi sposerà.

Il film del 2020 e in prima visione su Rai2 questa sera, fa riflettere, sognare e credere che ogni sogno sia effettivamente possibile e realizzabile, anche solo per 55 giorni.

 

Diabolik - Ginko all'attacco!


 Il fumetto n. 16 delle sorelle Giussani "Ginko all'attacco", si materializza nel nuovo film dei Manetti Bros.

Il secondo capitolo della rocambolesca fuga e dell'inseguimento di Diabolik, non più interpretato da Luca Marinelli ma da Giacomo Gianniotti, è davvero entusiasmante.

Eva Kant (Miriam Leone) gli è fedele, sin dal primo furto, si tratta della prestigiosa collezione di gioielli Armen, per cui Ginko architetta un piano infallibile per acciuffare una volta per tutte il diabolico e abilissimo ladro.

Le ballerine poliziotto ingaggiate dall'ispettore Ginko, ballano con indosso i gioielli della collezione che Diabolik vuole trafugare.

Il piano conduce l'ispettore nel famoso laboratorio dove Diabolik crea i suoi travestimenti.

Ma non basta.

Ginko (Valerio Mastandrea) vuole arrestare Diabolik, liberando Clerville dall'ingiustizia e dal terrore.

Eva e Diabolik inscenano un litigio per far cadere Ginko nel loro tranello.

L'ispettore si fida di Eva dietro i consigli del Ministro (Urbano Barberini) che vuole si metta definitivamente fine al capitolo Diabolik, desiderando fortemente il suo arresto.

La fiducia e la buona fede di Ginko, è tradita ancora una volta dal duo diabolico ed empatico.

Tra i nuovi interpreti troviamo Monica Bellucci nei panni di Altea di Vallenberg, amante di Ginko ed estremamente affascinante e desolata.

In questo secondo capitolo dei Manetti Bros, colpisce la velocità delle scene, delle apparizioni e sparizioni di Diabolik che, esattamente come nel fumetto, svanisce nel nulla.

Bello il pezzo di Diodato, "Se mi vuoi", che apre il film.

"Diabolik - Ginko all'attacco!" è dal 10 aprile in prima visione su Sky.

Film consigliatissimo!

My policeman



 Tom, un poliziotto nella Gran Bretagna degli anni '50, si innamora di Marion, un’ insegnante di Brighton. Tuttavia, consuma parallelamente  un'appassionata relazione omosessuale con Patrick il curatore di un museo, nonostante l'omosessualità sia illegale.

Attraverso numerosi flashback è narrata una storia meravigliosa d’amore e privazioni, in un Paese intollerante verso l’omosessualità  per cui Patrick è condannato a scontare in carcere i suoi peccati, subendo ingiuste violenze in quel luogo squallido e senza alcuna pietà.

Harry Styles si cala magnificamente nei panni del poliziotto ligio al dovere e devoto all’adorata moglie che ama alla luce del sole riservando segretamente a Patrick le sue attenzioni nei ritagli di tempo.

La Marion matura, la splendida Gina Mckee (apprezzata in Notting Hill al fianco di Hugh Grant)  e la Marion novella sposa, l’altrettanto brava Emma Corrin, dedica la sua esistenza al marito che sente distante e altrove.

Il giovane Tom è interpretato da Styles e il Tom maturo da Linus Roache.

Il maturo e malato Patrick è Rupert Everett estremamente toccante e magnifico, mentre il giovane Patrick è David Dawson.

Di questo film ho amato tutto dal cast alla storia e trovo che il regista Michael Grandage sia stato impeccabile nel mostrare le infinite sfaccettature dell’amore possibile e impossibile, di quello consentito e di quello bandito dalla società.

Sarebbe un peccato non vedere “My policeman”, un film consigliatissimo e che troverete su Prime Video!

Grosso guaio all’Esquilino. La leggenda del Kung Fu


Può bastare un ristorante cinese a Roma e un attore romano come Martino Carbonaro (Lillo), per svelare i segreti delle arti marziali? Sì può se e solo se c’è chi il Kung fu lo conosce davvero, ossia Nan-do il bravissimo Giorgio Colangeli.

La storia del film è quella di Davide (Riccardo Antonaci), un ragazzo intelligente e insicuro che passa le sue giornate nel quartiere Esquilino, evitando di farsi pestare di botte dal bullo della scuola e sognando di conquistare il cuore di Yasmin. Grazie all'arrivo di Martino, che gli insegnerà l'arte del Kung fu, ritroverà la fiducia in se stesso.

Questa è la sinossi del film estremamente divertente trattandosi della parodia di un Kung fu movie con la citazione nel titolo del cult “Grosso guaio a Chinatown” ma nella versione romana c’è Lillo al posto di Kurt Russell che tira a campare vivendo di rendita dopo la notorietà legata all’unico film che ha interpretato: “Cintura nera - Scontro totale”.

A momenti di puro divertimento, si alternano scene commoventi e cariche di riflessioni esistenziali.

Il tema della multiculturalità è trattato con consapevolezza ed estrema sapienza e il teatro gestito dalla mamma di Davide, Carolina Crescentini, è il luogo ideale per far incontrare culture differenti che amano integrarsi e condividere.

Il film diretto da Younuts (Niccolò Celaia e Antonio Usbergo) è in prima visione su Prime video e sono certa che vi piacerà così come è piaciuto a me.

Dopo il matrimonio

Mads Mikkelsen è Jacob, un uomo impegnatissimo e amatissimo nell’ orfanotrofio in India, dove aiuta tanti bambini senza famiglia, li nutre e dà loro affetto e sostegno.

Un giorno torna in Danimarca, il suo Paese d’origine, per cercare i fondi necessari per l’orfanotrofio e promette al piccolo indiano che considera un figlio, che tornerà tra una settimana, nel giorno del suo compleanno.

Susanne Bier la regista e sceneggiatrice del film, delinea un uomo generoso e determinato, un tempo dedito all’alcol e alle donne e che per questo ha perso quella che amava e che lo amava e che ritrova casualmente al matrimonio di sua figlia a cui è stato invitato da Jorgen, il ricco investitore a cui ha chiesto i fondi per l’orfanotrofio.

Jacob viene a sapere che Jorgen (Rolf Rassgard) uomo ricchissimo e generoso, è l’attuale marito della sua ex compagna Helene (Sidse Babett Knudsen) e che il matrimonio che si sta celebrando è quello di Anna, la figlia che non sapeva di avere.

Non è l’unico segreto che scopre, ce n’è un altro, assai doloroso che cambierà il corso della sua vita.

Mads Mikkelsen, interpreta un personaggio estremamente complesso e affascinante, che coinvolge e commuove come l’altro grandissimo attore Rolf Rassgard struggente nell’incapacità di rassegnarsi al suo tragico destino. Molto appassionata e credibile anche la Knudsen dagli occhi bellissimi e spesso specchi riflessi delle emozioni che lei stessa trattiene o che mostra nitidamente.


Questo film in abbonamento su Prime ha il pregio di mostrare come il destino sia avverso eppure benevolo come l’alternarsi del male e del bene nella vita e le avversità e la fortuna si susseguono in modo vorticoso e apparentemente insensato.

Film consigliatissimo! 




I cacciatori del cielo





Attendevo di vedere “I cacciatori del cielo” e l’ho seguito su Raiplay con trasporto e voglia di conoscere la storia di Francesco Baracca e dei suoi compagni di volo, la sua famiglia, la donna che ha amato e il fidato meccanico immaginario o reale con cui ha condiviso gioie e dolori.

È un docufilm scritto da Pietro Calderoni e Valter Lupo e diretto da Mario Vitale con la consulenza storica di Paolo Varriale, con immagini di repertorio molto toccanti sulla Prima Guerra Mondiale e in bianco e nero rispetto alla fiction a colori con animazione originale, che giunge per festeggiare i cento anni dell’Aeronautica militare nel ricordo dei pionieri del volo, dei veri eroi.

La narrazione si dipana dal 1915 al 1918, gli ultimi e gloriosi tre anni dell’esistenza dell’aviatore romagnolo Francesco Baracca interpretato da un magnetico Giuseppe Fiorello.

È un racconto corale anche se la vicenda militare di Baracca è centrale nel film.

Accanto all’eccezionale Baracca/Fiorello ci sono altre figure emblematiche come il Comandante Pier Luigi Piccio e Bartolomeo Piovesan che si ritrovano insieme nel campo di aviazione di Santa Caterina, vicino a Udine.

Lo stemma del Cavallino rampante dell’aereo di Baracca è storia. Morì nel corso di una missione sul Montello a soli 30 anni il 19 giugno 1918, durante la Battaglia del Piave.


Ho trovato Andrea Bosca nei panni di Piovesan davvero straordinario e anche Claudia Vismara la cantante Norina Cristofoli e unica donna di Baracca.
Per chi non lo avesse visto ne consiglio la visione su Raiplay! 



Campo de’ Fiori




 Peppino, pescivendolo del mercato di Campo de' Fiori, detesta i suoi compagni di lavoro  e ama il bel mondo. 

Invaghitosi di un’ elegante signora, le fa una corte assidua e riesce a farsi invitare a casa di lei dove un gruppo di loschi figuri tiene una bisca. Sorpresi dalla polizia vengono tratti in arresto tutti, ma Peppino è subito rilasciato. Sempre più innamorato della bionda Elsa, della quale conosce la triste storia, è deciso a sposarla e malgrado le incertezze e i dubbi dei suoi colleghi del mercato, prende con sé Carletto il bambino vivacissimo che Elsa ha avuto da un altro uomo e prende in affitto un appartamento in attesa che esca di prigione. Ma quando Peppino crede di raggiungere il proprio sogno, riappare il padre del bimbo che reclama i suoi diritti e la donna è ben lieta di andare a Milano con lui e di sposarlo. Peppino ne soffre ma accetta tale giusta soluzione e, rinsavito, sposerà una sua compagna di lavoro che lo amava da tempo.

Aldo Fabrizi nei panni di Peppino, è un trentottenne affascinante e inedito rispetto al personaggio che amiamo ricordare e il suo charme in questo film è immenso.

Che dire di Anna Magnani che l’amato Peppino con disprezzo definisce “la fruttarola” e che poi diventerà sua moglie. È calata nel personaggio con tutta la sua straziante rassegnazione di popolana bella eppure sottovalutata dal collega del mercato da lei adorato.

Poi c’è Peppino De Filippo, altro gigante, in questo film del 1943 in bianco e nero che anticipa il Neorealismo, che è un barbiere e caro amico di Peppino e sarà il trait d’union tra lui e la fruttarola.

Il film apprezzato su Raiplay questa sera, diretto da Mario Bonnard, è da vedere e rivedere.


Lo spazio bianco


Su Raiplay mi è comparso il titolo di un film con Margherita Buy che stranamente non avevo ancora visto, sotto il titolo c’era scritto che restava un solo giorno per poterlo vedere e così, pur essendo tardi, ho collegato la app alla tv ed è iniziato “Lo spazio bianco”. La regista è Francesca Comencini e trae ispirazione dall’omonimo libro di Valeria Parrella.

Quando un libro diventa film prendono corpo le parole, i personaggi stessi si materializzano ed è diventato un luogo familiare anche lo spazio dell’incubatrice dove restano immobili e attaccate ai tubi per respirare minuscole creature nate premature che non si sa se nasceranno oppure moriranno. 

La protagonista del film è Maria, una quarantenne single che vive a Napoli e insegna l’italiano in una scuola serale.
Balla, una volta a settimana va al cinema dove incontra Pietro, un ragazzo padre di cui s’innamora e resta incinta.
Al sesto mese partorisce e la sua piccola Irene, dovrà restare in un’incubatrice fin quando e se riuscirà a respirare da sola.
Margherita Buy salta le sue lezioni serali per poter stare ogni  istante con quella figlia immobile di cui attende la nascita vera e propria.
In questo stato sospeso, come lei sono altre mamme, allegre, apprensive e folkloristiche, che la accompagnano nell’attesa snervante.
Napoli coi suoi colori e il suo calore è una città accogliente dove l’individuo trova sostegno nella collettività. 
In questo racconto drammatico e così umano, la Buy rappresenta un dolore che le segna il bel volto e la devasta. Ed è davvero magnetica in questo ruolo sia pure impaziente eppure così rassicurante.
La regista ingloba nel film un mondo al femminile dalle musiche ai personaggi principali e gli uomini sono solo da contorno, quelli utili sono i medici e gli allievi attempati, gli amanti, i mariti restano sospesi come quello spazio bianco tra la vita e la morte.
Un film magnifico dall’inizio alla fine che colpisce, commuove e mostra la forza e la bellezza dell’essere donna.
Visione consigliata!
PennadorodiTania CroceDesign byIole