Suspicious minds

Sono pensieri sospettosi quelli che s'insinuano nella mente di giovani amanti e di una coppia sposata e consumata dal tempo che è passato.

Sedotta dalla presenza di Francesco Colella, ho visto il film come seduta davanti ad un cocktail analcolico da consumare nel tempo di un rendez-vous e che invece mi sono ritrovata a bere tutto d'un fiato. 

 Suspicious minds mi è piaciuto moltissimo perché mi ha ricordato un articolo che scrissi, intitolato: Il tradimento come terapia per la coppia, il tema della conferenza di uno psicoterapeuta nella quale veniva spiegata l'utilità del tradimento, se confessato, per superare una crisi di coppia, oppure per lasciarsi definitivamente.

Nel film accade tutto ciò che lo psicoterapeuta chiarì nella sua conferenza sul tradimento: ci si tradisce e poi si resta insieme oppure ci si lascia.

E' suggestiva la location: Roma, la città eterna, un hotel e un ascensore che si blocca e imprigiona per quasi due ore due turisti italiani, due sconosciuti, Fabrizio (Francesco Colella) e Giulia (Amanda Campana), che per un po' si estraniano dalle proprie identità per essere altro da se e persino per riconnettersi con i mostri di un passato da cui non riescono a liberarsi.

Francesco Colella è un manager italiano sposato con l'olandese Emilie. 

Torna dunque l'Olanda, presente nel gioiellino Due piccoli italiani anche se qui Colella non compie un viaggio rocambolesco nell' Olanda delle speranze ma ci vive proprio, concedendosi vacanze romane con la moglie olandese Emilie (Thekla Reuten), conosciuta proprio nella Capitale. 

Nella favola scritta e diretta con acume e sensibilità da Emiliano Corapi e apprezzata su Paramount +, vince la mentalità aperta e mitteleuropea di Fabrizio ed Emilie, coppia consolidata e annoiata ma complice ed evoluta, rispetto a quella moralista dei ventenni Daniele (Matteo Oscar Giuggioli) e Giulia, che iniziano con il prendersi gioco di una coppia incontrata sull'aereo e che non sembrava innamorata come loro e che finisce col farsi soggiogare e sconfiggere dalla gelosia per un flirt passeggero e senza alcun valore.

Consiglio di vedere il film che è davvero stupendo!

Titan Il disastro di OceanGate

 Tutto il mondo ne ha parlato ed era impossibile restare indifferenti di fronte a una tragedia simile. Vedendo ieri sera il documentario su Netflix della durata di 1.51 e diretto da Mark Monroe, si scopre che si è trattato di una tragedia annunciata e attraverso le immagini di repertorio e le interviste a coloro che hanno lavorato per realizzare, mettere a punto e testare il sommergibile turistico Titan destinato con certezza matematica al cedimento, si possono comprendere le motivazioni della tragedia in mare che due anni fa, ha scosso ognuno di noi.

Avvenne il 18 giugno del 2023 l'implosione catastrofica del sottomarino Titan, gestito da OceanGate, causando la morte istantanea dei cinque passeggeri a bordo durante una spedizione turistica al relitto del Titanic. L'implosione è avvenuta a una profondità di oltre 3.300 metri nell'Oceano Atlantico.

Dalle dichiarazioni di ingegneri ed esperti che hanno lavorato alla realizzazione del sommergibile,  emerge che l'incidente del batiscafo Titan sia dovuto a problemi strutturali e carenze di sicurezza del sommergibile sprovvisto di certificazioni ufficiali. Tutti coloro che hanno tentato di fermare l'impresa, sono stati ignorati dall'ingegnere Stockton Rush, Ceo di OceanGate, accecato dall'ambizione di rivoluzionare l'esplorazione subacquea, tramutando l'entusiasmo dei passeggeri in tragedia.

E' vero che Stockton voleva creare qualcosa di meraviglioso e rivoluzionario senza badare alle avvisaglie riscontrate nelle immersioni di prova che hanno preceduto quella definitiva.

Rush credeva nell'infallibilità del suo sottomarino realizzato in fibra di carbonio e titanio. Lo scafo di Titan è stato progettato in modo che un guscio di fibra di carbonio fosse incollato agli anelli in titanio su entrambe le estremità. 

Nei video mostrati nel documentario, Stockton sottovalutò i rumori verificatisi nelle immersioni di prova, prendendo le distanze dagli esperti che lo avevano seguito fino a quel momento e che sono stati licenziati alcuni, altri se ne sono andati volontariamente, rifiutandosi di prendere parte a un progetto pericoloso come l'immersione verso il relitto del Titanic, costato la vita allo stesso Stockton.

Parlano anche i parenti delle vittime e c'è molta amarezza nelle loro parole.

Invito a vedere l'interessantissimo documentario su Netflix.


The Lady in the van


“Scrivere è parlare a se stessi” e di riflesso, raccontare storie come quella vissuta dall’attore, commediografo, sceneggiatore e scrittore inglese Alain Bennett, divenuto amico speciale  della signora nel pulmino per ben 15 anni, dal 1974 al 1989 ossia il tempo nel quale la misteriosa anziana Miss Shepherd, visse barricata nella sua abitazione a quattro ruote parcheggiata nel giardino del comprensivo ed empatico scrittore. 

La pièce teatrale di successo “The Lady in the Van” ha meritato di diventare l’ adattamento cinematografico diretto da Nicholas Hitner e nel quale ho ammirato l’iconica attrice britannica  Maggie Smith, vestita di stracci come la vecchia barbona interpretata e incantevole come non mai nei panni di una donna talentuosa e in lotta contro un destino avverso  sul quale ha la meglio, nonostante le ingiustizie subite e gli imprevisti incidenti che hanno finito col travolgerla.

Alex Jennigs è Alain, lo scrittore single e omosessuale con una madre anziana e malata che vive per conto suo fino a che il suo stato la condurrà all’ospizio; Alain si sdoppia e il suo alter ego è necessario per raccontare a se stesso la storia vissuta e le strane contraddizioni che detesta e che tuttavia lo affascinano al punto da accettare come una specie di convivente, l’anziana donna che vive nel suo giardino incurante delle conseguenze. È strano perché la madre è al centro anziani e quando va a trovarla non lo riconosce più mentre l’anziana donna vive lucidamente sotto casa sua.

Miss Shepherd mostra una cultura raffinata e lo fa nei pochi dialoghi che è costretta ad avere con Alain, con i vicini che la disturbano o con i servizi sociali efficientissimi in Inghilterra e pronti ad assistere i senzatetto come lei ed a offrire abiti, cibo e un centro sociale dove potersi lavare e dove dormire in un letto.

È come se Alain stesse raccontando  a se stesso attraverso il suo doppio e con crescente incredulità la storia della sua bizzarra convivenza con Miss Shepherd  e il tempo del racconto s’interrompe nel momento in cui l’anziana e malata sale in cielo accolta da un Dio benevolo e il suo posto sicuramente è in paradiso tra gli altri angeli, ma alla fine decide di narrarla in un libro l’esistenza della signora nel pulmino, ritenendola materia assai più interessante che parlare della sua stessa vita probabilmente. 

I misteri di Miss Shepherd vengono a galla con  stupore da parte di Alain il quale scopre di aver vissuto a stretto contatto con una ex suora, con una musicista dotata di un talento innato e molto altro che vi consiglio di scoprire guardando lo splendido film su Netflix.

 

 


Maschi Veri/Machos Alfa su Netflix


Ho seguito le tre stagioni (2022/2025) della straordinaria serie spagnola Machos Alfa, sui quattro amici quarantenni costretti dagli eventi a decostruire la loro mascolinità. 


Pedro, Santi, Luis e Raul nel primo episodio intitolato In decostruzione, devono ammettere di essere dei veri e propri maschilisti e di seguire un corso di decostruzione della loro mascolinità per ricominciare a vivere dopo che il primo ha perso il lavoro, il secondo ha sua figlia diciassettenne in casa a vivere con lui, il terzo deve gestire l’insoddisfazione sessuale della moglie Ester e madre dei suoi adorabili figli e il quarto tenta di fare una proposta di matrimonio alla compagna ma non va come previsto. 

Gli episodi della serie spagnola diretta da Laura Gaballero con Gorka Otxoa, Fele Martinez, Fernando Gil, Raul Tejòn, Kira Mirò, Maria Hervas, Paula Gallego e Raquel Guerrero, sono scorrevoli e appassionanti perché attualissimi, con storie di fallimenti sentimentali ai tempi dei social in questa società dove conta può l'apparire che l'essere.

Approda su Netflix, Maschi Veri che già dal titolo ricorda la serie spagnola.

 Nell'adattamento italiano di Machos Alfa, la regia è di Letizia Lamartire e di Matteo Oleotto e sviluppa in otto episodi le avventure e disavventure di quattro amici over 40. 

C'è Francesco Montanari nei panni dell'eterno seduttore anche se fidanzatissimo con Ilenia, avvocato di successo affascinante e aperta di mentalità come Sarah Felberbaum, che propone di vivere il rapporto come una coppia aperta, con incontri occasionali al di fuori della coppia appunto per fuggire da una routine che rischia di mettere a repentaglio la relazione.

L'unico uomo ancora sposato è Pietro Sermonti/Luigi, come il Luis spagnolo, somigliante sia nel carattere che nell'aspetto a Fele Martinez, che svolge la professione di poliziotto e inizia a fare i conti con l'andropausa, rendendo la moglie Tiziana, la bellissima e bravissima (Thony) insoddisfatta e che si invaghisce del suo personal trainer immaturo, il quale finisce col chiamarla mamma.

Nei panni del Santi spagnolo, il fragile Mattia, c'è Maurizio Lastrico, separato dalla bella sia pure iena Nicole Grimaudo, ma consolato e sostenuto dalla figlia adolescente bisex Alice Lupparelli, che cercherà di curare le ferite paterne attraverso una decina di incontri online su Tinder.  

Dulcis in fundo c'è Pedro, anzi Massimo (Matteo Martani) un comunicatore scaltro e senza peli sulla lingua, non ancora padre e purtroppo licenziato nel primo episodio per colpa di uno spot sessista, cosa che comprometterà il suo tenore di vita altissimo, Vive in una megavilla con piscina con la compagna Daniela (Laura Adriani) in ascesa sui social (instagram) e con una collaboratrice domestica indispensabile e premurosa come Maria, la bravissima Yamila Suarez (in foto).

Amici fin dai tempi dell'università, i quattro inseparabili compagni di viaggio, su consiglio di un amico gay, decidono di seguire un corso sulla decostruzione della mascolinità, per mettere da parte la loro mascolinità tossica nel tentativo di costruire rapporti sani e vincenti.

Splendido il cast, la regia e la fotografia in questa serie nostrana, dove ho particolarmente apprezzato la verità sui volti degli attori, non solo bellissimi e perfetti ma con le loro rughe d'espressione senza filtri e le lentiggini che di solito vengono coperte dal trucco e ho amato la cura per la psicologia dei personaggi.

L'unica cosa che non mi è piaciuta: la rubrica di Selvaggia Lucarelli. Perché? Ha reso monotono e lento l'episodio che stavo seguendo con interesse.

 Consiglio di seguire la serie su Netflix, evitando di fare sterili paragoni con la serie spagnola di riferimento.

The Lesson


 Liam è un giovane scrittore di talento a cui viene proposto di lavorare come precettore del figlio del suo idolo, il romanziere J.M. Sinclair. Giunto nella sperduta magione, Liam si trova invischiato in una ragnatela di risentimenti e bugie.

C’è una palude, l’acqua è torbida come la mente del signor Sinclair, un impeccabile Richard E. Grant, impegnato nella stesura del suo ultimo romanzo, destinato ad essere un capolavoro. Mr Sinclair, è immerso nel suo lavoro di scrittore e nel tempo che rimane, si limita ad essere un marito presente e all’occorrenza passionale, un padre severo e inflessibile dell’unico figlio rimasto: Bertie (Stephen Mcmillan), al quale desidera dare l’educazione che è mancata all’altro, morto annegato nella palude e lo fa seguendo  il consiglio della moglie, di assumere un educatore per garantire a Bertie l’ammissione al college.

Nel corso della vicenda, i contorni della storia si delineano e ne emerge una figura più meschina di quella che all’inizio appare, questo grazie all’abilità di Liam, l’educatore di Bertie, di scovare la verità con la complicità di sua moglie Helene (Julie Delpy).

Oltre all’eccezionale prova da attore di Richard  E. Grant, ho apprezzato anche il talento di Daryl McCormack e di Julie Delpy nel film diretto da Alice Troughton e in programmazione su Netflix.

Consigliato! 

Nonnas


Brindiamo a vivere bene la vita

Rimpiangerai le occasioni che non hai saputo cogliere


Sono due delle frasi pronunciate dalle protagoniste di questa vicenda stupenda tratta da una storia vera.

Nonnas è disponibile su Netflix dal 9 maggio 2025, il giorno successivo all'elezione del Papa Leone XIV di origine americana. Questo film è italoamericano e mi fa pensare ci sia un filo sottile e impercettibile tra i due eventi.


La recensione


Nella commedia del 2025 diretta da Stephen Chbosky, scritta da Liz Maccia e interpretata da Vince Vaugh, sembra si senta per tutto il tempo, il profumo del ragù italiano, dei soffritti misti, dei cannoli siciliani con la ricotta, della cassata e anche della capuzzella, un piatto tipico della cucina siciliana che è ancora nel menù del vero ristorante a cui il film s'ispira e che festeggia il suo quindicesimo anno di apertura, grazie all'incrollabile lavoro delle nonne di tutto il mondo, che cucinano per tutti coloro che hanno il piacere di fermarsi a mangiare all'Enoteca Maria, aperta da Joe Scaravella a Staten Island.


Joe Scaravella è interpretato da Vince Vaughn, affranto e smarrito al funerale dell'amatissima mamma Maria, morta per un tumore. 

I suoi ricordi da bambino sono legati al pranzo della domenica e al cibo cucinato con amore dalla mamma e dalla nonna, le donne della sua vita; questo pensiero accompagna il quarantenne single occupato in un lavoro poco gratificante, tra le strade di little italy,  dove  passeggia, ricordando le parole di sua madre e della nonna, soprattutto questa: "a tavola non si invecchia". 

Così scorge l'insegna di un ristorante in vendita e decide d'istinto di dargli nuova vita, per cucinare i piatti familiari della sua esistenza.

Tuttavia Joe non è né imprenditore né cuoco. 

Neanche l'amico Bruno (Joe Manganello) crede sia una buona idea. E' più entusiasta la moglie di Bruno, Stella (Drea De Matteo) ma ormai la frittata è fatta, il quarantenne pervaso dalla voglia di ricreare i perfetti sapori della sua infanzia, ha speso tutti i suoi risparmi per comprarlo e dargli nuova vita.

La prima cosa da fare è ristrutturarlo e poi cercare delle donne anziane e italiane per poter cucinare i piatti della sua infanzia, semplici e pieni d'amore.

Al suo annuncio di lavoro rispondono Roberta (Lorraine Bracco), una vecchia e cara amica di sua mamma Maria, di origini siciliane che vive in un centro anziani, è irruenta e vuole sempre cucinare la capuzzella, ossia una testa di agnello ripiena dall'odore forte, Gia (Susan Sarandon), una seducente parrucchiera e ottima pasticcera specializzata nella preparazione del cannoli. A loro si aggiunge l'ex suora Teresa, per tutti l'Adriana di Rocky, l'irresistibile Talia Shire e Antonella (Brenda Vaccaro), una vedova di origini bolognesi e vicina di casa di Olivia (Linda Cardellini) la ex del liceo di Joe e che rincontra con stupore.

Le nonne, dopo gli scontri iniziali, si rivelano essere delle cuoche eccezionali, capaci di ricreare quei sapori familiari che Joe desiderava.

Ma la passione e il cuore delle nonne, non basta. Sorgono numerosi problemi burocratici e l'assenza di clientela fa rischiare a Joe il fallimento.

Ma la tenacia e l'amore vincono su tutto ed Enoteca Maria resta aperta e sfama d'amore tutti i suoi clienti.

Il cast è eccezionale, hanno dato tutti un sapore speciale ad ogni scena del film.

La colonna sonora, da Rita Pavone alla tarantella napoletana, è un ottimo ingrediente accanto ai sapori dei piatti preparati dalle nonne le quali ricordano che cucinare è un atto d'amore.

Film consigliatissimo!!!


Eterno visionario



 Stoccolma 10 dicembre 1934

Premio Nobel per la letteratura all'illustre scrittore italiano Luigi Pirandello

"... Per riuscire nelle mie fatiche letterarie ho dovuto frequentare la scuola della vita. Questa scuola è l'unica che può aiutare una mente come la mia simile a quella di un bambino; ho sempre sentito il bisogno di credere alle apparenze della vita senza alcuna riserva, la sincerità con cui ho imparato questa lezione ha palesato un'umiltà, un amore e un rispetto della vita indispensabili per assorbire delusioni amare, esperienze dolorose, ferite terribili e tutti gli errori dell'innocenza che danno profondità e valore all'esistenza mi ha permesso di crescere e nel contempo di rimanere me stesso evolvendosi il talento mi ha reso incapace di vivere come si conviene a un vero artista capace soltanto di pensieri, di sentimenti. E così nell'illusione di creare me stesso ho creato solo quello che sentivo, in cui riuscivo a credere, provo gratitudine e orgoglio al pensiero che questa mia creazione sia stata ritenuta degna del prestigioso premio con il quale mi onorate, mi piacerebbe credere che esso sia stato conferito non tanto alla perizia dello scrittore che è sempre irrilevante quanto alla sincerità umana del mio lavoro". Luigi Pirandello

E' con queste parole che lo scrittore e drammaturgo di Girgenti, Luigi Pirandello, ringrazia l'Accademia reale di Svezia per l'ambito Premio che gli è stato conferito.

E' un viaggio inedito, appassionante e umanissimo quello dentro la vita e l'arte dello scrittore siciliano, l'eterno visionario a cui presta lo sguardo, la voce e le sembianze l'ineguagliabile Fabrizio Bentivoglio, con la magistrale regia di Michele Placido, che si riserva un cameo, quello del suo agente letterario, ossia di colui che lo accompagnerà nella carriera artistica.

Eppure Pirandello è artefice del proprio destino, non di quello che gli è stato riservato, ossia minatore nelle cave di zolfo paterne. Fugge in Germania a diciotto anni, imparando la lingua tedesca e dedicandosi a quelle parole destinate a illuminare il mondo.

Le tappe del viaggio in treno dello scrittore sono i momenti in famiglia con i figli, le prove teatrali, ma ce n'è uno che lo segnerà: l'incontro con i sei personaggi in cerca d'autore che lo perseguiteranno per sempre.

 Forse la tappa più emblematica del suo affascinante eppure tortuoso viaggio è quella in Svezia per il Nobel che Pirandello vuole compiere da solo, senza famiglia al seguito, solo col suo fedele agente Saul Colin e con Marta Abba, ossia colei che fu la sua ispiratrice e che rifiutò l'invito a partecipare alla consegna del premio.

L'incontro con la bellissima e talentuosa attrice Marta Abba (Federica Luna Vincenti), avviene a Roma nel 1925. Pirandello è in platea con Massimo Bontempelli.

"Voi donne avete un corpo certo ma come si fa a mettere in scena la vostra anima? Ecco io mi sono sempre chiesto come si fa a rappresentare il fascino oscuro della femminilità e ho scritto decine di figure femminili ma questo aspetto m'è sempre sfuggito ed ora invece arriva lei Marta ed è come se io la stessi aspettando da sempre; ma dov'è stata nascosta tutto questo tempo?"

Così Pirandello scopre la sua musa ed è un incontro destinato a cambiare il suo modo di scrivere, di descrivere le cose.

Ma non è stata sempre così luminosa la sua carriera, ci sono state incomprensioni e momenti difficili, bui, meno noti e sottolineati in questo straordinario film biografico, didascalico, letterario e acuto che mi ha emozionato e sorpreso. Vidi la casa di Pirandello a Girgenti, ho letto e studiato i suoi romanzi e la sua drammaturgia, ho visto diversi suoi lavori teatrali interpretati nel tempo ma questo road movie ha dato nuova luce a quelle che erano le mie conoscenze sulla carriera e la vicenda pirandelliana.

Roma, 1938

Luigi Pirandello ha una moglie e tre figli: Stefano (1895/1972), Rosalia "Lietta" Caterina (1897/1971) e Fausto Calogero (1899/1975) furono anch'essi spettatori del teatro paterno e solo Stefano ereditò la passione per il teatro mentre Fausto realizzò il suo sogno di diventare pittore.

Mentre si trova a cena con i colleghi scrittori a discutere sul duro attacco ricevuto da Benedetto Croce per "Il fu Mattia Pascal e sulla guerra, la moglie interpretata magnificamente dalla bravissima Valeria Bruni Tedeschi, ha un attacco isterico e caccia tutti da casa, alimentando la disperazione dei figli che assistono passivamente al peggioramento della precaria salute mentale della madre.

Il figlio Stefano è al fronte ma la prima guerra mondiale è finita e può finalmente tornare a casa.

Stefano assiste alle prove teatrali del padre e il collega Bontempelli teme che il pubblico non sia pronto per un tipo di teatro rivoluzionario come quello pirandelliano e infatti anche se ciò oggi potrebbe sembrare assurdo, non è effettivamente pronto a cogliere l'essenza della drammaturgia di Luigi Pirandello e al Teatro Valle di Roma viene fischiato nel bel mezzo dello spettacolo senza dare al drammaturgo modo di spiegare agli spettatori irati, il senso della pièce.

Pirandello, conduce nel meraviglioso Palazzo Braschi la sua compagnia per scegliere gli abiti di scena realizzati da un abile sarto e con stoffe pregiatissime.

Lavora alle sue opere curando tutti i dettagli, senza trascurarne nessuno.

E' per i suoi attori come un padre in quella che considera una famiglia ideale, come non è riuscito a creare nella vita reale, ci prova e sicuramente riesce, sulla scena.

Con la famiglia riunita, annuncia la sua grande impresa. "Ho deciso di chiedere a Mussolini di sostenere la nostra idea di un teatro nazionale finanziato dallo stato e dopo il successo di Marta nostra dea non ho motivo di dubitare che otterremo la sua approvazione".

Lietta, la figlia con la quale ha più empatia, è interpretata da Aurora Giovinazzo. Stefano è interpretato da Giancarlo Comare e Fausto è Michelangelo Placido.

Tra le scene più intense del film c'è quella in cui Pirandello guardandosi allo specchio mostra a Marta Abba il dramma della vecchiaia che si legge sul suo volto mentre brucia nel suo cuore l'ardore della giovinezza.

Ci sono progetti mai realizzati come il film sui Sei personaggi in Germania, sogni infranti e grandi soddisfazioni per Pirandello, prima fra tutte essere tutti i suoi personaggi o forse solo Mattia Pascal.

La cura dei dialoghi e la fotografia stupefacente, oltre all'impeccabile regia di Placido e alla superba interpretazione di Fabrizio Bentivoglio, rendono questo film un capolavoro.

V'invito a vederlo su Amazon Prime!

The Irishman





Questo non è solo un film ma una lezione di cinema e di mafia, di come quest’ultima influenzi e cambi la vita dei protagonisti capaci di mostrare un talento senza tempo, in primis il semi Dio Pacino carismatico e magnetico anche nei panni di Jimmy Hoffa, il capo dei sindacalisti americani fino a Frank Sheeran impersonato dall’ irresistibile De Niro, che attraverso la voce fuori campo dall’ospizio, luogo dove da vecchi si va a morire, racconta la vita dura e spietata di chi fa a patti con i duri per andare avanti. 
Frank è un autista di camion, trasporta carne e l’incontro con Russell Bufalino (Joe Pesci), boss della mafia a Filadelfia, cambierà per sempre il corso della sua esistenza. Martin Scorsese dirige un capolavoro dove c’è tanta America e un po’ d’Italia. Splendide le scene che si ripetono come una piacevole abitudine tra Russel e Frank che pasteggiano spezzando un filone di pane italiano che intingono a bel buon vino rosso anche quando si ritrovano in carcere. La vita e la morte s’incontrano e scontrano sempre. Alla fine persino i potenti se ne vanno, muoiono e non ci sarà più nessuno da cui farsi proteggere o per cui lavorare.  
La vera storia di Frank Sheeran, l'irlandese che uccise il sindacalista Jimmi Hoffa. Tratto dal libro "I Heard You Paint Housesdel" di Charles Brandt. Il film ha ottenuto 9 candidature a Premi Oscar, 4 candidature a Golden Globes, 9 candidature a BAFTA, 13 candidature e vinto un premio ai Critics Choice Award, 3 candidature a SAG Awards, 1 candidatura a Writers Guild Awards, 1 candidatura a Directors Guild, 1 candidatura a Producers Guild, Il film è stato premiato a AFI Awards, 1 candidatura a ADG Awards, 2 candidature a NSFC Awards, In Italia al Box Office The Irishman ha incassato 37,7 mila euro .
Gli splendidi attori ringiovaniti con impeccabili trucchi cinematografici, sono giovani e coraggiosi, senza paura, si sposano, fanno famiglia, invecchiano e vivono le fragilità, i  dolori e le paure di chiunque. Si sentono invincibili fin quando tornano a galla ricordi e buoni sentimenti come l’amicizia tra Jimmy e Frank. 
Da non dimenticare Harvey Keitel altro gigante in questo film immensamente bello e da vedere assolutamente su Netflix! 

Le nostre anime di notte


 Cercando un bel film su Netflix, mi ha colpito il titolo di questo, poi ho letto i nomi dei protagonisti e così mi sono immersa in un’esperienza quasi ipnotica, “il cinema lo fa” come direbbe il maestro interpretato da Antonio Albanese in “Un mondo a parte”, gioiellino di Riccardo Milani. 

La recensione  

Quando si è bambini e anziani, la notte è più buia e insopportabile e si fa fatica a dormire soli. È questo il motivo che spinge la deliziosa Addie (Jane Fonda) vedova e con un solo figlio e un nipote, avendo perso tragicamente la figlia che era piccola, a chiedere a Louis (Robert Redford) anch’esso vedovo con una figlia, se ha voglia di dormire insieme.

Dormire nello stesso letto insomma. Non è affatto una proposta indecente anche perché sono passati 50 anni precisi da quando lo hanno fatto la prima volta nell’indimenticabile film cult “A piedi nudi nel parco”.

Louis con qualche perplessità accetta l’invito e si presenta tutte le sere a casa dell’amabile vedova con una busta di carta con dentro pantofole e pigiama.

Prima di dormire c’è la consueta chiacchierata durante la quale i due vicini scoprono la vita e le abitudini dell’altro, i dolori e le vicende che hanno forgiato i rispettivi caratteri.

Questa è l’età giusta per saper amare forse e nonostante gli impedimenti e le difficoltà, persino la distanza che separerà la coppia ormai inseparabile, Addie e Louis troveranno il modo per restare insieme.

Il film diretto da Ritesh Batra e tratto dall’omonimo romanzo di Kent Haruf, è un viaggio incantevole e commovente durante il quale si rimane increduli e piacevolmente colpiti dall’immutato fascino dei due protagonisti capaci di rendere irresistibile persino una storia ordinaria come questa. 

Ne consiglio la visione su Netflix 

Whitney - Una voce diventata leggenda



 Ascoltare Whitney Houston negli anni ‘80 e vederla danzare ed esibirsi nei suoi video e ai concerti era così inebriante per la leggerezza e la potenza trasmessa dalla sua voce sublime e in grado di spaziare attraverso tre ottave da mezzosoprano a soprano anche grazie alle lezioni apprese dalla mamma anch’essa cantante, furono il suo più grande regalo. Lei che tutto poteva, che aveva fatto innamorare chiunque del suo talento, cercava quell’amore unico e assoluto che forse non ricevette mai nella sua breve esistenza.

La recensione 

Rivedere questa sera in prima visione su Raiuno un film come questo diretto da Kasi Lemmons e con interpreti d’immensa bravura,  a partire dalla giovane Naomi Ackie nei panni di Whitney, al produttore Clive Davis interpretato da Stanley Tucci, alla madre Cissy (Tamara Tunie), la sua amata Robyn (Nafessa Williams), suo padre John (Clarke Peters)e il marito, il cantante Bobby Brown (Ashton Sanders), fa riflettere su quanto sia stato difficile sostenere il peso del suo successo, senza crollare irrimediabilmente. 

Non sapevo della relazione sentimentale di Whitney Houston con Robyn Crawford. A quel legame la cantante aveva dovuto rinunciare un po’ per necessità e un po’ per scelta. Tuttavia la volle come sua assistente.

Tutto ciò che Whitney interpretava, diventava seducente come il canto delle sirene.

È stupendo assistere al primo ascolto dei pezzi che avveniva nello studio del produttore attraverso delle musicassette. Che tempi indimenticabili!

Cosa resterà degli anni ‘80? Un’icona bellissima che è stata e resta la colonna sonora della nostra vita.

Grazie Whitney 🙏


PennadorodiTania CroceDesign byIole