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Ironica, educativa e molto green Emanuela Grimalda al Golden. L'intervista

“Se Dio fosse una donna il mondo sarebbe più divertente o quantomeno con più buonsenso. Un Dio come noi, con qualche chilo di troppo, perché anche lei come l’universo tende ad espandersi, con le rughe, che inciampa nei Buchi neri nella corsa incessante a fare cento cose alla volta sul tacco 12 per giunta! Ubiqua, come solo una donna sa essere. Un Dio insicuro perché una donna anche se è Dio fa fatica a crederci”. Emanuela Grimalda.

L'attrice mi ha rilasciato un'intervista che pubblico prima della replica di domani lunedì 20 gennaio 2020 al Teatro Golden.

L'intervista di Tania Croce

Sarà in scena il 20 gennaio 2020, il tuo monologo intitolato Dio è una signora di mezza età, è uno spettacolo indubbiamente ironico anche sul ruolo della donna oggi? 

E' uno spettacolo dove mi diverto a mettere insieme l'alto e il basso immaginando questo dio donna che crea i pianeti ma che fa anche ottimi tiramisù. Mi diverto a immaginare un mondo spostando il punto di vista. Siamo abituati a pensare che la creazione sia maschile, io dico bé se lì sopra ci fosse una donna quali sarebbero i suoi miracoli, come funzionerebbe il mondo che tipo di dio sarebbe lontano della narrazione che ne abbiamo avuto. Mi servo di questa metafora per parlare degli essere umani non degli dei.

Per gli Indiani d'America, alla base della creazione c'è una dea madre. Il discorso cambia per i Cristiani. Dio padre creò il cielo e la terra, l'uomo e dalla sua costola, la donna. Nel tuo monologo ipotizzi simpaticamente che Dio sia una donna. Perché?

In moltissimi miti della creazione c'è la dea madre, facendo una naturale correlazione tra la procreazione e la grande creazione. Nel corso del tempo le cose sono cambiate. Immaginando un Dio donna dico che non avrebbe fatto l'essere umano dal fango con lo sputo ma l'avrebbe fatto con acqua e farina. 

Se fossi un uomo, quali cambiamenti apporteresti? Non so, sceglieresti una donna come presidente della Repubblica e come papessa?

Gli uomini il potere se lo tengono stretto. Mi diverto a fare il capo supremo in questo spettacolo, lancio il cuore più in alto attraverso la fantasia. E' un invito a vedere il mondo da un altro punto di vista, volgendo lo sguardo là dove non siamo abituati a guardare. L'artista ha il compito di fornire sorridendo (nel mio caso) una visuale diversa e alternativa delle cose.

Se fossi Dio come indurresti l'uomo a salvare il mondo?

Nello spettacolo mi diverto a minacciare l'uomo in questo grande giudizio universale utilizzando un grammelot veneto per rendere questo Dio divertente. Se non abbiamo la paura di un castigo non riusciamo ad avere una consapevolezza. Dico: "Non capite che se avvelenate questa terra ai vostri figli lascerete questa terra avvelenata?) Ci muoviamo senza pensare al domani. E' anche molto green questo spettacolo.

Cosa aggiungere a quanto detto dall'attrice e autrice Emanuela Grimalda.
Non ci resta che andare a immaginare se Dio fosse una signora di mezza età al Teatro Golden!

Patrizia Saccà, tra sport e yoga sulla via del benessere. L'intervista

Patrizia Saccà, campionessa paralimpica e insegnante di yoga e di vita, è la terza autrice di Un Tris di Cuori, il libro edito da Il Rio che ci condurrà attraverso le sue parole, sulla via del benessere.

Intervista di Tania Croce

Tania Croce) Nel cuore risiedono le ansie dell'uomo e l'amore ma il cuore è il motore del nostro corpo e delle nostre azioni. Sei d'accordo?

Patrizia Saccà) Credo che le ansie non arrivino dal cuore ma dalla mente come mi insegna lo yoga. 



Il cuore è sempre quieto se lo si ascolta dal cuore; è sempre la mente che inquina è solo lei che parla e proietta. Ogni volta mi sono mossa con il cuore non ho mai preso un abbaglio. IL CUORE SA SEMPRE, solo che molte volte si ascolta la mente, confondendola con il cuore.
Mooji un grande maestro spirituale ci dice: "sappiate che il vero Cuore e la mente illuminata sono uno, l'amore è il profumo dell'essenza".
Penso che quando ami lo senti perché il tuo cuore vibra di gioia, te ne accorgi quando sei in estasi davanti ad un cielo ricco di nuvole da leggere o un tramonto o l'aurora boreale o negli occhi di un neonato, l'amore è dove non c'è attaccamento, e quando non c'è attaccamento e senti PER DAVVERO le farfalle nella pancia e sei felice senza motivo, sei felice e basta, quello secondo me è l'amore!



Tania Croce) Il vero limite è sopravvivere?

Patrizia Saccà) La sopravvivenza può sembrare terribile se lo fai con tutto ciò che possiedi e non ne sei consapevole e vivi stagnante...
Se invece sei in India e sei in un campo e mangi solo piccole banane, quella sopravvivenza è meravigliosa!
Tutto dipende da dove si è e come si guardano le cose, il mio motto è guardare oltre... quindi sì alla sopravvivenza se devo morire di fame, no alla sopravvivenza se mi cibo come un parassita di vittimismo e vivo stagnante.

Tania Croce) Il destino o fato, è spietato a volte e devastante, però dal dolore si può ripartire per rinascere. Quanto e in che modo la scrittura può essere terapeutica?

Patrizia Saccà) Il dolore è certamente il nemico finché non lo comprendi e accetti, poi diventa il tuo insegnante ed anche la scrittura lo è! Scrivo da quando ero bambina dalla terza elementare, con diario e lucchetto degli anni '70-'80  quaderni a righe, a quadretti, senza righe, moleskine fino al tablet. Vagonate di scritti, adoro scrivere, poi amo il profumo della carta, la scrittura, guardare la grafia... ho scritto per molto tempo anche con la penna stilografica, affinché fosse quasi una meditazione, aiuta ad essere analitici, a leggersi dentro in solitudine e infine a darsi agli altri, per dire si può! 
Ci vuole coraggio a farlo per davvero!
Per me è stato sempre terapeutico, da puerili poesie a racconti, a puro diario giornaliero o dei viaggi che ho fatto. Qualcosa che rimane un po' come la fotografia ma ha un altro sapore. E' arte la scrittura!!!
Che meraviglia!!! ci sono i talenti, gli scrittori che ti incantano, che non smetti di leggere o non vedi l'ora di riaprire quel testo... Quando gareggiavo scrivevo sui match importanti: le mie insicurezze, le strategie usate e non usate, mi è servito tanto, lo insegno anche ai miei allievi. Perché quando poi incontri di nuovo l'avversaria, parti da qualcosa di conosciuto di te e di lei, nel caso di una gara. Insomma scrivere è amore!

Tania Croce) A chi dedichi il vostro libro?

Patrizia Saccà) Il nostro è un libro che parla di vita vera, siamo come una matrioska uno dentro l'altro con forme diverse, per trasmettere la bellezza ed anche raccontarsi senza paure, la paura è il contrario dell'amore il nostro libro vuole essere proprio tre cuori. I miei tre cuori sono il mio amato zio Luigi che per me è stato mio papà, Federico mio giovane amico e Roberto mio meraviglioso ex marito che anche se ex, rimarrà sempre la mia anima gemella... e poi a tutti quelli che come me, guardano oltre il possibile, come noi Tris di Cuori Paolo e Sara

Tania Croce) Ci sono altri progetti che vi vedranno di nuovo insieme, uno spettacolo tratto dal libro?

Patrizia Saccà) Magari, uno spettacolo wow!
Cuoricina-Sara (come la chiamo io) un po' scherzando un po' no,  parlava di un film. Perché no? sì certo... solo se il regista è Almodovar o Özpetek le ho risposto, perché loro parlano di vita vera... e quindi dissi "chiami tu Paolo? "
A parte le battute, abbiamo in mente di farne un audio-libro in modo che possa essere letto da persone cieche o ipovedenti.
Poi, in questi ultimi anni ascoltare i libri è diventato più abituale rispetto ad un tempo, nei lunghi viaggi in macchina, a casa ed anche in una degenza in Ospedale può essere simpatico. Ultimamente piace, Per cui sì, oltre alle presentazioni che abbiamo in giro, ecc. ecc... questo è certamente il prossimo nostro obiettivo. Ho suggerito di leggere ad ognuno di noi la nostra parte, vita vera voce vera...

                                In foto Sara Rubatto, Paolo Fresi, Patrizia Saccà

Cuore, amico cuore. La coautrice di Un Tris di Cuori Sara Rubatto. L'intervista

Oggi con immenso piacere pubblico la seconda intervista dedicata al libro Un Tris di Cuori di Patrizia Saccà, Paolo Fresi e Sara Rubatto che oggi mi ha concesso un'intervista che sarà difficile dimenticare e che desidero condividere per invitarvi a leggere questo libro, a scoprire la storia di questi tre meravigliosi cuori che hanno battuto all'unisono nelle pagine del libro edito da Il Rio.


Intervista di Tania Croce

Tania Croce) Nel cuore risiedono le ansie dell'uomo e l'amore ma il cuore è il motore del nostro corpo e delle nostre azioni. Sei l'autrice femminile accanto a Patrizia Saccà, a raccontarmi la preziosa storia contenuta in questo libro del cuore. Me ne vuoi parlare?

Sara Rubatto) Cuore, amico cuore!
Sono circa 22 anni che lotto con lui per continuare a vivere. Una battaglia che, solo oggi dopo lunghi anni, ho trasformato in una strada di vita a 360°.
Cura verso me stessa, rispetto del mio corpo, delle mie emozioni e dei pensieri e il tutto riportato verso le altre persone che si trovano ad avere un cuore mal-funzionante. 
Sì perché il mio cuore non è più un organo normale come quando avevo 19 anni e oggi GRAZIE ai suoi difetti che mi hanno fatto soffrire ma mi hanno dato anche la possibilità di cambiare interiormente e cambiare lo stile di vita, posso veramente testimoniare che questo organo non è solo un generatore di battiti elettrici ma è la centralina della vita.
Il cuore sa parlare ed in questi anni ho imparato a fermarmi qualche istante dalla frenesia di questo mondo e mettermi in suo ascolto.
Ecco che da nemico che lo consideravo perché mi ha tolto una carriera sportiva, perché mi ha privato di sogni che avevo nel cassetto, ho sentito che era invece un grande alleato; il mio grande alleato.
E la vita è iniziata a cambiare. 
Io sono iniziata a cambiare.
Quel "non aver più paura della paura" che c'è nel nostro cuore ha lasciato spazio al prendermi cura di me stessa e dell'altro senza paura ma con tanta gioia e serenità.
Credo che l'amore sia anche questo.

Tania Croce) Il vero limite è sopravvivere?

Sara Rubatto) Per quanto mi riguarda, il vero limite è la paura.
Sopravvivo quando mi lascio dirigere da quest'emozione capace di soffocarmi.
Quella paura che non mi rende libera di essere quello che sono: in cammino per apprendere, per crescere interiormente, per mettermi in gioco e conoscermi sempre meglio.
Sopravvivo quando non mi ascolto dentro, quando non ascolto questo cuore che parla e mi lancio nella vita seguendo preconcetti e modi di fare che ho imparato nel tempo.
Imparare a "correre più lentamente" per ascoltare quel limite che c'è dentro di me, poiché nulla è mai fuori ma sempre in me, costruito da me stessa e con tutta la consapevolezza che posso avere cercare di fare un passo avanti.

Tania Croce) Il destino o fato, è spietato a volte e devastante, però dal dolore si può ripartire per rinascere. Quanto e in che modo la scrittura può essere terapeutica?

Sara Rubatto) La scrittura è quella terapia, senza effetti collaterali, capace di fare stare meglio dentro e chissà anche di iniziare un lento processo di guarigione. Senz'altro emozionale.
Dalla scrittura ho imparato a mettermi in gioco, a fermarmi, sentirmi, a riflettere, e far riemergere sofferenze e gioie e a lavorarci su.
Scrivere è un farmaco salvavita. 
Dopo l'autobiografia scritta dal titolo Non ancora (il mio ritorno alla vita) e il libro scritto con Patrizia Saccà e Paolo Fresi dal titolo Un Tris di Cuori, tanto dentro di me è cambiato.
Perché come dice sempre: "Cambiare si può... solo se si vuole e se si è pronti".

Tania Croce) A chi dedichi il vostro libro? Ci sono altri progetti che vi vedranno di nuovo insieme, uno spettacolo tratto dal libro?

Sara Rubatto) Dedico Un Tris di Cuori a mio fratello Lorenzo con tanto affetto come gratitudine infinita per Esserci sempre nella mia vita.
Di altri progetti chissà...

In foto Paolo Fresi, Patrizia Saccà e Sara Rubatto

Il racconto del cuore di Paolo Fresi. L'intervista

Al Circolo dei lettori di Torino, il 19 dicembre 2019, è stato presentato Un Tris di Cuori, un diario in cui sono contenute tre storie, tre destini da conoscere, comprendere e amare.
Parlai con Paolo al telefono e mi colpì la sua sensibilità, il suo amore per la vita, la letteratura e le parole, il suo coraggio.
La voglia di raccontarsi ha dato luogo a questo libro. Ne vorrei parlare con Paolo Fresi che ci ha rilasciato un'interessante intervista, attraverso la quale viaggeremo dentro il libro edito da Il Rio.

Intervista di Tania Croce

Tania Croce) Nel cuore risiedono le ansie dell'uomo e l'amore ma il cuore è il motore del nostro corpo e delle nostre azioni. Il libro a tre voci nel quale s'insinua la tua, l'unica maschile, accanto a quelle da usignolo di Sara Rubatto e Patrizia Saccà, è il tuo canto del cigno. Me ne vuoi parlare?

Paolo Fresi) Ho sempre pensato che la vera disabilità sia non aver cuore e non avere empatia... perché puoi avere tutto ma se non sai amare non sei niente! 
La mia visione maschile è stata contemperata da quella femminile di Patrizia e Sara votata all’ascolto... il cuore in fondo è la sede fisica delle emozioni e dei sentimenti... il mio è stato messo a dura a prova ma ha capito che ciascuno di noi ha uno scopo... un servizio in cui cimentarsi in questa vita... e raccontare come reagire non significa indurirsi... più ti apri alla vita... più essa ricambia!

Tania Croce) Il vero limite è sopravvivere?

Paolo Fresi) Il vero limite è non vivere appieno il senso di se, è rinunciare a cercarlo... la vita ci chiede questo 

Tania Croce) Il destino o fato, è spietato a volte e devastante, però dal dolore si può ripartire per rinascere. Quanto e in che modo la scrittura può essere terapeutica?

Paolo Fresi) Il fato... quella quota imponderabile rispetto alle nostre azioni, può essere cinica e devastante ma raccontare e testimoniare è essenziale per se e per gli altri... sfoghi la parte interiore e fai immedesimare chi soffre nel tuo e nel suo dolore e puoi aiutare a far trovare una nuova via per continuare 

Tania Croce) A chi dedichi il vostro libro? Ci sono altri progetti che vi vedranno di nuovo insieme, uno spettacolo tratto dal libro oppure?

Paolo Fresi) Dedico il mio libro a tutti gli amici... il taglio sociale di tutte le nostre iniziative è preminente e siamo aperti a nuove prospettive... certamente!
                                             
                                        In foto Sara Rubatto, Patrizia Saccà e Paolo Fresi

30 giorni da Leone, ricordando Sergio con Maurizio Graziosi. L'intervista

30 giorni da Leone, ricordando Sergio è un titolo semplice eppure seducente nel segno del ricordo, un vero e proprio omaggio al regista e all'uomo che nacque il 3 gennaio di 91 anni fa e che ci ha lasciato da 30 anni: il regista e autore Sergio Leone
Il regista Rai Maurizio Graziosi, è tra coloro che hanno voluto fortemente questa mostra, in cui Roma lo ricorda con l'affetto e la riconoscenza che merita. 
Lo abbiamo incontrato per saperne di più sul cuore e l'anima di questo progetto senza tempo. 

L'intervista di Tania Croce

Tania Croce) Il cinema italiano e mondiale, devono tanto al regista ispirato e innamorato del west e della sua città a cui è dedicata la mostra in cui ricorre il numero 30, come la durata della mostra, come gli anni senza di lui. Come è nata l'idea di realizzare una mostra tanto bella e perché

Maurizio Graziosi) Per l'amore platonicamente "omosessuale" per Leone. Scherzi a parte, per l'enorme ammirazione nei confronti di questo grande regista anzi, autore cinematografico. Con un rammarico: non aver potuto realizzare il backstage di "l'assedio di Leningrado", l'opera incompiuta di Leone, per il quale mi aveva dato l'autorizzazione. Mi dispiace solo di non essere in possesso delle finanze per poter realizzare una mostra commisurata alla grandezza di Leone 

Tania Croce) Lo hai conosciuto personalmente? 

Maurizio Graziosi) Personalmente per telefono nel 1987. Personalmente "de visu" soltanto a dicembre del 1988, quando presenziò ad un incontro presso la Discoteca di Stato in Via Caetani, incontro con Ennio Morricone e Sergio Miceli sulla musica del Maestro Morricone, con presentazione in anteprima delle musiche per "Il segreto del Sahara"

Tania Croce) Quale ricordo hai di lui? 

Maurizio Graziosi) Un uomo apparentemente burbero ma molto buono, un professionista esemplare, preparatissimo (con tanta gavetta formativa alle spalle) che non amava i dilettanti, uno attento ai particolari, un perfezionista fino alla paranoia, un Maestro che ha lasciato un vuoto incolmabile. 

Tania Croce) Qual è il messaggio di 30 giorni da Leone, ricordando Sergio

Maurizio Graziosi) Non dimenticarsi di chi ha lasciato un segno nella storia del cinema, da vero Leone, da vero e proprio Re della foresta di celluloide. 

La mostra sarà visitabile fino al 5 gennaio.

Sergio Leone “da mangiare” è l'appuntamento del 4 e 5 gennaio 2020, un originale percorso enogastronomico nel segno degli Spaghetti Western a chiusura dell’iniziativa 30 giorni da Leone, ricordando Sergio “Città dell’Altra Economia - Sala Convegni”
Dopo la “video-maratona” di 16 ore di filmati di Sergio Leone, il quale il 3 gennaio avrebbe compiuto 91 anni, le iniziative in ricordo del regista proseguono a Roma con due appuntamenti che ne faranno scoprire un inedito lato “enogastronomico”, con cene e degustazioni di piatti della tradizione italiana - e non solo - da lui amati, insieme a ricette divenute vere e proprie protagoniste dei suoi film. Il tutto accompagnato da racconti e aneddoti narrati da colleghi e compagni d’avventura del grande regista romano.
I due appuntamenti che chiudono la mostra “30 giorni da Leone, ricordando Sergio” si svolgeranno il 4 e 5 gennaio 2020 con “Un pranzo da Leone” presso il ristorante “Checco er carettiere” (Via Benedetta 10-13 - Trastevere), dove andava a mangiare Sergio Leone, accompagnati dagli aneddoti raccontati dalle proprietarie; “Una cena da Leone” presso “La botticella” Via di Monte Testaccio 25, dove si cenerà con proiezione di tre filmati su Sergio Leone, inframezzati da canzoni romane che amava ascoltare il grande regista romano; “Spaghettata western”, presso il Bar “Boario” adiacente alla mostra su Sergio Leone presso la Sala Convegni della “Città dell’Altra Economia” (ex Mattatoio di Testaccio, Largo Dino Frisullo).

Ufficio Stampa a cura di Marta Volterra

Branchetti propone Un grande grido d'amore di J. Balasko. L'intervista

Un grande grido d’amore di Josiane Balasko (traduzione David Norisco) con Barbara De Rossi e Francesco Branchetti e con Isabella Giannone e Simone Lambertini, le musiche originali di Pino Cangialosi, le scene di Alessandra Ricci la regia di Francesco Branchetti, è un'opera che ha l'urgenza di essere illustrata e l'intervista concessami da Francesco, è necessaria. 

L’intervista di Tania Croce

Tania Croce) I protagonisti interpretano due ruoli di cui hanno fatto esperienza nella vita: quello di attore e di coniuge. Sembra scontato ma entrare nella parte di cui si conoscono le caratteristiche può aiutare l’attore ad essere credibile in scena. Josiane Balasko, l’autrice e attrice apprezzata in diversi adattamenti teatrali come Notte di Follia al Parioli con Anna Galiena e Corrado Tedeschi e nel film Il Riccio, tratto dal romanzo L’eleganza del riccio di Muriel Barbery, in Un grande grido d’amore concepisce un’opera illuminante dove l’interiorità dei personaggi irrompe sulla scena per comunicare il non detto e dove le azioni contano più delle parole? 

Francesco Branchetti) Verissimo… UN GRANDE GRIDO D’AMORE è una straordinaria pièce che davvero riconcilia con il teatro, comico ma non solo. E’ indubbiamente una comicità che nasce dalla costruzione perfetta dei caratteri dei nostri protagonisti e dalla ricostruzione altrettanto impeccabile del mondo di cui fanno parte ma sempre lontana da ogni forma di superficialità e di cliché. 
Il messaggio implicito è, sempre e comunque, che finché si riesce a ridere della propria paralisi comportamentale e sociale, c’è speranza. 

Tania Croce) Parlami del personaggio che interpreti... 

Francesco Branchetti) Il mio personaggio Hugo Martial è un attore ed è un personaggio estremamente divertente che sicuramente farà molto divertire il pubblico si tratta di un attore dalla carriera in fase calante che ritrova sulla scena una sua vecchia fiamma che è stata la donna della sua vita anche lei attrice dalla vita burrascosa e il rapporto tra i due è scenicamente denso di gag ed infiniti momenti di divertimento puro per il pubblico, per cui davvero mi diverto molto ad interpretare il personaggio di Hugo Martial anche perché rappresenta in tutto e per tutto anche nei difetti e tic la figura dell'attore e del commediante. 

Tania Croce) Perché hai scelto la commedia della Balasko? 

Francesco Branchetti) Ho scelto questa commedia perché L’estro e la genialità drammaturgica dell’autrice, in questo testo, ha caratteristiche molto precise drammaturgicamente parlando e il testo non ha solo l’ambizione di “seguire”, teatralmente parlando, i suoi personaggi, la loro costruzione e la loro strada, ma a poco a poco, senza quasi darlo a vedere, dall’ atmosfera da commedia, che vive sulla perfezione dei meccanismi e su un dialogo sfavillante e teatralmente perfetto, si passa a qualcosa di molto profondo che ci regala anche momenti di grande poesia e umanità; I personaggi caratterizzati in maniera straordinaria, non sono solo pedine dell’azione scenica, ma si trasformano in personaggi identificabili e riconoscibili di un ambiente, come quello del teatro e dello spettacolo, colti nei tic, nelle frustrazioni e nelle ambizioni spesso sbagliate o comunque bizzarre della loro esistenza. 

Tania Croce) Il teatro è? 

Francesco Branchetti) Quel magico mondo in cui si ha la straordinaria possibilità d'indagare l'animo umano e le tortuose relazioni che abbiamo con noi stessi e poi con gli altri; ansie, paure, malesseri, malinconie, dolori, solitudini. Il tutto protetti dal mondo del palcoscenico e in questo caso della comicità che ci libera forse dalla paura delle conseguenze della nostra avventurosa ricerca. Un viaggio dentro noi stessi e nei cuori di chi ci guarda. 

Ecco le date dello spettacolo in continuo aggiornamento

TOUR


Venerdì 10 gennaio - TREJA (MC)Sabato 11 gennaio  - VASTO (CH)
Da Martedì 21 a domenica 26 Gennaio - TEATRO SAN BABILA MILANO
Sabato 8 e Domenica 9 Febbraio -TEATRO CARDINAL MASSAIA TORINO
Mercoledì 12 Febbraio - GALATONE (LE)Venerdì  14 Febbraio - LIMBIATE (MI)
Sabato  15 Febbraio - OSOPPO  (UD)
Venerdì 28 Febbraio - MOGLIANO (MC)Sabato  29 Febbraio e Domenica  1 Marzo -  TEATRO DEL CESTELLO FIRENZE
Venerdì 6 Marzo - MACERATA FELTRIA (PU)
Sabato  7 Marzo - SAN MARCO IN LAMIS (FG)Domenica  8  Marzo - TEATRO CAESAR SAN VITO ROMANO (RM)
Venerdì  20 Marzo - TEATRO PALAPARTENOPE NAPOLIVenerdì 26 e Sabato  27 Marzo - OPERA (MI)
Venerdì  3 Aprile - BORGIO VEREZZI (SV)
Sabato  4 Aprile - CICAGNA (GE)Venerdì  17 Aprile - GORGONZOLA (MI)Sabato  18 Aprile - SANTENA (TO)
Domenica 10 e Lunedì  11 Maggio - TEATRO DEL LOTO FERRAZZANO (CB)Sabato  16 Maggio - RONCIGLIONE (VT)

La bellezza del fare teatro per Francesco Giuffrè. L'intervista

Mi ha colpito l’abilità nelle regie di Francesco Giuffrè, di coniugare testo e immagine, con il sorprendente risultato di proiettare letteralmente gli animi dei personaggi descritti dagli autori rappresentati, sottolineandone le verità e l’attualità, come ho apprezzato al Ghione prima ne Le notti bianche di Dostoevskij poi in Così è (se vi pare) di Pirandello, in scena fino all’8 dicembre 2019 al Teatro Ghione di Roma.
Quest'intervista mi ha illuminato. V'invito a leggerla e a emozionarvi

Tania Croce) Fedele al testo e alla filosofia pirandelliana, hai mostrato la fragilità dei personaggi vinti dalle umani passioni. Me ne vuoi parlare?

Francesco Giuffrè) Quando mi è stato proposto dalla Produzione del Teatro Ghione di affrontare Pirandello, ho letto e riletto quasi tutti i più importanti copioni dell’autore siciliano. Fra tutti “Così è se vi pare”, che conoscevo e avevo visto in scena qualche anno fa, mi ha suscitato le sensazioni che ho bisogno per innamorarmi di un testo e cioè quello di poter raccontare, oltre le parole, i fili narrativi. Sono partito da un’immagine, come spesso mi accade: una casa immobile nel tempo con il lampadario bloccato in oscillazione. Volevo così rappresentare lo stato delle cose, dove ci troviamo in questo momento storico e cioè in un Paese “immobile”, culturalmente, artisticamente, umanamente. Non credo siamo in un Paese in crisi, perché una crisi prevede un adoperarsi per superarla, mi sembra invece che si stia sopravvivendo senza fare assolutamente nulla per migliorarsi. Una preoccupante staticità insomma. In questo contesto ho voluto far vivere l’azione scenica. Personaggi impregnati di una cattiveria subdola, cinica ed egoistica il cui unico motore per attivarsi è l’indagine delle vite altrui, per non dover guardare il proprio fallimento. Pirandello poi ha fatto il resto, avendo scritto un meccanismo narrativo accattivante e pieno di una filosofia sempre attuale e viva.

Tania Croce) Come Shakespeare ed Eduardo, Pirandello ebbe il pregio di raccontare l’uomo con pregi e difetti in modo chiaro e poetico, per cui scrisse opere senza tempo. Quanto ci somigliano i suoi personaggi e perché hanno calamitato la tua attenzione il signor Ponza e la signora Frola? 

Francesco Giuffrè) I grandi autori hanno il dono di raccontare non solo il proprio tempo, ma di saper cogliere le tematiche universali che sono legate all’animo umano e per questo, quindi, sempre attuali. Pirandello è uno di questi. Le sue tematiche sono da oltre cento anni di un’attualità sconvolgente. I suoi personaggi sono fragili, grotteschi e incredibilmente sempre veri. Uno specchio di una società non solo nella quale è vissuto Pirandello, ma quanto mai ancora attuale. Rileggendo "Così è se vi pare” questa volta poi mi è arrivato chiaro come i due personaggi che muovono l’azione, Il Signor Ponza e la Signora Frola, sono due immigrati a tutti gli effetti. Persone che devono lasciare il proprio paese d’origine a causa di una tragedia e ricominciare la propria vita in un altro posto. Il loro modo di vivere però, non consono e incomprensibile per la comunità, farà si che siano additati e messi al centro di un processo delle loro vite. La società ha il bisogno feroce di capire, perché ciò che non si comprende fa paura e quindi ecco che violenterà l’intimità dei due personaggi pur di arrivare ad una effimera verità. Un tema purtroppo terribilmente ancora attuale.

Tania Croce) Pensi sia un’operazione necessaria oggi considerare il teatro come il luogo privilegiato e ideale per ‘educare’ il pubblico e sensibilizzarlo verso autori così idealizzati ed elevati eppure vicini ad ognuno di noi? 

Francesco Giuffrè) Quello di ascoltare e di raccontare è un desiderio atavico che nasce con l’uomo. Credo che il teatro sia il luogo perfetto per farlo. Perché, a differenza del cinema, c’è lo scambio tra chi racconta e chi ascolta. Una sinergia imprescindibile per far arrivare con forza la potenza del racconto. Il teatro, se ci si pensa, è il solo “luogo” che non è mai cambiato in moltissimi anni, anche ora che tutto si evolve e cambia ad una velocità incredibile. In teatro si usano ancora le corde, i teli, il legno: materiali antichi e tutto funziona perfettamente. Non ha dunque avuto bisogno di modificarsi e di evolvere e non evolve solo chi è perfetto, dunque credo sinceramente che il teatro sia il luogo perfetto dove far proliferare le emozioni, ed è fondamentale portare il pubblico di domani, i ragazzi a teatro e fargli conoscere la bellezza che può crearsi su un palcoscenico. Quando vengono le scuole ad assistere ai miei spettacoli, avverto una grande responsabilità perché bisogna conquistare i giovani ragazzi, per poter sperare che il teatro un domani possa continuare ad essere luogo vivo ed educativo alla vita.

Tania Croce) Cosa vorresti dire ai giovani? 

Francesco Giuffrè) Ai giovani posso solo dire di trovare la loro passione. Solo coltivando una passione con serietà e onestà credo si possa trovare il proprio equilibrio e la propria identità. A me il teatro ha salvato, non avrei saputo cos’altro fare, ma non deve per forza essere il teatro, basta che ci si educhi al rispetto di sé stessi attraverso la bellezza del “fare”. Come diceva Dostoevskij ne “L’Idiota”, “La bellezza salverà il mondo". Credo che sia assolutamente così, bisogna trovare e coltivare ognuno di noi la propria “bellezza”, non omologarci, cercare la propria eccezionalità per essere poi di conseguenza aperti verso quella degli altri.

di Tania Croce


Romano Talevi, un cantante mistico e visionario in Tangenziale. L'intervista

L’attore, autore e regista Romano Talevi, noto al grande pubblico per il personaggio dello scienziato pazzo alla trasmissione condotta da Paolo Bonolis Avanti un altro, torna a teatro con “Tangenziale” uno spettacolo rock, pop, lirico, filosofico, di cui ci parlerà nell’intervista che ci ha gentilmente concesso. 


Tania Croce) “L’essenziale è invisibile agli occhi” come scrisse Exupery ne Il Piccolo Principe ma il saggio cieco nel tuo spettacolo, vede cose ben oltre il visibile. Raccontami le sue visioni e le tue. 

Romano Talevi) Ti riferisci a Krapp, il musicista cieco dell’Opera. La sua è una cecità “che accende i sogni”, come lui stesso definisce la sua malformazione, che in questo caso assume un valore mistico direi, perché lui possiede un dono: riesce a leggere nel cuore della gente. L’accostamento a Tiresia, personaggio del mito greco, sorge quasi spontanea, ma Krapp non predice il futuro, guarda dentro le anime del mondo, della città che lo circonda, dell’universo stesso forse, lui vive ormai oltre le cose e oltre lui. Viene da lontano, da un tempo remoto e ciò che vede, le sue visioni, riguardano mondi interiori, antichi come l’Umanità stessa. Raccontarle? Non è certo facile, nemmeno per lui, allora le canta. Canta di un mondo ormai allo sbando, di borderline, di assassini dal grande cuore, di anime perse nell’ignoto profondo dell’esistenza umana, canta di amore, di odio, di valori ormai persi, di conflitti generazionali. Canta della speranza, di ognuno di noi e forse anche di come noi potremmo vedere le cose, se dessimo luce ai nostri occhi. Le sue visioni sono la poesia dell’Universo, per questo ama Shakespeare, come me. 

Tania Croce) Sei convinto che il teatro sia il luogo fisico e mentale dove la catarsi sia realmente necessaria oggi? 

Romano Talevi) Assolutamente sì, ed oggi più che mai a mio avviso. Il teatro è sempre stato un luogo di aggregazione e di convivenza. Nei riti sciamanici tutta la comunità partecipava. Nel rappresentare la natura la si esorcizzava, si imparava a conoscerla. Nel teatro greco tutta la città partecipava alle rappresentazioni, si raccontava del mito, dell’uomo, e attraverso di esso il popolo si purificava, era aperto alla conoscenza delle cose del Cielo e della Terra. Catarsi, significa anche liberarsi di eventi traumatizzanti, purificare la propria anima da contaminazioni interiori, e nel processo teatrale questo avviene . L’Attore diventa il tramite tra l’Uomo e gli Dei, diviene custode del passaggio tra la realtà e sogno, diventando rappresentazione del mondo. Se una tempesta solare spazzasse via tutta la nostra tecnologia in un sol colpo, l’unica azione che rimarrebbe vitale sarebbe quella del Teatro, perché attraverso la sua funzione potremmo celebrare il rito purificatorio necessario alla nostra sopravvivenza. In un tempo in cui tutto si connette sui social, il teatro diventa luogo di comunicazione, corporea e spirituale, mentale e fisica. Ciò che ci sembra irrazionale diventa razionale e viceversa. Compenetrarsi nella Natura, come dice Diderot, nella natura delle cose, per purificare la nostra anima e rigenerare la nostra vita, con nuovi stimoli, che si possano toccare e sentire, viverli in presa diretta, per cosi dire, senza modificarli come si fa con il tok tok. Ormai andare a teatro o farlo, è diventato un atto rivoluzionario e allora viva la rivoluzione, catarsi pacifica, necessaria, per avvicinarsi a comprendere ciò che ci circonda. 


Tania Croce) Cosa vorresti dire ai giovani? 

Romano Talevi) Vorrei dire loro, appunto, di non perdere di vista ciò che li circonda, vorrei dire loro di vivere fino in fondo la propria vita. Loro vivranno un mondo nuovo, dove la tecnologia la farà da padrona, dove tutto sarà virtuale, dove tutto corre alla velocità della luce. Dove si ipotizzano viaggi interstellari e si cercano nuovi pianeti da abitare perché questo nostro piccolo pianeta ormai è allo stremo. Non avranno la fortuna che abbiamo avuto noi “adulti” di poter inseguire i nostri sogni, per loro sarà molto più difficile, purtroppo non abbiamo lasciato loro una bella eredità, e toccherà ai giovani rimediare ai nostri errori. Sogneranno in maniera diversa dalla nostra, magari con una maggiore lungimiranza, ho fiducia in loro. Voglio dire loro che non bisogna mollare mai, ma lottare per i propri valori in armonia con la natura delle cose e avere sempre speranza e fiducia nelle proprie azioni. Ragionare più con la testa che con la pancia, cosa che purtroppo noi “adulti” ormai abbiamo perso, la nostra ingordigia è diventata immensa e divora tutto, un po’ come il nulla della “Storia Infinita”. Prima di tutto vorrei chiedere loro scusa. 

Tania Croce) C’è un momento in cui si sente la necessità di fare e mostrare certe verità? 

Romano Talevi) Sì, certamente. Credo sia necessario. Soprattutto di questi tempi, in cui le verità si possono facilmente manipolare. Può farlo chiunque, millenni di storia si possano tranquillamente cancellare con un click. Si possono negare fatti storici che hanno cambiato la nostra esistenza. Questo mi spaventa. I “poteri occulti”. Un potere invisibile che indirizza le masse verso una globalizzazione piatta in cui tutto apparentemente è bellissimo ma poi sotto sotto la verità è un’altra. Il teatro è sicuramente un grande veicolo di fruizione della verità, può esserlo, deve esserlo! Un luogo in cui le verità si possano avvertire sulla propria pelle, verità magari anche scomode ma necessarie. La verità è onesta. 

Tania Croce) Torni al teatro Lo Spazio, che amai definire, Lo spazio delle emozioni, per dedicare questo spettacolo a chi in particolar modo? 

Romano Talevi) Lo dedico a tutti! A tutti quelli che verranno e a tutti quelli che non verranno. Tanti già ci hanno sostenuto, tanti torneranno. Lo dedico a chi vorrà condividere le nostre emozioni in una bella serata di teatro, con tanta musica dal vivo, un po’ di storie da raccontare e della buona poesia nelle parole dei sonetti di Shakespeare. Lo dedico ai miei compagni di viaggio. 

Trascrivo quest'intervista commossa ed emozionata, invitando tutti indistintamente a scoprire al Teatro Lo Spazio dal 26 novembre 2019, uno spettacolo mistico e necessario come Tangenziale, diretto e interpretato dallo straordinario attore che abbiamo incontrato oggi!

di Tania Croce

http://teatrolospazio.it/spettacolo/tangenziale/

Eugenio Tassitano e la musica oggi. L'intervista

Ogni volta che vedo un film oppure uno spettacolo teatrale, sono sedotta dalla musica, dalla colonna sonora. Ricordo il meraviglioso spettacolo di Fabio Frizzi al Golden nel quale ha ripercorso i temi scritti con Tempera e altri colleghi come per esempio quello per Febbre da cavallo o per Fantozzi. Ho una curiosità immensa verso questo argomento e ho la fortuna di poter intervistare il musicista e compositore Eugenio Tassitano, il quale mi ha incantato a teatro con le sue musiche meravigliose.
V'invito a leggere l'intervista che mi ha gentilmente concesso, per emozionarvi come è accaduto a me mentre leggevo le sue risposte!

Tania Croce) La musica valorizza e rende riconoscibili i film, decretando in alcuni casi il loro successo, un esempio fra tutti può essere Ennio Morricone nei film di Sergio Leone e non solo. Le colonne sonore diventano una sorta di preghiera in grado di riconciliarci con le nostre inquietudini. Ne ho tante a cuore e vorrei chiederti per un musicista italiano e compositore oggi, cosa è cambiato e quanto l’aspetto musicale debba rispecchiare i nostri tempi? 

Eugenio Tassitano) Certamente il sodalizio Morricone-Leone è un modello che ha dato vita a momenti filmico-musicali straordinari. In questi casi la colonna sonora assolve la sua funzione più alta, ovvero entrare nella psicologia dei personaggi creando nel pubblico un processo di identificazione ed empatia. Visto che parli di "preghiera" musicale, penso all'arrivo alla stazione di Jill (Claudia Cardinale), in "C'era una volta il West". Quando Jill guarda l'orologio della stazione tutti i rumori di ambiente si placano e subentra la musica di Morricone; in quel momento siamo nella mente di Jill e la musica, grazie anche all'indimenticabile voce di Edda Dell'Orso, esprime la sua delusione (perché nessuno è venuto ad accoglierla) e il timore che i suoi sogni possano infrangersi. Ma poi Leone, proseguendo a filmare senza stacchi, fa salire la macchina da presa verso l'orizzonte mentre la musica di Morricone illumina la scena con un'abbagliante melodia dei violini: ci vogliono comunicare che c'è sempre una speranza. Per me questo è grande cinema, trasmettere messaggi e sensazioni al pubblico grazie alla sola forza della musica e delle immagini.
Su cosa è cambiato per noi compositori posso dirti che oggi c'è una concorrenza spietata perché grazie alle nuove tecnologie è più facile fare musica o trovarla sul web. Di conseguenza il compositore di oggi deve essere molto competente, deve dimostrare di avere qualcosa di unico e originale da proporre, altrimenti i registi preferiranno rivolgersi ad altri oppure sceglieranno di usare soltanto brani di repertorio. 
La musica di un compositore deve rispecchiare i tempi in cui vive e deve colpire il cuore dello spettatore. Oggi la gente ha poco tempo per l'ascolto, per questo motivo cerco sempre di realizzare un brano emotivamente intenso. Naturalmente questo non significa fare musica troppo semplice. Ci sono musiche tecnicamente complesse che sono diventate molto popolari (penso ad esempio alla musica dei titoli di testa di "Psycho", usata persino come sigla di trasmissioni tv). 

Tania Croce) Hai composto diverse colonne sonore oltre alle musiche di moltissimi spettacoli teatrali per cui hai ricevuto preziosi riconoscimenti. Me ne vuoi parlare? 

Eugenio Tassitano) Una delle mie poche certezze è che non si compone per ottenere un riconoscimento, ma per un'esigenza interiore. La scrittura musicale è un modo per liberare le nostre emozioni. Detto ciò, il riconoscimento per me è stato fondamentale per acquisire fiducia in me stesso e in quello che faccio. Le soddisfazioni più inattese accadono quando persone sconosciute si complimentano con me o quando un attore mi dice che la mia musica ha aiutato la sua performance. Infine, quando sono chiamato di nuovo da un regista o da un produttore per un progetto futuro, in quel momento ho la certezza che la mia musica è stata veramente apprezzata. Recentemente ho realizzato le musiche aggiunte per il film "The Poison Rose" (regia di F. Cinquemani, G. Gallo e L. Giliberto) che ha vinto il premio per la miglior regia al Terra di Siena Film Festival. Ne sono stato molto felice perché quando si premiano i registi vuol dire che hanno saputo trarre il meglio dai loro collaboratori. 

Tania Croce) Quando scrivi o meglio componi, hai bisogno di eclissarti oppure? 

Eugenio Tassitano) La composizione è un'attività che richiede enorme concentrazione, quindi non può che essere un lavoro solitario. I tempi di realizzazione delle musiche per un film o per uno spettacolo teatrale di solito sono molto stretti, perciò non ci possono essere distrazioni, bisogna essere veloci e quasi infallibili, perché potrebbe mancare il tempo per sostituire un brano se non funziona. 

Tania Croce) A chi t’ispiri? 

Eugenio Tassitano) Tutto ciò che ascolto è una fonte di ispirazione e ascolto veramente tutto, principalmente i grandi compositori classici e contemporanei e i grandi autori di colonne sonore, sono cresciuto con i grandi del rock e della musica elettronica, adoro la musica etnica di tutti i paesi, ascolto persino un po' della tanto criticata "trap", insomma sono troppo curioso per trascurare qualcosa. Un compositore di musica applicata al teatro e al cinema non deve avere alcun pregiudizio e deve essere molto versatile perché potrebbero commissionargli qualsiasi tipo di musica. 

Tania Croce) Pensi sia indispensabile studiare oppure il talento viaggia su di un binario differente rispetto alla preparazione culturale? 

Eugenio Tassitano) Il talento è una condizione necessaria ma non sufficiente. I compositori devono anche essere persone capaci di amare, altrimenti scriverebbero una musica fredda e incolore. Partendo dal talento e dai sentimenti, il compositore, come tutti i professionisti, deve studiare e aggiornarsi. Nel campo della musica applicata poi non ci si può improvvisare, bisogna acquisire delle conoscenze specifiche come la grammatica filmica, le tecniche compositive e come applicarle alla drammaturgia e alle immagini. Insomma, se si vogliono raggiungere risultati di alto livello servono anni di studio con insegnanti preparati, insegnanti che lavorano regolarmente nel cinema e nel teatro, ed esperienze formative sul campo. Volendo fare due esempi importanti, Nino Rota e John Williams non hanno certo scritto i loro capolavori per caso, al contrario, hanno scritto musica immortale grazie ad anni di studio che hanno messo al servizio del loro talento e della loro intelligenza emotiva.

Vorrei riportare il messaggio ricevuto da Eugenio alla fine dell'intervista:
"Ti ringrazio per queste domande così stimolanti, mi ha fatto molto piacere parlare con te. Un caro saluto a tutti i lettori di Pennadoro!"

di Tania Croce

Viola Graziosi è Chris ne L'Esorcista. L'intervista

Dopo il debutto al Teatro Nuovo di Milano, giunge al Teatro Olimpico di Roma uno spettacolo complesso e seducente come l’Esorcista, nella versione teatrale italiana diretta da Alberto Ferrari, ispirata all’omonimo film del 1973 adattato da William Friedkin, dal libro di William Peter Blatty. L'attrice e doppiatrice Viola Graziosi interpreta un ruolo emblematico e forte come quello di Chris MacNeil attrice, donna in carriera, mamma, divorziata, atea che vive tutto ciò negli anni ’70. Ce ne parla Viola in quest’intervista.

Tania Croce) Chris è un personaggio chiave nella vicenda narrata da Blatty e resa famosa dall’omonimo film di William Friedkin. Hai provato inquietudine quando ti è stata assegnata la parte e se sì, quanto è forte e gestibile l’emotività quando sali sul palcoscenico?

Viola Graziosi) Alberto Ferrari mi ha proposto questo ruolo quasi un anno fa, quando stavo debuttando a Milano con uno spettacolo molto bello ma difficile, adatto a un pubblico scelto. Mi ha detto di voler portare in teatro L’ESORCISTA e farne uno spettacolo pop, adatto a tutti, con “effetti speciali” ma soprattutto con bravi attori in grado di rendere credibile la vicenda. Cosa non semplice! Aveva subito pensato a me per il personaggio di Chris, affidandomi una grande responsabilità, perché come dici giustamente è il personaggio chiave della storia ed è il tramite diretto con gli spettatori. La sua proposta mi ha ovviamente lusingato, molto entusiasmato e anche un po’ spaventato. Chris è una diva, attrice in carriera, mamma amorevole, appena divorziata, atea… che si trova faccia a faccia con la Paura, la paura in senso assoluto, l’inquietudine massima: una figlia ammalata, che non riesce a salvare e che sta morendo, un demone che si manifesta attraverso il corpo e le movenze di sua figlia, commette dei crimini orribili e l’accusa, la mette alla prova, le fa violenza. A livello emotivo è impegnativo. Ma devo dire che il personaggio è scritto molto bene nell’adattamento teatrale di John Pielmeier e forse è indagato di più di quanto non lo fosse nel film. Non sono molti i personaggi femminili così belli e complessi. Chris è costretta a mettere a nudo la sua anima e a fare i conti con lo sconosciuto, e con i suoi limiti. Una sorta di “essere o non essere” al contrario, infatti abbiamo lavorato il personaggio come se fosse Amleto, un Amleto al femminile che si trova davanti allo “spettro”. In quello spettro del “demone” ci sono le paure di tutti noi, quelle più recondite e segrete. Ho dovuto andare a toccare le mie di paure, con la certezza che il teatro è un luogo salvifico, in grado di proteggere e sublimare, e che quindi era l’occasione per me, come spero per il pubblico, di esorcizzarle. 

Tania Croce) Si tratta di un horror con una forte componente psicologica. In quale dimensione ti collochi rispetto al ruolo interpretato?

Viola Graziosi) Confesso che non sono un’amante del genere e non credo nelle energie “nere”. E comunque non mi interessano. Ho scoperto presto, fortunatamente, che Chris è un personaggio di luce, è una donna coraggiosa che scende negli abissi per risalirne più forte. Lei è costretta a fare i conti con la propria fragilità e la propria impotenza. È atea, non crede, eppure fa l’esperienza di fede più grande, grazie all’Amore per sua figlia. Lei non dubita mai, ed è pronta a tutto pur di salvarla. Lì il “demone” non può insediarsi e mettere radici. Il diavolo si annida nel dubbio, nella divisione tra il bene e il male. Quando Chris capisce che l’unica speranza è praticare un esorcismo non solo va a cercare un prete, ma si trova a doverlo convincere perché lui, invece, è in crisi e ha perso la fede. Chiaramente la componente psicologica è molto alta ed è quella che mi ha fatto da guida. Il teatro a differenza del film, non mette in scena il “vero” ma il “verosimile”. Chris non è un’intellettuale, mette in atto l’istinto materno allo stato puro. L’istinto di sopravvivenza. L’istinto vitale. In questo lo trovo un personaggio molto positivo. 

Tania Croce) Cosa porterai con te di Chris?

Viola Graziosi) “Non importa cosa credo io. Importa cosa credi tu, e quella cosa dentro di lei.” - dice Chris. Le cose non sono “vere” o “false” in sé. Esistono se ci crediamo. “Lì dove poni la tua attenzione c’è vita”, non ricordo più di chi sia questa frase ma è per me fondamentale, ed è qualcosa che metto in pratica tutti i giorni. Anche scegliendo dove mettere la mia attenzione e dove no, per quanto mi è possibile. Ci si nutre di questo. Il pensiero va nutrito, tanto quanto il corpo e l’anima. La nostra forza e il nostro potere sono grandissimi, e anche i nostri limiti lo sono. E non per questo sono negativi. 
Chris riesce a superare se stessa imparando a chiedere aiuto e a fare i conti con i suoi limiti. È una donna che ha un coraggio grandissimo proprio per questo. Non è un’eroina. Non sarà lei a “salvare sua figlia”, lo farà fare a chi può. Porterò con me questo. Il femminile che è “liquido”, è ancora una volta in grado di trasformarsi e adattarsi alle forme, anche alle più “diaboliche”, a differenza del pensiero rigido maschile. Questo riguarda anche altri personaggi femminili che sto portando in scena e che mi stanno insegnando tanto. Mi riferisco proprio alla “Trilogia del Femminile” che porto in giro quest’inverno con la regia di Graziano Piazza: Aiace, l’Ancella di The Handmade’s Tale, e Offelia Suite. Tutte donne dalle quali si può ripartire. Sono semi che tento di piantare perché possano svilupparsi, non solo in me. Perché chiaramente il maschile e il femminile riguardano entrambi i sessi, non è una distinzione di generi. Però “Il futuro dell’uomo è la donna” come dice Graziano, che come sai è il mio compagno di vita e d’arte. 

Tania Croce) In una società dove le violenze sono annunciate e addirittura postate sui social, che ruolo occupa l’horror a distanza di 40 anni?

Viola Graziosi) Credo che la violenza abbia effettivamente preso troppo spazio, e si metta in mostra, a volte in modo spettacolare, inconsapevole e molto pericoloso. Mi riferisco a certi film usciti di recente di grande successo. Mi sembra che oggi la società abbia un livello culturale più basso rispetto a un po’ di tempo fa, e che la “violenza” venga usata per abbassare il livello di benessere, di fiducia, di possibilità. Un popolo terrorizzato è un popolo che tieni in pugno. La violenza può creare paralisi, o generare altra violenza. Ci sarebbe da aprire un capitolo molto ampio al riguardo, che va dalla violenza gratuita all’omofobia, dal razzismo alla violenza sulle donne, o sugli uomini, alla violenza psicologica, alla violenza di certi linguaggi, di certi comportamenti, alla dipendenza dai social che creano anch’essi scenari violenti… Ritengo che ci voglia molta attenzione. E che la violenza sia “utile” se usata consapevolmente per portare un messaggio positivo. Per dire qualcosa di importante. Un monito. Per risvegliare le persone e renderle attive, partecipi, responsabili. Credo che questo sia il compito del teatro. Con una franchezza del qui ed ora, per condividere qualcosa che “ci” riguarda. E in questo senso per me portare a teatro l’Esorcista, non è tanto portare a teatro un “horror” ma portare a teatro un testo che diventa simbolico, e permette di vedere, conoscere, e comprendere aspetti importanti di se. Della questione umana. Poi, regala grandi emozioni anche agli amanti dell’horror, ai ragazzi giovani, a chi a teatro magari non ci è mai andato, perché ti fa saltare o tiene incollato alla sedia per 2 ore e passa, e di questo sono contentissima! 

L’ESORCISTA sarà a Roma (Teatro Olimpico) fino a domenica 17 novembre 2019

A Torino (Teatro Alfieri) il 25 novembre 2019

Ripresa Milano primavera 2020 e tournée stagione 2020-21

Lasciamoci spaventare dalla luminosa bellezza di questo personaggio interpretato da Viola Graziosi e dal meraviglioso spettacolo diretto da Alberto Ferrari.

di Tania Croce



A lezione di teatro dal Professor Gnomus. L'intervista

L’attore, autore e regista Claudio Gnomus, sarà in scena al Teatro Porta Portese di Roma con lo spettacolo Ass Mania, una sorta di excursus culturale sul lato B, a partire dall’antichità fino a giungere ai giorni nostri, alla società dell’immagine e alla pubblicità. Il Professor Gnomus ci spiega la storia della sua ultima pièce prima della prima.

Tania Croce) Dopo la meravigliosa pièce tratta dal libro di Gray Gli uomini vengono da Marte, le donne da Venere, dove ti ergevi a insegnante colto e burlone, torni a teatro con uno spettacolo sociologico e antropologico come Ass Mania. Ti va di parlarmene? 

Claudio Gnomus) Volentieri, quello spettacolo che menzionavi Gli uomini vengono da Marte, le donne da Venere, mi ha aperto una finestra sul mondo delle coppie che non ho più chiuso. Dopo quello scrissi Marte Venere dalla teoria alla pratica (Teatro dei Satiri), Tra moglie e marito non mettere il dito (Teatro dei Satiri e poi Ambra Garbatella), e Tre ex in affitto WiFi inclusa (Teatro dei Satiri e poi Tirso De Molina, tradotto anche in Croato al Teatro Nazionale di Zara). 
Ora mi sono trovato, anche per le esperienze di Producer nel Burlesque insieme ad Amalia Vox, a considerare l’importanza del lato B. Mi sono detto: nel famoso best seller, poi anche spettacolo teatrale di grande successo I monologhi della vagina, si è dato voce alla femminilità più vera e profonda, ma mai nessuno, che io sappia, ha dato voce e parlato del sedere. 
Il lato B è sempre stato importante fin dall’antichità, nella pubblicità, nell’arte e nella linguistica. Quindi vesto di nuovo i panni del Professor Gnomus per parlare, sempre con il massimo rispetto e tanti aneddoti culturali, ma anche con tanto spirito e divertimento (di nuovo colto e burlone vedi?) del sedere, posteriore, deretano, didietro, glutei, chiappe o puramente… culo. Durante la serata ci saranno due interventi di Burlesque di Amalia Vox e di un/a ospite a sorpresa ogni sera. 

Tania Croce) Quanto è urgente per un attore comunicare certe verità a teatro? 

Claudio Gnomus) Non so, ma arriva un momento in cui senti che è il momento giusto per uscire allo scoperto ed allora diventa impellente comunicare, confrontarsi, anche scontrarsi se occorre con il perbenismo, cercando di far capire che si può parlare di tutto, con la giusta misura e il rispetto per il pubblico. 

Tania Croce) Siamo ciò che mostriamo di essere ben oltre la maschera che indossiamo o come scrisse Luigi Pirandello ne I giganti della montagna Imparerai a tue spese che lungo il tuo cammino incontrerai ogni giorno milioni di maschere e pochissimi volti

Claudio Gnomus) Come non essere d’accordo col grande Pirandello che delle “maschere” fece una conoscenza approfondita e credo ineguagliabile. Però, senza nulla togliere alla serietà ed alla pragmaticità pirandelliana, credo ci sia un lato giocoso, burlone, ma non per questo meno colto, che a volte ci può far superare la maschera. D’altronde non si dice forse che il “culo non mente mai?” Io ho visto tanti volti camuffati da maschere più o meno importanti ma non ho mai visto un sedere mascherato. 

Ah ah, che dire, andiamo a vedere il volto che sta dietro a tante maschere che incontriamo nella nostra vita. Ci guiderà il Professor Gnomus!

Quando? 

domani Venerdì 15 novembre, a seguire fino all’8 dicembre (venerdì e sabati alle 21,00 e domeniche alle 18,00). 

12 repliche. Teatro Portaportese, Via Portuense 102. Trastevere, Roma. 

di Tania Croce

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