La famiglia Belier

 


Dopo aver visto Codahttps://www.pennadoroilteatrodelleemozioni.info/2022/03/i-segni-del-cuore-coda.html?m=1 il remake de La Famiglia Bélier, questa sera ho apprezzato il film ispirato al libro di Véronique Poulain ("Les Mots qu'on ne me dit pas"), che non ha vinto 3 Oscar come il suo remake quest’anno, ma che ha sensibilizzato il pubblico educandolo attraverso il linguaggio dei segni, a sentire ben oltre le parole.
L’ambientazione francese mi è più congeniale, precisamente la campagna in Normandia è il luogo dove la famiglia di sordo muti tutti tranne Paula, vive e lavora la terra, allevando mucche e producendo formaggi squisiti come il Camembert e il Brie.
Paula si sveglia presto per aiutare i genitori nel duro lavoro e per comunicare con il veterinario, oppure con le persone al mercato che apprezzano e vogliono acquistare i formaggi prodotti dalla mamma.

Eric Lartigau, il regista, mostra attraverso l’attrice rivelazione  Louane Emera che a sedici anni si può essere ancora illibata eppure matura e responsabile. Louane/Paula non ha ancora il ciclo e rispetto alla sua amica, è vergine.

Il maestro di canto insegnerà a Paula a credere in se stessa e a spiccare il volo. Infatti il tema principale del film è Je vole.
Ho amato molto Karin Viard nei panni di Gigi, la mamma di Paula, più affettuosa rispetto a quella del film Coda e protettiva nei confronti della figlia.


Il film è su Prime Video e su Netflix ed è un bel modo per passare il tempo.
Buona visione!

La befana vien di notte II Le origini



La trama 

Siamo nel XVIII secolo e in un fiume (potrebbe essere il Tevere) viene abbandonata una bambina dalla propria mamma e trasportata dalle acque del fiume verso una vita da ragazzina schiva, anaffettiva e ladruncola.

La ragazzina è Paola (Zoe Massenti), la quale  si trova inavvertitamente a intralciare i piani del terribile Barone De Michelis (Fabio De Luigi), un omuncolo zoppo sempre scortato dal fidato e bistrattato Marmotta (Herbert Ballerina), con una sconfinata sete di potere e uno smisurato odio verso le streghe e i bambini. 

L’intervento della dolce e potentissima Dolores (Monica Bellucci), una strega buona che dedica la sua vita ai bambini, salva Paola da un rogo già acceso. Tra un magico apprendistato, inseguimenti, incredibili trasformazioni e molti, molti, guai, Paola scoprirà che il destino ha in serbo per lei qualcosa di davvero speciale.

La recensione 

Paola si esprime in romano.

In fondo la befana è romana e la grande leggenda della befana è raccontata in modo favolistico e dalle sue origini, da quando cioè, era una ragazzina.

Il viaggio inedito alla scoperta della vera storia della befana personaggio da me amatissimo, mi ha fatto scoprire una Monica Bellucci tenerissima e commovente che ho molto apprezzato.

Bellissima la sceneggiatura di Guaglianone  e Menotti e impeccabile la regia di Paola Randi

Fabio De Luigi nei panni del cattivo è una vera scoperta e vedere il film natalizio dopo la Pasqua è stato piacevole e inaspettato.

Questa prima visione su Sky è stato un bel regalo oggi.


Notre Dame in fiamme


 Jean Jacques Annaud ha diretto un capolavoro che incendia gli animi e li placa come la preghiera collettiva che unì i cuori di tutto il mondo nella speranza che le fiamme fossero domate e spente.

È così accade dopo 24 lunghe ore a partire dalle 18:17 di quell’indimenticabile aprile di tre anni fa dove forse a causa di un corto circuito la cattedrale di Notre Dame, uno dei simboli della capitale francese, s’incendiò.

Al vociare delle guide turistiche e dei fedeli che pregano all’interno della cattedrale, si alternano i primi allarmi sottovalutati a causa di un sistema probabilmente difettoso.

Il fumo  che proviene dal sottotetto della Navata della sagrestia, e che è visibile all’esterno dal tetto di Notre Dame,  si trasforma in fiamme che la prima squadra dei pompieri dall’interno non riesce a spegnere.

Lava incandescente cade dall’alto.

I fedeli in preghiera vengono fatti evacuare dalla cattedrale, dove si cerca di salvare reliquie preziose tra cui la corona di spine di Gesù, un pezzo della vera croce su cui morì e un chiodo della croce.

Molto suggestive le scene in cui si cerca tra le centinaia di chiavi quella giusta che aprirà con un codice segreto la cassaforte che conserva la preziosa reliquia.

È emblematica la candela accesa da una bambina  che resta accesa come a rappresentare la preghiera di un’anima pura che ha salvato la cattedrale dei fedeli, la più visitata al mondo.

È stato un bel modo di pregare questo venerdì santo attraverso un film documentario d’immensa bellezza, in prima visione e in programmazione su Sky dove sono stati usati circa 20.000 video che i francesi hanno girato quel giorno.



La cuoca del presidente


Questa è la storia di Hortense Laborie (Catherine Frot) che ho scoperto sul canale Sky W la France Collection grazie al quale potrò vedere i miei adorati film francesi.
il film visto questa sera s’intitola “La cuoca del presidente”, diretto da Christian Vincent, è ispirato alla vera storia di Danièle Mazet-Delpeuch e al libro Mes carnets de cuisine. Du Périgord à l'Elysées da lei pubblicato nel 1997. Mai tradotto in italiano, il libro non è soltanto una raccolta di deliziose ricette, ma è ricco di citazioni autobiografiche.
La protagonista della storia è la donna chef che per due anni, dal 1988 al 1990, ha lavorato nella cucina privata dell’Eliseo in qualità di cuoco personale del Presidente delle Repubblica Francese Francois Mitterand, sinora unica donna e rivestire questo ruolo. In modo elegante e delicatamente divertente, “alla francese”, si descrive nel film la vita di palazzo e il suo rigido protocollo che la protagonista trova spesso alquanto scomodo.
Il regista ha potuto girare le scene del film all’interno del palazzo nell’arco di tempo in cui il Presidente Sarkozy si trovava a Cannes per il G20. Danièle Delpeuch, il cui nome nel film è Hortence Laborie, è una cuoca specializzata nelle cucina tradizionale francese che viene contattata da un funzionario della Prefettura di Parigi per assumere il prestigioso incarico lasciando la sua fattoria nel Périgord, dove coltiva tartufi.
È stato un vero e proprio viaggio tra le ricette di questa cuoca che non ama essere definita Chef, nemmeno Madame du Barry se è per questo.
Però Hortense era la preferita del presidente francese che amava la semplicità dei suoi piatti, la tradizione e la genuinità delle materie prime usate che lo riportavano alla sua infanzia, esaltando la bellezza della sua Francia.
Le condizioni di salute del Presidente portano alla prescrizione da parte dei medici di una dieta povera di grassi, il capo dell’amministrazione lamenta i costi elevati della cucina di Hortence e le cattiverie e l’insolente ironia dei 30 componenti dello staff di cucina la inducono a mollare. Cucinare in Antartide, all’età di 60 anni, per il personale di una missione scientifica è il rimedio per cancellare le amarezze dal suo cuore e non finisce qui. L’ultima destinazione di questa donna curiosa intraprendente e sicura del proprio talento e del pregio dei propri menu è la Nuova Zelanda dove spera di poter coltivare i tartufi della sua terra e preparare ancora quei gustosi piatti che piacevano tanto al Presidente.
È un film meraviglioso che consiglio!

Madame Hyde


 Isabelle Huppert è Madame Gequil, insegnante di fisica in una classe di ragazzi problematici, ed è felicemente sposata con un uomo casalingo, mentre lei lavora in una scuola dove il gelo scende con il preside egocentrico e indisponente. 

L’atmosfera glaciale sia tra la prof e i ragazzi che con il preside, si surriscalda in una notte di pioggia.

Tutto accade nel laboratorio scolastico dove in seguito a una scarica elettrica l’insegnante  algida e metodica si trasforma in Madame Hyde.

La trasposizione al femminile del capolavoro di Stevenson, la trovo geniale e la Huppert mi ha lasciato col fiato sospeso fino alla fine. 

Fare paragoni con Il dottor Jekill e mister Hyde ha poco senso.

Il regista sul doppio Stevensoniano costruisce una lezione pedagogica. Torna molte volte nel film la necessità di un corso pedagogico che Madame Gequil riesce a creare, trasformando una classe di indisciplinati, in un gruppo di ragazzi attenti e desiderosi d’imparare.

Tutto questo non sarà indolore e solo vedendo il film che potrete trovare su Prime video, potrete scoprirlo. 

Tonya

Struggente, appassionante, coraggioso questo film sportivo e biografico sulla pattinatrice Tonya Harding interpretata da Margot Robbie, che mostra la storia di una donna instancabile e abituata a crescere e a convivere con la violenza domestica dalla quale ha tratto la sua forza per spiccare il volo anche se per poco.

E pensare che è stata la seconda donna ad eseguire un triplo axel in una competizione ufficiale e tuttora una delle pochissime ad averne avuto il coraggio, tanto che il film di Gillespie che racconta la sua ascesa e la sua caduta, ripercorrendo la sua biografia dai 4 ai 44 anni, ha dovuto supplire con effetti speciali, non trovando nessuna controfigura disposta o capace di farlo.
Me lo sono domandata per tutto il tempo chi potesse pattinare nel suo modo spettacolare e ho potuto apprezzarlo alla fine del film quanto fosse bello vederla volteggiare anche se la giuria non è mai stata conquistata da Tonya.
Avrebbe dovuto amarla sia perché lo meritava tecnicamente sia perché si allenava tra le violenze del primo marito Jeff e di una madre che continuava a farle male senza riuscire a provare del bene per sua figlia.
Come se non bastasse, la povera Tonya che scalpitando era riuscita a conquistarsi un posto nel suo amato mondo del pattinaggio artistico, venne coinvolta alla vigilia delle Olimpiadi nell’aggressione di una sua rivale e condannata e fatta fuori da ciò che l’aveva salvata: il pattinaggio.
Il film commuove e sconcerta, la regia è perfetta.
Ho assistito alla visione di Tonya con la sensazione di sentire sulla pelle del mio viso gli schiaffi partiti dalla mano del marito, un uomo inetto che ha contribuito al declino di una grande pattinatrice.
Non conoscevo questa vicenda.
Film meraviglioso da vedere e rivedere!

Tutti i santi giorni


Il principe azzurro si materializza nella favola dolce amara di Virzì che ho rivisto su Sky cinema due questa sera con lo stesso entusiasmo e ammirazione, considerandolo il mio preferito.

Guido, il principe azzurro, è colto, premuroso, innamorato, carino, serio e devoto, è il ragazzo giusto, il fidanzato ideale, l’uomo della vita che lavora come portiere di notte in un grande hotel della Capitale e ama Antonia, la bella aspirante musicista desiderosa di essere madre.

Luca Marinelli veste magnificamente i panni di Guido, che è un esperto di martiri paleocristiani e ogni mattina al ritorno dal suo turno notturno, sveglia la sua Antonia/Thony, la Federica Caiozzo aiutrice e interprete della meravigliosa colonna sonora del film, con il santo del giorno, le prepara la colazione e i due ogni giorno fanno l’amore.

L’ho definita favola dolce amara perché anche per Guido e Antonia, nonostante l’immenso amore che lì lega, le cose non saranno semplici, la vita non lo è mai per nessuno.

Tutti i santi giorni contiene una storia meravigliosa, attuale e romantica, come piace a me.

Tra i pezzi di Thony ho tanto amato Flowers Blossom e se non lo avete ancora visto, cercatelo e amatelo così come l’ho amato e lo amo io.

Madres paralelas



Il tema della famiglia e delle origini è centrale nel nuovo film di Pedro Almodóvar Madres paralelas il cui titolo contiene la natura umana dei destini e delle storie che s’intrecciano nella pellicola che ha aperto quest’anno la Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia ed in cui è stata premiata con la Coppa Volpi Penélope Cruz proprio per il ruolo di Janis, una fotografa di moda sulla quarantina che sceglie di portare avanti la sua gravidanza, pur essendo single e che incontra Ana (Milena Smit) una ragazza single che sta per partorire nello stesso reparto e con la quale stringerà un’amicizia speciale.
Oltre alla maternità, alla nascita e alla morte, il regista ricorda la storia dei decaparecidos morti in buche che loro stessi hanno dovuto scavarsi e costretti a salutare questo mondo senza una degna sepoltura.


Non esiste la storia muta. Per quanto le diano fuoco, per quanto la frantumino, per quanto la falsifichino, la storia umana si rifiuta di tacere 
(Galeano)

Il film in prima visione su Sky con due nomination agli Oscar 2022 è consigliatissimo!

I segni del cuore - Coda


L’Oscar 2022 come Miglior film se lo è aggiudicato I segni del cuore - Coda, di Sian Heder.
E così il remake del francese “La famiglia Bélier” ha vinto l’Oscar per la Migliore sceneggiatura non originale e per il Miglior attore non protagonista andato a Troy Kotsur, il primo attore sordo a sollevare una statuetta dell’Academy.
Tutto questo successo è meritatissimo perché la storia emana amore, il collante di una famiglia sordo muta eccetto Ruby, la diciassettenne che sostiene i suoi cari, aiutandoli a comunicare con il mondo esterno, a vendere il pescato, a sopravvivere.
La sveglia suona alle 3 del mattino per tutta la famiglia.
 La giovane e coraggiosa ragazza interpretata dalla bravissima Emilia Jones, ha un sogno: desidera cantare.
Trova un insegnante  che la esorta a credere nel suo talento e la aiuta a spiccare il volo.
Ho apprezzato immensamente Eugenio Derbez nei panni dell’insegnante severo, metodico e anche un po’ psicologo. 
È davvero fantastica la scena dell’audizione in cui mentre Ruby canta, la sua famiglia impossibilità a sentire, si gira intorno per osservare il pubblico che canticchia e balla.
La giovane talentosa indossando il vestito rosso regalatole dalla madre, continua a cantare  ma a un certo punto  non c’è l’audio, solo il silenzio assoluto ossia lo stesso percepito dalla famiglia di Ruby, ed è possibile comprendere attraverso questa scelta registica, la dimensione dei Sordo muti.
Straordinaria la figura del padre, interpretata da Troy Kotsur che sa essere tenero e rude al tempo stesso e questo Oscar è una delle cose più belle e giuste di quest’edizione.
Una scoperta piacevolissima questa sera su Sky cinema Oscar.
Da vedere e rivedere per piangere sul finale lacrime belle.

Per tutta la vita


 Il film di Paolo Costella che ho visto questa sera in prima visione su Sky propone una situazione  che molte coppie insoddisfatte vorrebbero vivere sulla propria pelle. Perché vi chiederete? 

Sarebbe incredibile se la curia annullasse tutti i matrimoni celebrati in una parrocchia nei precedenti 9 anni, scoprendo che il prete che li aveva officiati era un truffatore. Il fatto si ripercuote su 4 coppie che colgono l'occasione per fare un bilancio sulla loro vita.

Quello dell’annullamento dei matrimoni è solo l’incipit.

In realtà quelle sposate sono coppie consolidate? Tra loro c’è amore vero e se sì, queste coppie noncuranti dell’accaduto continueranno a stare insieme e si risposeranno per ufficializzare quell’unione che non li ha effettivamente uniti nove anni fa?

Appena ho iniziato a vedere il film l’ho trovato lento però proseguendo a vederlo, come capita quando le prime pagine di un libro mi riportano a storie già lette o poco interessanti, mi ha coinvolto, alcune storie o coppie mi sono piaciute particolarmente e attendevo per vedere le scene che li riguardava; sto parlando di Ambra Angiolini e Fabio Volo, che nel film sono i genitori separati  di Edoardo Brandi un bambino intelligente e addolorato per la loro separazione. Questa storia mi ha conquistato, emozionato e commosso.

  Il film fa riflettere perché nonostante i problemi che affliggono l’umanità soprattutto in questo periodo, ciò che veramente conta è la famiglia e non c’è niente che sia così importante nella vita di un individuo.

L’ansia per una maternità che arriva se accade come spiega a Claudia Pandolfi la straordinaria Ivana Monti, che nel film è l’amorevole mamma malata e saggia di Filippo Nigro e moglie di Renato Scarpa, visto con immenso piacere pensando questa fosse l’ultima sua apparizione, è uno dei temi più toccanti di questo trattato sul matrimonio visto in tutte le sue sfaccettature. 

La donna contesa tra Luca e Paolo, la Claudia Gerini che interpreta la parte dell’amante di uno e della moglie dell’altro che per inciso è il miglior amico, rappresenta un’altro tema importante trattato con delicatezza e intelligenza.

Con la mia personale predilezione per la citata coppia Ambra/Fabio, ho amato anche le musiche di Lele Marchitelli commuovendomi per il pezzo dei Negramaro sul finale che mi ha riportato a La Febbre di Alessandro d’Alatri sempre con Fabio Volo.

È una commedia a tratti drammatica però necessaria e da vedere.

PennadorodiTania CroceDesign byIole