The Irishman





Questo non è solo un film ma una lezione di cinema e di mafia, di come quest’ultima influenzi e cambi la vita dei protagonisti capaci di mostrare un talento senza tempo, in primis il semi Dio Pacino carismatico e magnetico anche nei panni di Jimmy Hoffa, il capo dei sindacalisti americani fino a Frank Sheeran impersonato dall’ irresistibile De Niro, che attraverso la voce fuori campo dall’ospizio, luogo dove da vecchi si va a morire, racconta la vita dura e spietata di chi fa a patti con i duri per andare avanti. 
Frank è un autista di camion, trasporta carne e l’incontro con Russell Bufalino (Joe Pesci), boss della mafia a Filadelfia, cambierà per sempre il corso della sua esistenza. Martin Scorsese dirige un capolavoro dove c’è tanta America e un po’ d’Italia. Splendide le scene che si ripetono come una piacevole abitudine tra Russel e Frank che pasteggiano spezzando un filone di pane italiano che intingono a bel buon vino rosso anche quando si ritrovano in carcere. La vita e la morte s’incontrano e scontrano sempre. Alla fine persino i potenti se ne vanno, muoiono e non ci sarà più nessuno da cui farsi proteggere o per cui lavorare.  
La vera storia di Frank Sheeran, l'irlandese che uccise il sindacalista Jimmi Hoffa. Tratto dal libro "I Heard You Paint Housesdel" di Charles Brandt. Il film ha ottenuto 9 candidature a Premi Oscar, 4 candidature a Golden Globes, 9 candidature a BAFTA, 13 candidature e vinto un premio ai Critics Choice Award, 3 candidature a SAG Awards, 1 candidatura a Writers Guild Awards, 1 candidatura a Directors Guild, 1 candidatura a Producers Guild, Il film è stato premiato a AFI Awards, 1 candidatura a ADG Awards, 2 candidature a NSFC Awards, In Italia al Box Office The Irishman ha incassato 37,7 mila euro .
Gli splendidi attori ringiovaniti con impeccabili trucchi cinematografici, sono giovani e coraggiosi, senza paura, si sposano, fanno famiglia, invecchiano e vivono le fragilità, i  dolori e le paure di chiunque. Si sentono invincibili fin quando tornano a galla ricordi e buoni sentimenti come l’amicizia tra Jimmy e Frank. 
Da non dimenticare Harvey Keitel altro gigante in questo film immensamente bello e da vedere assolutamente su Netflix! 

Le nostre anime di notte


 Cercando un bel film su Netflix, mi ha colpito il titolo di questo, poi ho letto i nomi dei protagonisti e così mi sono immersa in un’esperienza quasi ipnotica, “il cinema lo fa” come direbbe il maestro interpretato da Antonio Albanese in “Un mondo a parte”, gioiellino di Riccardo Milani. 

La recensione  

Quando si è bambini e anziani, la notte è più buia e insopportabile e si fa fatica a dormire soli. È questo il motivo che spinge la deliziosa Addie (Jane Fonda) vedova e con un solo figlio e un nipote, avendo perso tragicamente la figlia che era piccola, a chiedere a Louis (Robert Redford) anch’esso vedovo con una figlia, se ha voglia di dormire insieme.

Dormire nello stesso letto insomma. Non è affatto una proposta indecente anche perché sono passati 50 anni precisi da quando lo hanno fatto la prima volta nell’indimenticabile film cult “A piedi nudi nel parco”.

Louis con qualche perplessità accetta l’invito e si presenta tutte le sere a casa dell’amabile vedova con una busta di carta con dentro pantofole e pigiama.

Prima di dormire c’è la consueta chiacchierata durante la quale i due vicini scoprono la vita e le abitudini dell’altro, i dolori e le vicende che hanno forgiato i rispettivi caratteri.

Questa è l’età giusta per saper amare forse e nonostante gli impedimenti e le difficoltà, persino la distanza che separerà la coppia ormai inseparabile, Addie e Louis troveranno il modo per restare insieme.

Il film diretto da Ritesh Batra e tratto dall’omonimo romanzo di Kent Haruf, è un viaggio incantevole e commovente durante il quale si rimane increduli e piacevolmente colpiti dall’immutato fascino dei due protagonisti capaci di rendere irresistibile persino una storia ordinaria come questa. 

Ne consiglio la visione su Netflix 

Whitney - Una voce diventata leggenda



 Ascoltare Whitney Houston negli anni ‘80 e vederla danzare ed esibirsi nei suoi video e ai concerti era così inebriante per la leggerezza e la potenza trasmessa dalla sua voce sublime e in grado di spaziare attraverso tre ottave da mezzosoprano a soprano anche grazie alle lezioni apprese dalla mamma anch’essa cantante, furono il suo più grande regalo. Lei che tutto poteva, che aveva fatto innamorare chiunque del suo talento, cercava quell’amore unico e assoluto che forse non ricevette mai nella sua breve esistenza.

La recensione 

Rivedere questa sera in prima visione su Raiuno un film come questo diretto da Kasi Lemmons e con interpreti d’immensa bravura,  a partire dalla giovane Naomi Ackie nei panni di Whitney, al produttore Clive Davis interpretato da Stanley Tucci, alla madre Cissy (Tamara Tunie), la sua amata Robyn (Nafessa Williams), suo padre John (Clarke Peters)e il marito, il cantante Bobby Brown (Ashton Sanders), fa riflettere su quanto sia stato difficile sostenere il peso del suo successo, senza crollare irrimediabilmente. 

Non sapevo della relazione sentimentale di Whitney Houston con Robyn Crawford. A quel legame la cantante aveva dovuto rinunciare un po’ per necessità e un po’ per scelta. Tuttavia la volle come sua assistente.

Tutto ciò che Whitney interpretava, diventava seducente come il canto delle sirene.

È stupendo assistere al primo ascolto dei pezzi che avveniva nello studio del produttore attraverso delle musicassette. Che tempi indimenticabili!

Cosa resterà degli anni ‘80? Un’icona bellissima che è stata e resta la colonna sonora della nostra vita.

Grazie Whitney 🙏


Dove osano le cicogne



 Ho atteso il 16 aprile per l’uscita su Netflix dell’ultimo film di Fausto Brizzi curiosa di vedere l’amatissimo Andrea Perroni che è stato bravissimo come sempre e divertentissimo.

A mezzanotte e uno, ho deciso di vederlo con entusiasmo dopo averne sentito parlare per la prima volta, nel programma cocondotto da Perroni alla stazione Tiburtina, Binario 2, ogni mattina su rai2 e ingiustamente chiuso.

La recensione

Non in Italia ma a Barcellona si dirigono Angelo Pintus nel film maestro elementare e sua moglie Marta (Marta Zoboli) una psicoterapeuta davvero simpatica, invitati da Andrea a rivolgersi ad un medico che li aiuterà a concepire il desiderato figlio; viene loro suggerito dal medico di ricorrere alla maternità surrogata attraverso la ragazza catalana Luce (Beatrice Arnera) che lo farà senza alcuna forma di pagamento ma volontariamente. Questo è ciò che sembra essere la verità ma nel corso del film uscirà fuori il reale motivo per il quale Luce è andata in Italia e quello sulla sua presunta maternità surrogata.

Andrea s’innamora della giovane catalana, nonostante gli avvertimenti di Angelo e sarà un susseguirsi di equivoci fino al lieto fine, anch’esso imprevisto e originale.

Nel film c’è anche Tullio Solenghi nei panni del carabiniere integerrimo e impeccabile come sempre e Antonio Catania il preside della scuola di splendidi bambini dove insegna Angelo.

Il film ispirato all’omonimo spettacolo teatrale di Angelo Pintus, è autobiografico e davvero bellissimo, anche la fotografia incanta. Alle guglie del Duomo di Milano dove vivono i protagonisti di “Dove osano le cicogne” si alternano quelle delle Sagrada familia di Gaudi a Barcellona, maestosa Basilica incompiuta dell’architetto spagnolo devoto a un passo dall’essere proclamato santo. Mi piace pensare  che questa sia stata una precisa volontà del regista e sceneggiatori il riferimento  alla fede e alla provvidenza anche se chiaramente sia il Duomo che la Sagrada Familia sono i riferimenti di queste due città e offrono scenari suggestivi soprattutto l’ imponente basilica catalana. 

Il tema della maternità surrogata è affrontato con impegno e leggerezza, senza mai risultare banale perché quando si arriva a una simile scelta, il dolore è indescrivibile ma l’amore sostiene la coppia desiderosa di un figlio che dia un senso alla loro vita.

V’invito a vederlo su Netflix 

Un alieno chiamato Jules




Milton vive una tranquilla vita di routine in una piccola città della Pennsylvania occidentale, ma trova la sua giornata sconvolta quando un UFO e il suo passeggero extraterrestre si schiantano nel suo cortile.

Nessuno gli crede a partire dalla figlia che vive e lavora in città. Sarà perché ha 78 anni e inizia a dimenticare le cose.


Milton è interpretato da un gigante come Ben Kingsley che conferisce al suo personaggio tutta l’intensità e la tenerezza di un uomo che sta affrontando l’ultima fase del suo cammino sulla terra e dove l’incontro con l’extraterrestre lo colloca in una dimensione mentale speciale, tra cielo e terra che gli consente di estraniarsi dalla sua realtà di uomo  solo e non più lucido come un tempo e di vivere un’esperienza unica che desidera preservare, quasi consolato dal fatto che nessuno gli creda per proteggere il suo amico proveniente da un altro mondo.


 Il suo nuovo amico viene ospitato nella sua casa, nutrito e anche vestito. Accanto a Milton ci sarà la dolcissima Sandy (Harriet Sansom Harris) e Joyce (Jane Curtis) che a contatto con l’alieno, faranno cadere tutte le loro barriere mostrandosi di una sconcertante umanità. Il film commuove e incanta. 
Consigliatissima la visione su Netflix! 


Storia di mia moglie

 Su raiplay sedotta dal titolo, ho iniziato a vedere "Storia di mia moglie" film del 2021 scritto e diretto da Ildiko Enyedi della durata di 2, 42 minuti. Lungo eppure scorrevole e meraviglioso.

Ve ne voglio parlare per invitarvi a vederlo. Enyedi esordisce in un lungometraggio in lingua inglese e prodotto in Ungheria, Germania, Francia e Italia. Tratto dal romanzo "La storia di mia moglie" (1942) di Milàn Fust.

La recensione

Jakob (Gijs Naber) è un affascinante capitano di fregata olandese onesto e dedito al suo lavoro che lo tiene lontano dalla terraferma per mesi.

Il mare è il suo alter ego. La solitudine si traduce in un costante mal di stomaco che tenta di acquietare attraverso il matrimonio.

Durante un incontro con l'amico Kodor (Sergio Rubini), in un caffè negli anni '20, scommette di sposare la prima donna che entra.

Nota sulla sedia di un tavolino, una bellissima bionda francese con il cappello; è Lizzi (Léa Seydoux).

Sarà da lì a poco sua moglie.

Lei a terra, lui in mare per mesi.

L'esperimento di matrimonio a distanza pare abbia un esito positivo.

Jakob è innamorato ma turbato dai capricci della sua bellissima bionda che esce, va alle feste e torna tardi.

Lizzy è molto aperta e socievole con tutti, in particolar modo con Dedin (Louis Garrel), che suscita la gelosia di Jakob.

Lo incontra pacificamente, per sapere chi ha di fronte.

Tenta di scoprire di più attraverso un investigatore e sceglie di fare un lavoro che gli consenta di starle accanto.

A una festa, scopre sua moglie con Dedin e appena li sorprende insieme in treno, con le sue azioni nascoste nella valigetta di Lizzy, decide di separarsi.

Sette anni dopo, su un filobus, Jakob scorge la sua bellissima moglie ma viene a sapere che lei è morta sei anni prima e quello che ha visto, è solo il suo fantasma.

Il film induce a una riflessione essenziale sulla fugacità dell'esistenza e sul come sia tutto relativo: il tempo che scorre, i sentimenti provati e di quanto sia difficile mettere insieme tutto per tentare di trascorrere una vita possibilmente tranquilla.

Il cast è meraviglioso, la regia e la fotografia molto suggestivi. Voto dieci.

Consigliatissimo!


Il mio grosso grasso matrimonio greco 3


Questo film stasera è stato una carezza; mi ha ricordato l’indimenticabile gita in Grecia del terzo Liceo, scelta in qualità di capoclasse al posto di Parigi. A questo proposito l’altro giorno ho ritrovato con immenso piacere una cassettina registrata con le voci di noi diciottenni incantate di fronte alla vista di Itaca, nel viaggio in nave partite da Bari e in arrivo al porto di Atene. 
In effetti esiste un filo tra la nostra vita e quelle raccontate nei film.
Inutile esclamare: "E' solo un film". 
I film ricordano e raccontano spesso il nostro passato oppure il nostro presente.
Ho adorato per questo motivo, scoprire su Netflix l’ultimo film di Nia Vardalos, ispirata sceneggiatrice, regista e attrice in questa trilogia della famiglia greca immigrata in America. 
Ricordo che la Vardalos è canadese, ma i genitori sono greco-canadesi quindi dalle sue origini, ha preso ispirazione per il suo film di successo "Il mio grosso grasso matrimonio greco".

La recensione 

In questo terzo rendez-vous con la famiglia Portokalos, si assiste a una pagina nuova dell’esistenza di Toula, orfana di padre e decisa a realizzare l’ultimo desiderio paterno: fare ritorno nel paesino greco dov’era cresciuto Gus per tentare una vera e propria rimpatriata con i suoi tre cari amici d’infanzia.
Gus, il patriarca, sarebbe stato davvero felice di tornare nel suo paesino dove sono rimasti a vivere solo 6 abitanti, delle persone davvero speciali.
In fondo come ricordava Gus, ogni parola deriva, dal greco, sia essa 'filosofia', oppure 'ricordo'.


Il film è meraviglioso, psicologico, pieno di tradizioni popolari, di sorprese inaspettate, di valori e di riflessioni sul senso della vita e sulla bellezza dell’amore e il rispetto verso la propria famiglia d’origine.
Nia Vardalos incanta come sempre.

Film consigliato su Netflix.

Io e te dobbiamo parlare


 Pieraccioni in una battuta del film ammette di non aver più dimestichezza con la pistola mentre il collega Siani lo vuole trascinare in una sfida (Heat) dove però i due non sono Al Pacino e De Niro. I due comici ricci si trovano a recitare insieme, tentando di fare battute che rimangano impresse come quella del collutorio nei piselli di Siani, a cena con la collega poliziotta, la Chillemi. 

Il film scritto da Siani, l’ho atteso con ansia ma è lento e soprattutto non suscita il riso, non sempre. Almeno nei primi trentatré minuti.

I due colleghi poliziotti hanno una figlia in comune Maria e una donna, Matilde (Brenda Lodigiani) che prima è stata la moglie di uno, Siani e poi la compagna dell’altro. Loro due sono una specie di parenti. 

Maria è un’ambientalista convinta. 

“Se non si può fa all’Americana allora si fa spaghetti a vongole” dice Siani nel corso del film senza pensare che non tutti possono comprendere quest’espressione dialettale. 

È commovente la riflessione di Pieraccioni sulla famiglia allargata. Forse uno dei momenti più intensi di “Io e te dobbiamo parlare”, il film finalmente su Netflix che personalmente non mi ha convinto e soprattutto Siani non mi piace per via di quella parlantina frenetica e spesso incomprensibile. Il cast è ricchissimo da Izzo a Friscia, Lo Verso e Abbrescia ed Esposito nella parte del marchigiano fuori di testa. “Io e te dobbiamo parlare” è il titolo del film, ma cosa ci volete dire precisamente ? Io aggiungerei! Però la città di Ancona è bellissima come location del film! 

Costanza la serie


Costanza Macallè è un’ anatomopatologa siciliana e madre single che vince un assegno di ricerca a Verona dove vive sua sorella Toni (Eleonora De Luca). Così potrà abbandonare il lavoro da rider per le strade di Messina e dedicarsi al lavoro di paleopatologa, che non è esattamente il suo lavoro però la entusiasma.

Deve andare a Verona con la figlia Flora (Elena Sophia Senise), che ha sei anni ed è sveglia e affettuosissima. 

Flora desidera incontrare suo padre che in effetti vive e lavora a Verona, è Marco (Marco Rossetti) il quale non sa di avere una figlia.

La storia tratta dai romanzi di Alessia Gazzola che hanno come protagonista Costanza Macallè, diventa una fiction diretta da Fabrizio Costa. I primi due episodi, trasmessi su Raiuno ieri sera, mi hanno incuriosito così ho voluto finirlo di vedere su Raiplay.

L'attrice che interpreta Costanza Macallè è la bellissima Miriam Dalmazio, la quale cerca di ritrovare nella storia, gli indizi di una vicenda incredibile come quella di Selvaggia (Bianca Panconi), la figlia dell'imperatore Federico II di Svevia (Kaspar Capparoni) data in sposa a un uomo crudele e senza cuore come Ezzelino III da Romano e che da una notte d'amore con un cavaliere misterioso, concepisce una figlia bellissima e coraggiosa come Biancofiore (Mia Eustacchio). 

Di solito associamo a Verona l’Arena e la casa di Giulietta, oltre quella, possiamo ammirare luoghi meno noti come il Castello di Montorio, il Museo degli Affreschi, la tomba di Giulietta e l'Arsenale.

Costanza è accolta da Ludovico (Lorenzo Cervasio), un filologo che collabora al ritrovamento di uno scheletro trovato al Castello di Montorio che dovrebbe appartenere a Selvaggia di Staufen, figlia naturale di Federico II di Svevia.

Convinta dal collega, Costanza inizia a registrare un podcast in cui racconta l'evoluzione delle ricerche universitarie, coordinate dal prof. Edoardo Melchiorre (Franco Castellano) e che conduce in collaborazione con  Diana e Anselmo, coppia nel lavoro e nella vita. Diana interpretata da Caterina Shulha tende ad essere molto fredda con Costanza perché spera di ottenere il posto di lavoro in quel dipartimento allo scadere del periodo di prova, mentre suo marito e collega di cui veste i panni Davide Iacopini, instaura un rapporto cordiale con tutto il suo gruppo di lavoro, anche con la mamma single di cui comprende le difficoltà. 

L'abilità di Costanza di svolgere le sue ricerche e di raccontare storie nel podcast nelle quali si materializzano per la gioia dello spettatore i personaggi storici di cui si tenta di ricostruire la vita e la tragica fine ed il grado di parentela che intercorre tra loro, fanno innamorare perdutamente Ludovico della collega e trasforma l’iniziale ostilità di Diana, in una bella e solida amicizia.

Ludovico si è da poco separato, è un uomo che si potrebbe definire ideale, ma Costanza forse ha il suo cuore altrove.

Marco, il papà di Flora che finalmente conosce la figlia che non sapeva di avere, sta per sposare Federica (Giulia Arena).

In questa fiction che io trovo originale sia per i contenuti che per la narrazione, s'intrecciano amori antichi e reali come quelli tra Costanza, Ludovico e Marco e tra Toni la psicologa e Stefano (Federico Calistri), un vicino di casa e pasticcere che farà perdere la testa alla dolce Toni.

Non vedere questa fiction, sarebbe un vero peccato perché la storia coinvolge e appassiona e non ne resterete delusi.

Consigliato!!!

Champagne - Peppino Di Capri



 “Champagne - Peppino di Capri” è una bellissima fiction su uno dei più grandi artisti del panorama mondiale: Giuseppe Faiella, in arte Peppino di Capri che mi ha arricchito moltissimo oltre ad avermi fatto conoscere una storia affascinante come la sua, sia dal punto di vista affettivo che professionale; ci sono cose che non immaginavo neanche perché spesso non si conosce il vissuto dietro a un artista, al suo sorriso e quando lo si vede suonare il pianoforte, è tutto, ma non è abbastanza. E grazie a Cinzia Th Torrini la regista, agli splendidi attori che ho ammirato e a tutti coloro che hanno lavorato a questo film, ora conosco l’uomo dietro l’artista talentuoso che è sempre stato Peppino di Capri.
Champagne è il pezzo del 1973, il mio anno e quello proposto in una piacevole serata musicale, dopo un concerto di Peppino a Capri, da Mimmo Di Francia, l’autore del testo che invita il cantante a casa sua e lui accetta perché è rimasto colpito da una giovane studentessa di biologia, Giuliana, che sarà il suo secondo grande amore e la madre degli altri due suoi figli. 
Il talento di Peppino si mostra in tenera età. Inizia a suonare il pianoforte mostrando una bravura incredibile perché il piccolo pianista è un enfant prodige. Fuori c’è la guerra ma nella sua testa solo la musica. È adorabile l’attore che lo interpreta nella fase iniziale della sua vita, il tenero Alessandro Gervasi. Magnifico anche l’attore che interpreta il giovane e adulto Peppino, Francesco Del Gaudio. Il film abbraccia 30 anni della vita dell’artista dal 1943 quando iniziò a suonare, al 1973 quando vinse il Festival di Sanremo con Un grande amore e niente più, pezzo poeticissimo scritto insieme con Franco Califano. 
Arianna Di Claudio interpreta la modella torinese Roberta Stoppa che diventerà la sua prima moglie e Gaja Masciale la giovanissima Giuliana Gagliardi che lo farà perdutamente innamorare e che sposerà. A lei è dedicato il film.
Film bellissimo e consigliato.
Se lo avete perso, lo potete trovare su Raiplay. 



PennadorodiTania CroceDesign byIole