Il mio grosso grasso matrimonio greco 3


Questo film stasera è stato una carezza; mi ha ricordato l’indimenticabile gita in Grecia del terzo Liceo, scelta in qualità di capoclasse al posto di Parigi. A questo proposito l’altro giorno ho ritrovato con immenso piacere una cassettina registrata con le voci di noi diciottenni incantate di fronte alla vista di Itaca, nel viaggio in nave partite da Bari e in arrivo al porto di Atene. 
In effetti esiste un filo tra la nostra vita e quelle raccontate nei film.
Inutile esclamare: "E' solo un film". 
I film ricordano e raccontano spesso il nostro passato oppure il nostro presente.
Ho adorato per questo motivo, scoprire su Netflix l’ultimo film di Nia Vardalos, ispirata sceneggiatrice, regista e attrice in questa trilogia della famiglia greca immigrata in America. 
Ricordo che la Vardalos è canadese, ma i genitori sono greco-canadesi quindi dalle sue origini, ha preso ispirazione per il suo film di successo "Il mio grosso grasso matrimonio greco".

La recensione 

In questo terzo rendez-vous con la famiglia Portokalos, si assiste a una pagina nuova dell’esistenza di Toula, orfana di padre e decisa a realizzare l’ultimo desiderio paterno: fare ritorno nel paesino greco dov’era cresciuto Gus per tentare una vera e propria rimpatriata con i suoi tre cari amici d’infanzia.
Gus, il patriarca, sarebbe stato davvero felice di tornare nel suo paesino dove sono rimasti a vivere solo 6 abitanti, delle persone davvero speciali.
In fondo come ricordava Gus, ogni parola deriva, dal greco, sia essa 'filosofia', oppure 'ricordo'.


Il film è meraviglioso, psicologico, pieno di tradizioni popolari, di sorprese inaspettate, di valori e di riflessioni sul senso della vita e sulla bellezza dell’amore e il rispetto verso la propria famiglia d’origine.
Nia Vardalos incanta come sempre.

Film consigliato su Netflix.

Io e te dobbiamo parlare


 Pieraccioni in una battuta del film ammette di non aver più dimestichezza con la pistola mentre il collega Siani lo vuole trascinare in una sfida (Heat) dove però i due non sono Al Pacino e De Niro. I due comici ricci si trovano a recitare insieme, tentando di fare battute che rimangano impresse come quella del collutorio nei piselli di Siani, a cena con la collega poliziotta, la Chillemi. 

Il film scritto da Siani, l’ho atteso con ansia ma è lento e soprattutto non suscita il riso, non sempre. Almeno nei primi trentatré minuti.

I due colleghi poliziotti hanno una figlia in comune Maria e una donna, Matilde (Brenda Lodigiani) che prima è stata la moglie di uno, Siani e poi la compagna dell’altro. Loro due sono una specie di parenti. 

Maria è un’ambientalista convinta. 

“Se non si può fa all’Americana allora si fa spaghetti a vongole” dice Siani nel corso del film senza pensare che non tutti possono comprendere quest’espressione dialettale. 

È commovente la riflessione di Pieraccioni sulla famiglia allargata. Forse uno dei momenti più intensi di “Io e te dobbiamo parlare”, il film finalmente su Netflix che personalmente non mi ha convinto e soprattutto Siani non mi piace per via di quella parlantina frenetica e spesso incomprensibile. Il cast è ricchissimo da Izzo a Friscia, Lo Verso e Abbrescia ed Esposito nella parte del marchigiano fuori di testa. “Io e te dobbiamo parlare” è il titolo del film, ma cosa ci volete dire precisamente ? Io aggiungerei! Però la città di Ancona è bellissima come location del film! 

Costanza la serie


Costanza Macallè è un’ anatomopatologa siciliana e madre single che vince un assegno di ricerca a Verona dove vive sua sorella Toni (Eleonora De Luca). Così potrà abbandonare il lavoro da rider per le strade di Messina e dedicarsi al lavoro di paleopatologa, che non è esattamente il suo lavoro però la entusiasma.

Deve andare a Verona con la figlia Flora (Elena Sophia Senise), che ha sei anni ed è sveglia e affettuosissima. 

Flora desidera incontrare suo padre che in effetti vive e lavora a Verona, è Marco (Marco Rossetti) il quale non sa di avere una figlia.

La storia tratta dai romanzi di Alessia Gazzola che hanno come protagonista Costanza Macallè, diventa una fiction diretta da Fabrizio Costa. I primi due episodi, trasmessi su Raiuno ieri sera, mi hanno incuriosito così ho voluto finirlo di vedere su Raiplay.

L'attrice che interpreta Costanza Macallè è la bellissima Miriam Dalmazio, la quale cerca di ritrovare nella storia, gli indizi di una vicenda incredibile come quella di Selvaggia (Bianca Panconi), la figlia dell'imperatore Federico II di Svevia (Kaspar Capparoni) data in sposa a un uomo crudele e senza cuore come Ezzelino III da Romano e che da una notte d'amore con un cavaliere misterioso, concepisce una figlia bellissima e coraggiosa come Biancofiore (Mia Eustacchio). 

Di solito associamo a Verona l’Arena e la casa di Giulietta, oltre quella, possiamo ammirare luoghi meno noti come il Castello di Montorio, il Museo degli Affreschi, la tomba di Giulietta e l'Arsenale.

Costanza è accolta da Ludovico (Lorenzo Cervasio), un filologo che collabora al ritrovamento di uno scheletro trovato al Castello di Montorio che dovrebbe appartenere a Selvaggia di Staufen, figlia naturale di Federico II di Svevia.

Convinta dal collega, Costanza inizia a registrare un podcast in cui racconta l'evoluzione delle ricerche universitarie, coordinate dal prof. Edoardo Melchiorre (Franco Castellano) e che conduce in collaborazione con  Diana e Anselmo, coppia nel lavoro e nella vita. Diana interpretata da Caterina Shulha tende ad essere molto fredda con Costanza perché spera di ottenere il posto di lavoro in quel dipartimento allo scadere del periodo di prova, mentre suo marito e collega di cui veste i panni Davide Iacopini, instaura un rapporto cordiale con tutto il suo gruppo di lavoro, anche con la mamma single di cui comprende le difficoltà. 

L'abilità di Costanza di svolgere le sue ricerche e di raccontare storie nel podcast nelle quali si materializzano per la gioia dello spettatore i personaggi storici di cui si tenta di ricostruire la vita e la tragica fine ed il grado di parentela che intercorre tra loro, fanno innamorare perdutamente Ludovico della collega e trasforma l’iniziale ostilità di Diana, in una bella e solida amicizia.

Ludovico si è da poco separato, è un uomo che si potrebbe definire ideale, ma Costanza forse ha il suo cuore altrove.

Marco, il papà di Flora che finalmente conosce la figlia che non sapeva di avere, sta per sposare Federica (Giulia Arena).

In questa fiction che io trovo originale sia per i contenuti che per la narrazione, s'intrecciano amori antichi e reali come quelli tra Costanza, Ludovico e Marco e tra Toni la psicologa e Stefano (Federico Calistri), un vicino di casa e pasticcere che farà perdere la testa alla dolce Toni.

Non vedere questa fiction, sarebbe un vero peccato perché la storia coinvolge e appassiona e non ne resterete delusi.

Consigliato!!!

Champagne - Peppino Di Capri



 “Champagne - Peppino di Capri” è una bellissima fiction su uno dei più grandi artisti del panorama mondiale: Giuseppe Faiella, in arte Peppino di Capri che mi ha arricchito moltissimo oltre ad avermi fatto conoscere una storia affascinante come la sua, sia dal punto di vista affettivo che professionale; ci sono cose che non immaginavo neanche perché spesso non si conosce il vissuto dietro a un artista, al suo sorriso e quando lo si vede suonare il pianoforte, è tutto, ma non è abbastanza. E grazie a Cinzia Th Torrini la regista, agli splendidi attori che ho ammirato e a tutti coloro che hanno lavorato a questo film, ora conosco l’uomo dietro l’artista talentuoso che è sempre stato Peppino di Capri.
Champagne è il pezzo del 1973, il mio anno e quello proposto in una piacevole serata musicale, dopo un concerto di Peppino a Capri, da Mimmo Di Francia, l’autore del testo che invita il cantante a casa sua e lui accetta perché è rimasto colpito da una giovane studentessa di biologia, Giuliana, che sarà il suo secondo grande amore e la madre degli altri due suoi figli. 
Il talento di Peppino si mostra in tenera età. Inizia a suonare il pianoforte mostrando una bravura incredibile perché il piccolo pianista è un enfant prodige. Fuori c’è la guerra ma nella sua testa solo la musica. È adorabile l’attore che lo interpreta nella fase iniziale della sua vita, il tenero Alessandro Gervasi. Magnifico anche l’attore che interpreta il giovane e adulto Peppino, Francesco Del Gaudio. Il film abbraccia 30 anni della vita dell’artista dal 1943 quando iniziò a suonare, al 1973 quando vinse il Festival di Sanremo con Un grande amore e niente più, pezzo poeticissimo scritto insieme con Franco Califano. 
Arianna Di Claudio interpreta la modella torinese Roberta Stoppa che diventerà la sua prima moglie e Gaja Masciale la giovanissima Giuliana Gagliardi che lo farà perdutamente innamorare e che sposerà. A lei è dedicato il film.
Film bellissimo e consigliato.
Se lo avete perso, lo potete trovare su Raiplay. 



Vicini davvero (Pared con pared)


Vicini davvero è il remake della commedia romantica francese Appuntamento al buio, questa volta ambientato in Spagna. Valentina è un'ansiosa pianista che, dopo aver rotto col suo ex, è pronta a ricominciare.

Nel film diretto da Patricia Font, Valentina è una pianista che si prepara per un'audizione. David è un inventore di giochi che riesce a concentrarsi solo nel più completo silenzio. Separati da un muro sottile come la carta, si sforzano di vivere in armonia l'uno con l'altra.
All'inizio non è idilliaco il rapporto tra i due 'vicini', i quali si fanno dispetti 'rumorosi' di ogni tipo; poi sentono che c'è qualcosa di speciale tra loro e scelgono di frequentarsi senza conoscere i rispettivi nomi, il loro aspetto o i numeri di telefono come siamo abituati a fare, scoprendo l'uno dell'altra sogni, abitudini.
Valentina suona il pianoforte per assecondare il sogno del suo ex, un direttore d'orchestra, ma questo non è il suo sogno e lo scopre solo attraverso la singolare frequentazione con il suo particolare vicino.
Dietro Valentina c'è la cantante spagnola Aitana che per l'occasione ha degli splendidi capelli rossi e sembra davvero una fatina.
Fernando Guallar è David, il vicino speciale che attraverso la sua voce e i suoi valori, influenzerà positivamente la 'vicina' e amata Valentina.
La vicina di questo delizioso film, ha una sola amica, è separata ed ha un figlio, è Carmen (Natalia Rodriguez) che le trova sia la casa dove attualmente vive che un lavoro nel locale di Sebas (Paco Tous).
Carmen e Sebas, tifano per Valentina e le augurano un futuro luminoso.
E' un film di speranza in un tempo in cui si sente parlare troppo spesso di femminicidi. In questo racconto, la fiducia è essenziale e di vitale importanza. Dall'altra parte della parete, c'è l'amore.

Il film lo potete trovare su Netflix.
Consigliato.

Little Siberia


Little Siberia è un film finlandese del 2025 diretto da Dome Karukoski e tratto dall'omonimo romanzo di Antti Tuomainen.

È comparso tra i titoli aggiunti di recente su Netflix e ispirata dal trailer, ho scelto di vederlo e ho fatto un’ottima scelta perché mi ha tenuto con il fiato sospeso fino alla scena finale.
Il paesino dove è ambientata la storia, il villaggio finlandese di Hurmevaara, è un luogo apparentemente tranquillo, immerso nella neve e dove Joel, un parroco felicemente sposato con Krista, è la figura intorno alla quale si sviluppa tutta la vicenda narrata. La fede verso il Signore e soprattutto verso se stesso e la fedeltà della moglie, vacilla nel momento in cui un meteorite colpisce Hurmevaara e la sua scia luminosa e devastante, rinnova o scuote le coscienze, sia quella del parroco che degli altri abitanti. Un frammento del meteorite si trova nel museo di cui il custode è Joel, un riferimento per la comunità e per certi versi un nemico. L’uomo è un ex militare che ha appreso di essere sterile anche se la moglie gli annuncia di essere incinta. Inizia a vacillare  quella colonna di certezze che Joel ha costruito nel tempo e di pari passo la sua fede incrollabile nel Dio a cui si rivolge e al suo vincolo coniugale. Eppure Krista dimostra il suo amore verso il marito in ogni circostanza. Ma Joel inizia a dubitare di chiunque, a scontrarsi con il mondo esterno che a un certo punto gli è ostile. Il prossimo è ormai il nemico dal quale difendersi per sopravvivere, fino ad ammazzarlo come legittima difesa. 
Così insanguinato, pesto, con un pugnale conficcato nel petto ed esanime, sopravvive alle avversità, per riconquistare forse il suo amore e salvare il suo matrimonio, considerando quel bebè in arrivo come un segno del destino e probabilmente un evento inaspettato come quel meteorite caduto dal cielo. 
Davvero magnifica l’interpretazione di Eero Ritala nei panni di Joel. Splendida anche Malla Malmivaara in quelli di Krista.
Film consigliato! 


Fidanzata in affitto


 Ho recuperato questo film su Netflix, ho letto alcune recensioni così mi hanno incuriosito e l’ho visto.
Lei trentaduenne irresistibile, senza un soldo e soprattutto una macchina per esercitare la professione di autista Uber, lui diciannovenne ricco e chiuso nel suo guscio al punto che i genitori mettono un annuncio sul web alla ricerca di una ragazza, una venticinquenne al massimo, che lo aiuti a crescere prima di andare al College. I due si incontrano, in modo inconsueto. Maddie si mostra aggressiva, svitata e mantide, ma Percy è solo un cucciolo bisognoso di un’amica vera su cui contare. Inevitabilmente il ragazzo s’innamora della bella e pazza Maddie la quale tenta in tutti i modi possibili e immaginabili di tenere la casa ereditata dalla madre, forse è il solo modo che conosce di colmare vuoti emotivi che solo a dare loro peso, la sgretolerebbero. Questo Percy lo capisce e sa aiutare l’amica trentenne a fare le scelte più giuste forse, la prima è vendere la casa dove si trova per iniziare a vivere fuori da Montauk. 
In fondo le forme d’amore sono molteplici e quella tra Maddie e Percy (Andrew Barth Feldman) è un’amorevole amicizia. In quest’incontro scontro tra generazioni: quella dei genitori (Matthew Broderik e  Laura Benanti) di Percy, quella dei trentenni e infine quella dei ventenni, c’è un filo che unisce tutti: l’amore che non conosce alcuna differenza d’età o economica. Il finale del film è solo l’inizio del viaggio alla scoperta della vita possibile e di se stessi, meglio se con un compagno fidato come Percy per Maddie e viceversa, senza dimenticare il cagnolone conosciuto al canile. 
Bello e commovente questo film diretto da Gene Stupnitsky. Da vedere! 

Find me falling Un’isola dove innamorarsi




 Dove altro può nascondersi una rockstar americana  se non in una casa nella scogliera di un’isola meravigliosa del Mediterraneo, davanti alla quale tutti si dirigono per suicidarsi? 

È bello ritrovare Harry Connick Jr. attore e cantante su quest’isola e in una storia meravigliosa  dopo averlo lasciato tanto tempo fa al fianco di Renee Zellweger nel film “New in Town” che avrò visto almeno cento volte. Burbero in quel film e tatuato e altrettanto solitario con una figlia, anche in questo, senza averne la minima idea stavolta.

Nell’isola il fascinoso John ci ha lasciato il cuore ed è venuto a riprenderselo.

Non è la solita storia d’amore. Questa è meno romantica o languida. È una storia rock come tutti i personaggi a partire dalla nonna che incita la nipote ad avere paura per non aver ancora concluso nulla nella vita a sua madre Sia, dottoressa affermata e ragazza madre e timorosa di rivelare a Melina (Ali Fumiko Whitney) , il nome del papà. 

In questo pittoresco film diretto da Stelana Kliris, John Allman è una rockstar in crisi che si prende una pausa dal mondo della musica, per dirigersi in un posto magico e dove ha lasciato la sua Sia (Agni Scott). 

In un pub ascolta una ragazza dotata di un talento eccezionale e una voce da usignolo: Melina.

Un’altra scoperta, meno piacevole, è  che davanti alla sua casa a picco sul mare, c’è una processione di depressi, anime disperate e smarrite che credono di trovare come unica via d’uscita il suicidio. Così decide di costruire una recinzione per proteggere i disperati che si vogliono lanciare nel vuoto e cerca d’instaurare con loro un dialogo pieno di solidarietà e umanità.

Riuscirà a riconquistare la donna lasciata sull’isola e ad essere un buon padre per Melina?

Andate a scoprirlo su Netflix!



With Love, Meghan


 La discussa serie uscita su Netflix a marzo, con una Meghan innamorata della cucina, dell'amicizia, dei fiori e delle verdure, mi è piaciuta moltissimo per tanti motivi. 

Lo scenario è mozzafiato: la sua tenuta californiana con tanto di giardino ricchissimo di ogni tipo di frutta, di api, galline e verdure colorate, con vista nel paese delle meraviglie.

E la nostra Meghan/Alice invita amici famosi e cari, per condividere pranzetti deliziosi, ricordi preziosi, ricette semplici e più elaborate e filosofie di vita.

Con il miele appena fatto e conservato in semplici barattoli di vetro e candele di cera d'api preparate con cura da Meghan con l'amico Daniel Martin, i suoi spaghetti risottati che senza saperlo, cucino anch'io come lei, più o meno, inizia il racconto fatto con amore dalla Duchessa del Sussex, cresciuta a Los Angeles in una famiglia normale.

Che Meghan amasse cucinare lo avevo scoperto nel bellissimo volume "Prince Harry Spare" quindi non è una novità.

Mi ha affascinato il suo modo di fare, la sua ospitalità e la semplicità con la quale si approccia all'esistenza, desiderosa di conoscere, di apprendere e di trasmettere agli altri il suo amore per la vita e per le cose belle.

Nel terzo episodio, particolarmente interessante, cucina con lo chef Roy Choi (in foto) il quale le confessa dei segreti di cucina come quello di scaldare in padella le spezie dei barattoli, quando non si ha la possibilità di usare quelle fresche e altri piccoli e indispensabili accorgimenti per preparare un pollo fritto impeccabile.

E' delizioso anche il quinto episodio, quello in cui organizza con le amiche Abigail Spencer e Kelly Zajfen un pranzo tutto al femminile con consigli sulle composizioni floreali che per Meghan è un vero spasso confezionare, dopo aver scelto dal fioraio di fiducia, i fiori adatti.

Gli episodi sono otto in tutto. Il settimo è quello in cui la padrona di casa prepara un cesto dal suo orto per la cara amica Vicky Tsai, con cui prepara un piatto difficilissimo: i ravioli di Vicky. Sono molto intense in questo episodio le riflessioni sull'esistenza e la parte relativa ai trattamenti di bellezza in casa.

L'ultimo episodio è quello in cui Meghan e la chef Alice Waters preparano un brunch californiano con alimenti freschi da gustare all'aperto con le amiche, la madre e il marito Harry.

Suggerisco di vedere la serie. E' rilassante e personalmente mi sono innamorata di Meghan e delle sue crudités.



Il caso Moro


 Tratto dal libro "I giorni dell'ira. Il caso Moro senza censure" (1982) di Robert Katz, "Il caso Moro" è un film del 1986 diretto da Giuseppe Ferrara e fu il primo ad affrontare l'intera vicenda del rapimento di Aldo Moro il 16 marzo del 1978, con il volto, la voce e la splendida interpretazione di Gian Maria Volonté.

La narrazione è lineare e Moro, uomo che resta educato, pacato nell'esternazione delle sue emozioni e dell'immenso dolore misto a delusione per la passività e la noncuranza dimostrata da coloro che fino a quel momento aveva ritenuto amici fedeli e affini negli ideali di lealtà e stima reciproca, è ricostruito sulla base delle meravigliose lettere d'aiuto destinate ai colleghi politici, al Papa, all'amata moglie e ai figli e al nipote che non rivedrà mai più.

Il film ripercorre i 55 giorni di prigionia, dalla strage di Via Fani fino al rinvenimento del corpo del presidente della Democrazia Cristiana. 

Il regista sceglie di mostrare i brigatisti a viso scoperto e non con il passamontagna e l'accesso di Don Stefani interpretato da un giovanissimo Augusto Zucchi, l'amico caro di Moro che nel film entra nel covo delle Br, pare sia una scelta artistica che non trova riscontro con la realtà dei fatti.

Incanta la recitazione di Gian Maria Volonté, il cui corpo magro si rannicchia fino quasi a scomparire nelle foto che lo ritraggono e che saranno diffuse a mezzo stampa e colpisce il suo sguardo clemente e solidale rivolto ai suoi rapitori, con i quali si confronta, spera e si rassegna.

Le lettere lucide e appassionate che all'esterno vengono fraintese da alcuni, come se non le avesse scritte Aldo Moro, mostrano secondo il mio punto di vista, l'animo dell'uomo amato meno di quel che avrebbe giustamente meritato. La considerazione e il rispetto donato da Moro agli amici, la fiducia incondizionata, trapelano da quelle lettere che rappresentano la sua voce, la sua richiesta disperata d'aiuto, il cui eco risulta essere sordo o soffocato chissà.

E' una storia ancora avvolta nel mistero, nonostante le condanne e gli ergastoli.

Manca un processo ed è quello alle anime dei presunti amici che lo abbandonarono.

Il film è bello perché rispetto alle fiction attuali, non ha come fine quello dello struggimento e della vetrina per attori spesso mediocri.

Qui l'unica protagonista è la storia narrata.

Chapeau a Volonté che nel 1987 al Festival di Berlino, ricevette il premio come Miglior attore e nello stesso anno il Ciak d'oro conquistato dal film, al regista Ferrara e all'autore del libro Robert Katz.  

PennadorodiTania CroceDesign byIole