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A lezione di teatro dal Professor Gnomus. L'intervista

L’attore, autore e regista Claudio Gnomus, sarà in scena al Teatro Porta Portese di Roma con lo spettacolo Ass Mania, una sorta di excursus culturale sul lato B, a partire dall’antichità fino a giungere ai giorni nostri, alla società dell’immagine e alla pubblicità. Il Professor Gnomus ci spiega la storia della sua ultima pièce prima della prima.

Tania Croce) Dopo la meravigliosa pièce tratta dal libro di Gray Gli uomini vengono da Marte, le donne da Venere, dove ti ergevi a insegnante colto e burlone, torni a teatro con uno spettacolo sociologico e antropologico come Ass Mania. Ti va di parlarmene? 

Claudio Gnomus) Volentieri, quello spettacolo che menzionavi Gli uomini vengono da Marte, le donne da Venere, mi ha aperto una finestra sul mondo delle coppie che non ho più chiuso. Dopo quello scrissi Marte Venere dalla teoria alla pratica (Teatro dei Satiri), Tra moglie e marito non mettere il dito (Teatro dei Satiri e poi Ambra Garbatella), e Tre ex in affitto WiFi inclusa (Teatro dei Satiri e poi Tirso De Molina, tradotto anche in Croato al Teatro Nazionale di Zara). 
Ora mi sono trovato, anche per le esperienze di Producer nel Burlesque insieme ad Amalia Vox, a considerare l’importanza del lato B. Mi sono detto: nel famoso best seller, poi anche spettacolo teatrale di grande successo I monologhi della vagina, si è dato voce alla femminilità più vera e profonda, ma mai nessuno, che io sappia, ha dato voce e parlato del sedere. 
Il lato B è sempre stato importante fin dall’antichità, nella pubblicità, nell’arte e nella linguistica. Quindi vesto di nuovo i panni del Professor Gnomus per parlare, sempre con il massimo rispetto e tanti aneddoti culturali, ma anche con tanto spirito e divertimento (di nuovo colto e burlone vedi?) del sedere, posteriore, deretano, didietro, glutei, chiappe o puramente… culo. Durante la serata ci saranno due interventi di Burlesque di Amalia Vox e di un/a ospite a sorpresa ogni sera. 

Tania Croce) Quanto è urgente per un attore comunicare certe verità a teatro? 

Claudio Gnomus) Non so, ma arriva un momento in cui senti che è il momento giusto per uscire allo scoperto ed allora diventa impellente comunicare, confrontarsi, anche scontrarsi se occorre con il perbenismo, cercando di far capire che si può parlare di tutto, con la giusta misura e il rispetto per il pubblico. 

Tania Croce) Siamo ciò che mostriamo di essere ben oltre la maschera che indossiamo o come scrisse Luigi Pirandello ne I giganti della montagna Imparerai a tue spese che lungo il tuo cammino incontrerai ogni giorno milioni di maschere e pochissimi volti

Claudio Gnomus) Come non essere d’accordo col grande Pirandello che delle “maschere” fece una conoscenza approfondita e credo ineguagliabile. Però, senza nulla togliere alla serietà ed alla pragmaticità pirandelliana, credo ci sia un lato giocoso, burlone, ma non per questo meno colto, che a volte ci può far superare la maschera. D’altronde non si dice forse che il “culo non mente mai?” Io ho visto tanti volti camuffati da maschere più o meno importanti ma non ho mai visto un sedere mascherato. 

Ah ah, che dire, andiamo a vedere il volto che sta dietro a tante maschere che incontriamo nella nostra vita. Ci guiderà il Professor Gnomus!

Quando? 

domani Venerdì 15 novembre, a seguire fino all’8 dicembre (venerdì e sabati alle 21,00 e domeniche alle 18,00). 

12 repliche. Teatro Portaportese, Via Portuense 102. Trastevere, Roma. 

di Tania Croce

Rita Pasqualoni è Tangenziale. L'intervista

Torna al teatro Lo Spazio il 26 novembre 2019 "Tangenziale" lo spettacolo diretto e interpretato da Romano Talevi.
Diverse storie, raccontate in musica e prosa dal suo narratore Krapp, un chitarrista cieco con il dono della veggenza, che si esibisce con un trio di artisti di strada per le vie della città. 
Incontriamo l'attrice Rita Pasqualoni, nel cast dello spettacolo pieno d'attualità e riflessioni per raccontarci alcuni particolari del testo e del suo personaggio.

Tania Croce) In questo spettacolo il passato s'insinua nel presente. Tangenziale è un luogo di passaggio, una terra di mezzo dove s'incontrano un gruppo di musicisti illuminati da un personaggio cieco dotato della saggezza di Tiresia. Qual è il tuo ruolo in questa pièce?

Rita Pasqualoni) Il mio ruolo in “Tangenziale”? "Io sono Tangenziale, attraverso di me passano le vie del mondo. Vene scure di giorno, serpenti di arcobaleno la notte. Vite vanno e vengono incessantemente…”. Tangenziale rappresenta non solo un luogo ma tutta l’umanità, in tutte le sue forme e sfaccettature e nello stesso tempo è al di sopra di tutto e tutti. Tangenziale osserva, custodisce, consiglia, accoglie, offre speranza a tutte le genti che “…come piccole formiche cosmiche si perdono nel nulla delle loro esistenze”. Tangenziale è in continua trasformazione: è e non è allo stesso tempo. Subisce metamorfosi fisiche e psichiche. Ma è sempre presente, altrimenti non ci sarebbe vita “…ogni città che io contengo è il mio cuore, il suo battere frenetico. In me pulsa la vita dell’universo stesso.” Nella pièce, Tangenziale ingloba tutto ciò che accade realmente in scena e fuori dalla scena, ossia in un mondo parallelo realizzato attraverso dei video, un mondo il cui significato profondo, sarà visibile solo alle anime consapevoli. 

Tania Croce) Ti trovi in quest'ombelico del mondo a riflettere e far riflettere il pubblico su quali tematiche?

Rita Pasqualoni) Lo spettacolo “Tangenziale”, attraverso la musica dal vivo e la prosa, consta di due livelli di lettura: quello fisico, materiale e quello spirituale, onirico. Attraverso il mio ruolo vorrei far riflettere o quanto meno offrire una suggestione su come stiamo vivendo e dove stiamo andando. Perché Tangenziale esisterà sempre ma l’umanità no. Abbiamo tutti un tempo limitato per vivere su questo pianeta chiamato Terra “…siamo tutte anime di passaggio ma ci vuole tanto coraggio…” e quindi non possiamo sprecarlo. Vorrei che ci destassimo da tanti falsi miti che troppo spesso si sostituiscono ai veri valori della vita, alimentando conflitti e intolleranza fra le persone. Infine le guerre. Vorrei che prima di intraprendere una qualsiasi azione, ci chiedessimo se ne vale davvero la pena, analizzandone vantaggi, svantaggi e conseguenze.

Tania Croce) Il teatro può essere visto oggi come mostrò Aristofane ne Le Rane, la salvezza degli uomini?


Rita Pasqualoni) Credo che il teatro, da sempre, sia stato salvifico per gli uomini. Un mezzo per comunicare, per denunciare, per allietare e divertirsi, far riflettere e interrogarsi, per celebrare semplicemente la bellezza e l’estetica. Attraverso questa forma di espressione artistica (così come del resto attraverso la pittura, la musica, la danza, ecc.) si ha la possibilità di arrivare alla mente e al cuore delle persone e condividere il proprio pensiero e visione del mondo. L’attore interpreta la realtà che riconsegna allo spettatore arricchita di un significato soggettivo che la trascende. Ed è questo secondo me che fa del teatro un luogo magico, dove poter fare accadere l’inverosimile, ciò che è nascosto nelle pieghe della nostra coscienza. Operando questa sorta di magia, gli uomini possono essere salvati, sia gli attori che gli spettatori. Possono trovare, in modo inaspettato, una soluzione o semplicemente una giusta intuizione. Possono provare sensazioni sconosciute o ritrovate e riconciliarsi. Possono uscire da questo luogo di mistificazioni ma mai falso, con una nuova consapevolezza. Oggi con la moderna tecnologia applicata agli smartphone , si è perso un po’ il senso del mistero. Intendo il mistero della vita, di ciò che ci muove veramente e di come ogni giorno sia un piccolo grande miracolo svegliarsi, respirare, emozionarsi. Compiere tutte quelle azioni che ci accompagnano durante la giornata, essere consapevoli dei pensieri e sensazioni che ci animano. Siamo sempre più distaccati da noi stessi perché sempre più spesso ci relazioniamo e confrontiamo con una realtà virtuale dalla quale pretendiamo risposte, amicizie, conoscenza. Allora ecco che il teatro può salvarci ancora una volta, facendosi portatore di un’umanità che si sta perdendo, di quel fuoco sacro che riscalda le anime stanche e congelate, di vita e speranza.


Lo spettacolo sarà in scena dal 26 novembre al 1 dicembre 2019, sarà un'immersione nella bellezza. 


di Tania Croce



Shara Guandalini è Wondergiggi. L'intervista

Shara Guandalini, non è solo l’attrice comica ed estrosa che conosciamo, è anche una blogger. 
Wondergiggi nasce dal blog che ha lo stesso nome dello spettacolo in scena al Teatro Testaccio dall’8 al 10 novembre 2019. 
E' un viaggio semiserio nella vita di una quarantenne di oggi, una sorta di diario autoironico in cui la sua autrice annota pensieri, riflessioni su questo mondo storto.
Incontriamo Shara Guandalini sul web prima dello spettacolo diretto da Giorgia Giuntoli. 

Tania Croce) Nel tuo spettacolo, immagino tu sia la personificazione del blog che sfoglierai metaforicamente per raccontarti e raccontare le tue esperienze. Me ne vuoi parlare? Sarai sola in scena in un monologo/soliloquio oppure? 

Shara Guandalini) Sono sola. Sono Shara che, pian piano più entra nel racconto di se, più diventa Wonder. Ognuna di noi lo è.

Tania Croce) La vita di una donna e madre oggi, è ciò che le capita perché lo vuole fortemente o è ciò che accetta passivamente senza fare nulla per cambiare? 

Shara Guendalini) Culturalmente e fisiologicamente noi donne siamo destinate a fare più cose insieme: la madre, la moglie, la donna in carriera, l’amante, l’amica, la confidente. Ecco credo che ogni tanto, quando ci si accorge che tutti questi ruoli ci risultano un po' stretti, sia necessario fermarsi e dire: “io non ce la faccio, non riesco”. Credo sia molto più difficile, ma più salutare. Sennò il rischio è quello di implodere, di colpo.

Tania Croce) Se rinascessi preferiresti essere un uomo, oppure difendi ironicamente ed esalti il tuo essere ‘woman’? 

Shara Guendalini) Girl power forevah! Credo che l’ironia e la leggerezza siano il mezzo per navigare, la leggerezza come valore, da non confondere con la superficialità, è un’arma potentissima per sopravvivere e per attutire i colpi altrui.

Tania Croce) Come la leggerezza intesa da Italo Calvino. Pensi che arriverà il giorno in cui la parità tra i due sessi farà comprendere al mondo che è cosa buona e giusta la generosità, la giustizia, la pace, insomma il femminile? 

Shara Guendalini) Non siamo tutte rose e fiori, dovremmo ancora imparare molto dal mondo maschile. Per prima cosa la capacità di fare gruppo, il cameratismo non ci appartiene per nulla. Gli uomini si confrontano, le donne si paragonano. Questo purtroppo ci pregiudica molto in tema di parità, perché la storia insegna che l’”insieme è meglio delle singole parti”.

E' stato fantastico risentirti dopo tanto tempo e credo quest'intervista infonda tanta curiosità nel lettore che correrà a vedere Wordergiggi di e con Shara Guandalini e la regia di Giorgia Giuntoli

Quando? 

👉Dall'8 al 10 novembre al Teatro Testaccio in Via Romolo Gessi 8 h 21.00 (il 10 h.18) teatrotestaccio@gmail.com Tel: 06 5755482 

Vi consiglio di vedere questo spettacolo perché Shara ha un talento innato e sorprendente per cui quello in sua compagnia sarà un bellissimo viaggio nel quale si riderà tanto e si rifletterà.

di Tania Croce

Giovanni Arezzo è il giovane Adolf Hitler. L'intervista

Debutta a Roma dal 4 al 6 novembre al Teatro de’ Servi, nell’ambito della stagione Fuoriclasse, dedicata alla drammaturgia contemporanea, MEIN KAMPF KABARETT  di George Tabori con la regia di Nicola Alberto Orofino. Ce ne parla l'attore e regista Giovanni Arezzo, nel cast di questo toccante spettacolo.

Tania Croce) Sei nel cast di uno spettacolo suggestivo sulla storia di un'umanità lacerata dalla Guerra e dall'attesa di un'esistenza possibile. Che sensazione hai provato nei panni del tuo personaggio?

Giovanni Arezzo) Ho provato una sensazione molto strana quando il regista Orofino mi disse che aveva pensato a me per il MEIN KAMPF, e proprio per il ruolo di Adolf Hitler: dover interpretare un uomo realmente esistito, e che ha influito in maniera irreversibile e così spaventosamente negativa nella storia dell’umanità, devastando il mondo intero, mi ha fin da subito riempito il cervello di domande e di dubbi. In realtà, l’Hitler che interpreto io è un giovanotto di provincia squattrinato e con il sogno di diventare pittore, di fare l’artista: non ha (ancora) messo a punto i suoi piani di devastazione e di distruzione del mondo. Ciò mi ha permesso di prendere un po’ le distanze (eticamente parlando, diciamo) dal Fuhrer per come lo conosciamo e lo abbiamo studiato noi a scuola, e ho cercato di costruire il mio personaggio utilizzando tutti i mezzi a mia disposizione (filmati, fotografie, biografie etc) per rendere coerenti i miei modi e le mie azioni a quella che è stata la realtà (non so quanti comizi in tedesco ho visto nel mese di prova dello spettacolo), restituendo però a un mostro come Hitler tutta l’umanità di cui aveva bisogno all’interno della fetta di storia che raccontiamo.

Tania Croce) La storia insegna a non compiere gli stessi errori, oppure pensi che il destino dell'uomo sia segnato dalla teoria dei corsi e dei ricorsi?

Giovanni Arezzo) L’uomo non riesce a non commettere errori. E gli errori, quelli enormi che poi entrano nella storia nostro malgrado, secondo me, nascono da sentimenti che sono propri della natura umana (quali l’odio, l’invidia, la paura del diverso). Per cui, anche se cambieranno le forme in cui si paleserà, il Male continuerà a segnare per sempre la quotidianità di ogni epoca. 

Tania Croce) Cosa è necessario insegnare ai giovani?

Giovanni Arezzo) Ti risponderei che sarebbe necessario insegnare ai giovani a considerare il rispetto nei confronti del prossimo, dato che il prossimo siamo ognuno di noi per le vite di tutti gli altri, la base della propria esistenza. Così sarebbe semplicissimo. Ma è da sempre che si insegnano ai giovani queste cose stupende, eppure sembra quasi che il genere umano regredisca. Per carità, tra sistemi touch-screen ovunque e tecnologie avanzatissime, ma io non vedo che regresso. Nel pensiero, nell’approccio alle cose, ai fatti, alle persone. 
Per cui, se dovessi veramente avere davanti un giovane a cui dire una sola cosa, gli direi: pensa con la tua testa senza farti accecare da pugni di fumo negli occhi, sforzandoti sempre di metterti nei panni degli altri quanto vorresti che gli altri lo facessero con te. 

Tania Croce) Il testo di Tabori, capovolge il Mein Kampf del Fuhrer. In che senso? 

Giovanni Arezzo) Qui si parla del Mein Kampf del Fuhrer molto prima che venisse scritto quel libro. E nel testo di Tabori è proprio Shlomo, addirittura un ebreo, a occuparsi della stesura di questo libro. Però, forse, il senso finale del libro e del pensiero che si cela dietro le pagine che lo compongono, non ne viene fuori poi così capovolto. Venire a vedere per credere, insomma. 

Tania Croce) Il teatro può essere una danza di speranza? 

Giovanni Arezzo) Io credo che il teatro debba essere bello. In quanto tale, poi, diventa tutto. Anche una danza di speranza. Ma anche un urlo di disperazione, uno svago, una lezione di storia, a volte di vita. Diventa tutto. 
Il teatro deve essere bello perché chi va a teatro deve riuscire a lasciare fuori dalla sala tutta la sua vita, e deve ritrovarla due ore dopo diversa, arricchita. Se quando esci dal teatro sei identico a quando sei entrato, qualcosa è andato storto. 
ll teatro deve essere bello perché i teatri devono tornare a essere pieni, non solo di addetti ai lavori ma di persone comuni. E questa è la mia personalissima danza di speranza. 

di Tania Croce 


Il comunicato stampa 

MEIN KAMPF KABARETT

di George Tabori

con Giovanni Arezzo, Francesco Bernava, Egle Doria, Luca Fiorino, Alice Sgroi

scene e costumi Cristina Ipsaro Passione

assistente Gabriella Caltabiano

organizzazione Filippo Trepepi

Regia Nicola Alberto Orofino

Produzione Mezzaria Teatro

Dal 4 al 6 Novembre ore 21


Teatro de’ Servi

Debutta a Roma dal 4 al 6 novembre al Teatro de’ Servi, nell’ambito della stagione Fuoriclasse, dedicata alla drammaturgia contemporanea, MEIN KAMPF KABARETT di George Tabori con la regia di Nicola Alberto Orofino.

Un giovane ragazzo con la passione della pittura, arriva da Braunau sull’Inn a Vienna per tentare l’esame di ammissione all’Accademia di Belle Arti. Squattrinato, infreddolito e costipato, trova rifugio in un dormitorio in cui vivono l’ebreo Lobkowitz e l’ebreo Herzl.

Una storia come tante, se non fosse che quel giovane ragazzo altro non è che l’uomo che da lì a qualche anno avrebbe abolito ogni libertà in Germania, causato un conflitto mondiale e ucciso sei milioni di ebrei.

MEIN KAMPF di George Tabori è un testo complesso, ricco di riferimenti religiosi, storici, intellettuali. 

Giovanni Arezzo, Francesco Bernava, Egle Doria, Luca Fiorino, Alice Sgroi portano in scena una gigantesca riflessione sul senso della vita e della morte, della storia e della fantasia, della verità e della bugia. Niente è come sembra perché tutto si mischia, tutto si può dire, tutto può accadere, tutto si può fare dentro l’ospizio della signora Merschmeyer sito in Vicolo del Sangue a Vienna.
L’ ebreo Herzl conduce il gioco. Lui che è un grande bugiardo, passa il tempo ad aspettare. L’attesa, condizione esistenziale ebraica, è il suo modo di vivere la vita.
Nell’attesa e nel dubbio esplodono fantasia e creatività: le bugie diventano l’unico nutrimento irrinunciabile dell’ebreo Herzl. Da lui e con lui prorompono in palcoscenico un ventaglio di personaggi stra-ordinari, forse frutto della sua fantasia. L’ebreo Lobkowitz che crede di essere Dio, la vergine Gretchen, la più intima proiezione di Herzl, contemporaneamente sogno d’amore e di erotismo, rappresentante di un mondo femminile che vorrebbe appagarlo, ma lo spaventa. Le giornate scorrono all’interno dell’ospizio viennese, le relazioni sempre più forti, le riflessioni sempre più argute, e ,quando sembra che un’improbabile quanto auspicabile amicizia sia ormai nata tra l’ebreo Herzl e il giovane “ariano” di Braunau sull’Inn, arriva la signora Morte per prendersi il futuro Fuhrer, quale suo aiutante prediletto. La storia non si modifica, il futuro degli uomini è segnato dentro il taccuino che la cieca signora dell’Aldilà consulta per avvisare i clienti che l’ora è giunta. Il senso della Storia rimane interdetto, meraviglie e orrori del passato e del futuro che verrà, non possono trovare spiegazioni umane.
MEIN KAMPF, rovesciando completamente l’omonimo libro del Fuhrer, è una lezione di vita, perché di attesa e d’incapacità di leggere e ragionare sugli accadimenti della nostra esistenza, di frustrazioni e inumanità, di bramosia di potere e leaderismo siamo ammalati in tanti, oggi come ieri. In un contesto del genere, tutto può accadere anche oggi, come quando in quel tempo non tanto lontano.

“Ho aggiunto il sottotitolo KABARETT, al titolo MEIN KAMPF del testo di Tabori”- annota Nicola Alberto Orofino. “Il Kabarett, da un punto di vista tematico e stilistico faceva spessissimo uso della satira, soprattutto affrontando argomenti legati alla società e alla politica, non ultimo il nazismo. Inoltre l’antisemitismo dilagante in quegli anni colpì duramente anche la comunità degli artisti del Kabarett, perché molti di loro erano ebrei. L’ironia a tratti feroce che pervade il testo, mi ha fatto pensare che questa forma di spettacolo tanto si avvicina allo spirito dell’opera. Infine ho preferito usare il termine Kabarett a Cabaret nel rispetto di una differenziazione proposta dagli stessi studiosi e artisti tedeschi dell’epoca: cabaret indica solo gli spettacoli più piccanti e di grana grossa, mentre il termine Kabarett sarebbe riservato agli intrattenimenti di satira sociale e politica.
E intrattenimento di satira sociale e politica mi sembra la definizione più giusta per il tipo di lavoro intrapreso.”

Ufficio Stampa


Maresa Palmacci 348 0803972; palmaccimaresa@gmail.com




Giada Prandi, in Dolce attesa per chi? L'intervista


L'attrice Giada Prandi che dal 5 al 10 novembre prossimo, andrà in scena al Teatro Trastevere di Roma con "DOLCE ATTESA PER CHI?", progetto sostenuto dallo studio Genetica: la banca etica del cordone ombelicale specializzata in Nutrigenica, Test DNA, Genetica prenatale non invasiva, Cellule staminali, ci racconta la storia dello spettacolo scritto da Betta Cianchini.

Tania Croce) Il dubbio amletico di essere o non essere madre in una società evoluta e in cui la donna al pari dell'uomo oggi fa carriera, anche se per ottenere tale parità professionale deve rinunciare alla maternità, sconcerta e inquieta l'universo femminile e il tuo personaggio, me ne vuoi parlare? 

Giada Prandi) Bianca (il mio personaggio) è una trentenne precaria nel lavoro e in amore. Come dice il testo: ha un contratto “a progetto” ma progetta di avere un contratto. Ha una relazione con un ricercatore anch’esso precario, uno dei tanti cervelli prossimi alla fuga, costretto a prendere in considerazione l’espatrio per sperare in una carriera dignitosa. Lo spettacolo racconta dunque cosa accade dal momento in cui (sulla base di questi presupposti) Bianca inizia a desiderare un figlio e una famiglia. Nasce quindi una guerra fra la testa e la pancia (non a caso lei e il suo alter ego in scena interpretato da Veronica Milaneschi sono vestite da soldati). Un confronto spietato e surreale fra la sua parte più razionale e positiva e quella più istintiva e cinica. Si può fare un bambino con un compagno ricercatore precario che medita l'espatrio? Meglio rimanere o partire? Cosa fare se non si hanno dei nonni a disposizione per aiutarti? Come conciliare il desiderio di maternità con il lavoro? Il fatto che in una società evoluta molte donne debbano rinunciare non per scelta personale ma perché scoraggiate da un determinato contesto culturale, sociale ed economico è sconcertante. Scegliere di non fare figli è una scelta legittima e sacrosanta quanto lo scegliere di farli, detto ciò è profondamente ingiusto che tante donne che i figli vorrebbero tanto averli, debbano vedersi costrette a reprimere un desiderio così importante perché abbandonate e non tutelate abbastanza dalla società e dalla politica. 

Tania Croce) Le trentenni e le quarantenni spesso non sostenute da compagni precari o inesistenti, scelgono di mettere al mondo un figlio autonomamente. Pensi ciò sia innaturale oppure legittimo?

Giada Prandi) La questione è complessa e non si può generalizzare. Il contesto lavorativo è difficile e instabile anche per gli uomini. I motivi che possono portare una donna a mettere al mondo un figlio anche senza l’aiuto del partner possono essere molteplici e non mi sento di esprime giudizi generici. Quello che è vero però, è che da un punto di vista culturale c’è ancora l’idea che chi debba sacrificarsi di più da un punto di vista lavorativo sia sempre e comunque la madre. Quindi troppo spesso accade che nella coppia, chi deve rinunciare di più è la donna e questo deve cambiare. 
La coppia è un progetto a due altrimenti non è una coppia, quindi parità di oneri e onori. 

Tania Croce) Preparando lo spettacolo, hai sentito il peso della responsabilità di lanciare un messaggio forte su questo argomento delicato e sottovalutato? 

Giada Prandi) Questo testo sapientemente scritto da Betta Cianchini non si propone di lanciare un messaggio ma piuttosto di accendere un faro su una tematica non abbastanza trattata e di porre delle domande specifiche osservando la questione da varie angolazioni, contestualizzandola il più possibile alla situazione economica e sociale del nostro paese. Tutto quello che viene raccontato nel testo è frutto del vissuto personale dell’autrice. La sua esperienza di madre precaria senza nonni a disposizione e con un compagno costretto a lavorare H24 per portare a casa la cosiddetta pagnotta. Per esempio lo spettacolo inizia con la registrazione di una vera telefonata fatta a un CUP della regione Lazio in cui tentiamo di prenotare un’amniocentesi per la quale scopriremo che sarà impossibile trovare posto. Si tratta di un’esame fondamentale per le gravidanze dopo i 30 anni finalizzato a diagnosticare eventuali malformazioni del feto, Un esame che presso le strutture private può costare dagli 800 ai 1200 euro. Si parla poi della questione asili nido, di depressione post-partum e molto altro. Tutto in chiave grottesca, ironica e surreale ma con una forte attenzione alle tematiche più concrete. 

Tania Croce) Credi che la donna oggi sia considerata al pari dell'uomo? 

Giada Prandi) Ancora no. Si sta finalmente cominciando a prendere veramente coscienza del fatto che c’è una questione “parità” soprattutto nell’ambito lavorativo. Si comincia a parlarne più apertamente ma penso che in Italia siamo ancora lontani dall' aver risolto il problema. Abbiamo fatto dei passi avanti, questo è buono e lascia ben sperare ma ancora non ci siamo. Il problema è culturale, la società è purtroppo ancora molto impregnata di un sessismo vecchio e stantio ma sono fiduciosa del fatto che per le prossime generazioni la parità sarà un valore assodato e fondante. 

Tania Croce) Esiste l'orologio biologico che impone figli entro i 40 anni. Una donna senza figli può sentirsi completa ugualmente? 

Giada Prandi) L’orologio biologico è un po’ uno di quei mostri creati da una certa cultura che affonda le sue radici nel senso di colpa: “Sbrigati altrimenti poi non sei più buona”. Le donne non sono un vasetto di yogurt con la una scadenza sopra! 
E' ovvio che biologicamente c’è una fascia di età in cui il corpo è maggiormente predisposto alla gravidanza ma la società muta e come è sempre stato nell’evoluzione della specie il nostro corpo farà di tutto per adattarsi. Il fatto poi che una donna per essere completa debba avere un figlio è un concetto aberrante e pericoloso. Anzi semmai è proprio il contrario, direi che solo una donna completa e realizzata nella sfera personale può svolgere al meglio il suo ruolo di madre. Una donna frustrata difficilmente potrà essere una madre equilibrata e felice. E’ fondamentale dunque che la politica si impegni seriamente affinché le donne possano emanciparsi ed affermarsi professionalmente in età molto più giovane. 

Giada Prandi che sarà al fianco di Alessandro Gassman e Maya Samsa in "Io ti cercherò" nuova fiction di prossima messa in onda su RAI 1, vi attende al Teatro Trastevere di Roma dal 5 al 10 novembre 2019. 

di Tania Croce




ORARIO SPETTACOLO

Da martedì a sabato inizio spettacolo ore 21:00

Domenica inizio spettacolo ore 17:30

PREZZI BIGLIETTI

Intero: € 12,00 + € 2,00 di tessera associativa del teatro
Ridotto: € 10,00 + € 2,00 di tessera associativa del teatro

INFO E PRENOTAZIONI

Tel: 065814004 / 3283546847

E-mail: info@teatrotrastevere.it

Teatro Trastevere

Via Iacopa De’Sette Soli, 3

00153 Roma

Media Relations:
CGP Srl

Giorgio Cipressi & Giovanna Palombini

Greta De Marsanich cgpcomunicazione@gmail.com +39.3208626213

Carola Piluso
Tel.3406485395


Marco Fiorini è Ciancicagnocchi. L'intervista

Torna a teatro Ciancicagnocchi, la pièce scritta e diretta da Gabriele Mazzucco, vista all'Ambra alla Garbatella nel 2014 e interpretata da Valerio De Angelis con Andrea Alesio, Chiara Fiorelli, Federica Orrù e Paola Raciti.
Dopo la tappa di Civitavecchia sabato 19, giunge nella Capitale il 26/27 ottobre prossimo, precisamente nel teatro del suo autore e regista: Il Barnum Seminteatro e noi incontriamo il protagonista di questo monologo, l'attore Marco Fiorini per un'intervista nella quale scopriremo curiosità e rivelazioni sulla preparazione del personaggio e non solo.

Tania Croce) Ciancicagnocchi detto Ciancicagno', deve il suo soprannome alla balbuzie che lo caratterizza e che mette in luce un po' come la logorrea di Rugantino, la sua immensa umanità. Pur essendo un monologo, come gestisci i diversi registri linguistici prettamente romaneschi dando voce a numerosi personaggi?

Marco Fiorini) Hai detto bene. Il primo aspetto da sottolineare di questo personaggio è la sua grande umanità. Lui è un popolano, senza arte né parte, che vive di espedienti. Ma è sostanzialmente un debole, che si appoggia all’amico fraterno che al contrario è il ras del quartiere (Trastevere) che lo protegge quotidianamente. Il punto in cui noi lo troviamo in questa storia, è proprio quando viene a mancargli l’appoggio dell’amico fraterno (che viene arrestato) e lui si trova da solo a fronteggiare le vicissitudini che la vita gli prospetta. La sua balbuzie, come tu giustamente sottolineavi, che tra l’altro interviene solo nei momenti in cui lui si innervosisce e si sente in difficoltà, è proprio un elemento che serve a caratterizzare la sua grande debolezza, a sua volta punto forte della sua immensa umanità. Gli altri personaggi che gravitano intorno al protagonista/narratore della storia, sono alcuni parte del suo mondo e quindi a lui vicini per estrazione sociale e formazione culturale, altri invece da lui distanti (come il conte, suo nonno o presunto tale). Ho cercato di caratterizzarli tutti lavorando sui toni della voce, modificando timbrica e volumi e postura del corpo per aiutare lo spettatore a seguire i vari dialoghi tra i personaggi che però ovviamente conduco da solo. Menzione a parte merita il personaggio di Annarella, unico femminile, per il quale insieme al regista Gabriele Mazzucco, abbiamo fatto una scelta di campo decidendo di evitare estreme femminilizzazioni che avrebbero potuto condurre alla macchietta, esaltando invece un aspetto di dolcezza nella parlata, da coniugare però con la forte personalità del personaggio, popolana verace e disincantata.

Tania Croce) Hai mai interpretato un ruolo simile ed essendo romano d'origine quanto lo senti vicino a te?

Marco Fiorini) E’ la prima volta che mi capita di accettare una sfida del genere, cimentandomi nell’interpretazione di una sorta di Rugantino, seppur riveduto e corretto. Io sono romano di origine, ma non di estrazione popolare e credo di avere poco a che fare con Ciancicagnocchi, elemento questo che mi ha indotto ad accettare ancor più volentieri la sfida. Lui, ripeto, vive di espedienti, molto alla giornata, è un furbastro in qualche modo costretto ad esserlo proprio per motivi di sopravvivenza, tutte caratteristiche che in realtà non hanno mai fatto parte della mia filosofia di vita e non rientrano nel mio bagaglio di esperienze di vita vissuta. Non abbiamo molto in comune io e Ciancicagnocchi, se non proprio quell’umanità che credo mi appartenga, di uomo consapevole delle proprie debolezze e dei propri limiti; in questo lo sento molto vicino a me.

Tania Croce) Sei entusiasta d'indossare i panni ottocenteschi e magnifici del tuo straordinario personaggio? 

Marco Fiorini) Sono ovviamente molto entusiasta di questa avventura anche per i risultati che mi sta dando professionalmente. Non c’è dubbio che sono molto affascinato da quel periodo storico inquadrato nel nostro racconto, di una Roma un po’ decadente, priva di una reale classe media, dove i ricchi nobili sono i potenti e il popolino si arrabatta come può. Tra l’altro questa è un’occasione per ripercorrere una fase molto importante anche per la sua tragicità, della storia di Roma: il moto rivoluzionario del 1849, primo vero episodio di ribellione del popolo romano, sfociato nella dolorosa carneficina del Gianicolo. I riferimenti storici nel testo sono tutti reali e riportati con estrema dovizia di particolari. E poi hai toccato un tasto che mi preme sottolineare: vestire questi panni, nel vero senso letterale della parola, è un privilegio per l’opera splendida che ha fatto la costumista Chiara Fiorelli, mettendomi a disposizione un costume meraviglioso che è di fondamentale aiuto a me nell’interpretazione e allo spettatore per calarsi ancora di più nella storia.

Tania Croce) Qual è il messaggio dello spettacolo?

Marco Fiorini) Il messaggio è raccolto in una battuta verso la fine dello spettacolo che Ciancicagnocchi condivide con il pubblico: “Nella vita spesso famo tanto pé diventa quello che volemo, ma poi alla fine se ritrovamo a esse solo quello che dovemo”. L’affannosa e legittima ricerca di un qualcosa di meglio nella vita, si scontra inevitabilmente con il destino scritto per ognuno di noi. Ciò non toglie però che non dobbiamo mai pensare che in parte non si possa anche essere un po’ artefici del nostro destino

Tania Croce) Credi che sia giusto e necessario attraverso il teatro valorizzare e decantare la storia e la bellezza di Roma?

Marco Fiorini) Non solo è giusto, ma tutti noi artisti romani dovremmo nella nostra carriera rendere un omaggio a questa nostra madre Roma, che ci fa spesso bestemmiare per le sue incongruenze, le sue difficoltà, gli ostacoli che ci pone quotidianamente, ma dimentichiamo troppo facilmente anche le grandi opportunità che ci offre con la sua magia, l’atmosfera unica che qui si respira, la sua storia i suoi luoghi incantati così spesso ispiratori di storie di vita meravigliose da raccontare, cui non dobbiamo mai fare l’abitudine fino a non vederli più.

Nel trascrivere quest'intervista, ho provato un'emozione indescrivibile perché attraverso le parole di Fiorini ho scoperto un animo fiero e gentile che renderà questo spettacolo un'esperienza meravigliosa sotto tutti i punti di vista.
V'invito a non perdere l'appuntamento con Marco Fiorini al Barnum Seminteatro il 26/27 ottobre 2019 a Via Adelaide Bono Cairoli, 3 - Roma

di Tania Croce

Da uno a dieci Antonio Conte: il marito che non c’è. L’intervista

Antonio Conte, straordinario attore apprezzato al cinema e in teatro, è in scena da questa sera al Teatro 7 nel ruolo del marito che non c’è, nella nuova commedia scritta e diretta da Stefano Reali. Mi ha gentilmente concesso quest'intervista prima della prima

(Tania Croce) Debutta oggi al Teatro 7 la commedia di Stefano Reali Da uno a dieci, dove tu interpreterai la parte del marito assente di una donna afflitta dalla depressione: Gabriella Silvestri. I toni noir ti sono cari, ricordiamo la tua ultima esperienza nella pièce al Belli - Hotel Poe di e con Riccardo Bàrbera, regia Claudio Boccaccini. Come si può apparire senza mostrare al pubblico il mistero celato dietro il tuo ambiguo e affascinante personaggio? 

(Antonio Conte) Come sempre è il personaggio che deve lavorare. Lui non sa quello che deve sapere l'attore. Il personaggio non conosce ciò che accadrà nel tempo a seguire, non conosce la fine. Quindi si comporta in maniera assolutamente normale, credibile, quello che fa, o non fa, apparirà agli occhi del pubblico come un atteggiamento assolutamente logico. Se si vuole celare un mistero, non bisogna nascondere nulla e il pubblico crederà che non c'è nulla da scoprire. 

Tania Croce) Tutto è ciò che appare oppure è reale solo quello che la nostra mente ci mostra? 

Antonio Conte) Si dice che la realtà sia una condizione relativa. Il credere che una cosa sia così, spesso è determinato dal 'bisogno' che quella cosa sia così. Per sentirsi protetti, confortati, per fuggire da una realtà che non ci piace, per non doverci assumere responsabilità, per soffrire meno o per sentirci sereni. Ci vuol poco a condizionare una mente. E il teatro crea sempre le condizione ideale perché ciò accada. Quando poi la scrittura è buona, il gioco è facile. 

Tania Croce) Potrei definirla per certi versi la commedia degli equivoci e quanto somiglia alla vita reale questa vicenda? 

Antonio Conte) Strutturalmente la si può definire una commedia degli equivoci, ma drammaturgicamente è un thriller alla Alfred Hitchcock. Si respira subito un clima strano, pieno di incertezze, di dubbi. Cose che sembrano ma poi non sono o forse lo saranno. Nulla appare certo. Ma come nella vita reale improvvisamente accade qualcosa che allenta la tensione, che fa scaturire una risata. E in questo lavoro di risate ce ne sono tante. 

Tania Croce) Ti sei trovato bene a lavorare con Fabio Avaro e Gabriella Silvestri? 

Antonio Conte) Con Fabio è la prima occasione di lavoro. Ho trovato un buon compagno, molto disponibile, cordiale e sempre al servizio dello spettacolo. Con Gabriella ormai siamo alla sesta esperienza insieme. E' un'ottima attrice e in questo spettacolo offre una straordinaria prestazione. Nelle passate pièce ci siamo sempre trovati benissimo, e anche in questa il feeling va a gonfie vele. Sul palcoscenico siamo una gran bella coppia. E se posso vorrei ringraziare Stefano Reali, autore, sia del testo che delle musiche, e regista. Uomo di grande esperienza, che conosce profondamente gli attori e sa come ottenere il meglio da loro. C'è sempre molta eleganza in quello che fa, cosa assai rara di questi tempi. 

Tania Croce) Cosa vuoi dire al pubblico per invitarti a vedere lo spettacolo? 

Antonio Conte) E' uno spettacolo, che pur tenendovi con il fiato sospeso fino alla fine, vi divertirà moltissimo. E' uno spaccato di vita assolutamente reale. Un testo scritto da chi non confonde serio con triste. Buon teatro a tutti. 

E' stato bellissimo intervistare Antonio, attore che stimo moltissimo e sono convinta che questo spettacolo sia da vedere assolutamente, da stasera al Teatro 7!

di Tania Croce

                                                  In foto Antonio conte con Gabriella Silvestri

Giuseppe Renzo, regale interprete di Giovanna Dark. L'intervista

A quasi 500 anni dalla vicenda che scosse per secoli le coscienze e gli animi lacerati e sconvolti dalla condanna al rogo della giovane e coraggiosa Giovanna, torna a teatro grazie all'adattamento e alla regia di Matteo Fasanella, Giovanna Dark, uno spettacolo dal titolo vibrante e per certi versi noir.
Giuseppe Renzo attore di talento impegnato in numerosi spettacoli improntati sulla valorizzazione della drammaturgia inglese con particolare predilezione per Shakespeare, come studioso e traduttore e di quella italiana contemporanea, è nel cast di questo sorprendente spettacolo ambientato in Francia, a Rouen dove la Pulzella d'Orleans fu arsa viva e per l'occasione, mi ha concesso quest'intervista

Tania Croce) Quale personaggio interpreti in questa pièce?

Giuseppe Renzo) In questa pièce, magistralmente diretta da Matteo Fasanella, interpreto la parte del Delfino di Francia che verrà successivamente incoronato Re col nome di Carlo VII di Valois, grazie proprio all'intervento di Giovanna d'Arco. Un personaggio realmente esistito, quindi, che si rivelerà essere un uomo poco ambizioso e con scarsa spina dorsale, sempre dietro ai consigli della più astuta suocera.

Tania Croce) Pensi che la messinscena di questa vicenda possa illuminare e sedurre l'uomo di oggi?

Giuseppe Renzo) Credo di sì! A parte la riscoperta di un personaggio storico molto controverso, che tutti hanno sentito nominare ma di cui pochissimi conoscono le reali vicende, Giovanna d'Arco resta da sempre una figura mitica, a cavallo tra una strega e una santa, sempre in bilico tra l'esaltazione mistica e il fanatismo religioso. La sua leggenda è ancora oggi intrisa di fascino e mistero.

Tania Croce) Qual è il messaggio dello spettacolo?

Giuseppe Renzo) Il messaggio dello spettacolo è chiaro: la messinscena non fornisce mai un punto di vista univoco sulla figura della Pulzella di Orleans. È compito degli spettatori quello di farsi la propria idea su quanto hanno visto: se si sia trattato soltanto di una ragazzina invasata oppure che sia stata realmente guidata dalla mano di Dio, beh, la scelta spetta al pubblico! Noi cerchiamo di non prendere mai una posizione netta. "Ai posteri l'ardua sentenza!"

Tania Croce) Se avessi vissuto nel tempo in cui Giovanna fu condannata, saresti stato dalla sua parte oppure...

Giuseppe Renzo) Dipende. Molta superstizione camminava lungo le strade a quei tempi! Così come molta ignoranza e tanta fede! Si accendevano roghi per un nonnulla! Penso che se fossi stato uno dei soldati da lei guidati avrei avuto una fede in lei cieca e assoluta, come accadde davvero! Ma se mi fossi trovato dalla parte del tribunale che l'ha giudicata, allora il discorso sarebbe stato diverso. Come ho già detto: dipende...

Tania Croce) I personaggi del passato che ogni attore sogna d'interpretare, quanto possono arricchire chi come te svolge questo lavoro con dedizione e coraggio?

Giuseppe Renzo) Arricchiscono il bagaglio di un attore in maniera indelebile e fondamentale! Qui stiamo parlando di un Re nella Francia del XV secolo, quindi va studiata meticolosamente la postura, la gestualità, il modo di camminare, le pause, la respirazione. Ma non solo! Anche gli intenti, i sottintesi, il gioco della fascinazione del potere, le macchinazioni, non sono da trascurare! Tutto questo e altro ancora muove i fili di un personaggio tanto complesso. È estremamente affascinante entrare nei panni di un titolato francese del Quattrocento. Noi uomini d'oggi non abbiamo minimamente idea di cosa ci fosse dietro a certe frasi e a certi pensieri, non siamo abituati a esprimerci e a gesticolare come loro. Una sfida sicuramente difficile e straordinaria!

Chiudo ringraziando tutti i miei compagni di viaggio, a cominciare da Matteo Fasanella, il regista, per poi andare avanti con Virna Zorzan, efficacissima Giovanna, a Maurizia Grossi, la regina Jolanda, a Alessandro Onorati, il capitano Gilles de Rais, a Valerio Rosati, Jean D'Aulon, e infine a Edoardo Sala, il vescovo Cauchon.


Dopo questa seducente intervista che invita il pubblico a vedere lo spettacolo per immergersi in quelle atmosfere magicamente ricreate dagli attori, è necessario sapere dove andare a vedere Giovanna Dark e fino a quando. Lo spettacolo sarà in scena dal 10 ottobre fino al 3 novembre 2019 al Teatro Stanze Segrete in Via della Penitenza 3, a Roma

di Tania Croce



Francesco Branchetti mi parla d'amore. L'intervista

Intervista a Francesco Branchetti, regista di Parlami d’amore di Philippe Claudel in scena al fianco di Nathaly Caldonazzo dal 10 al 20 ottobre al Teatro degli Audaci 

Tania Croce) Il titolo evoca il desiderio di raccontare una storia complessa e intensa, pensi che parlare d’amore in teatro e calamitare l’attenzione del pubblico distratto dalla tecnologia oggi, sia più complicato che nel secolo scorso? 

Francesco Branchetti) Sì, penso che sia molto più difficile e soprattutto penso che la difficoltà sia quella di far capire la differenza di qualità che può esserci tra l'esperienza teatrale e le altre esperienze peraltro interessanti che offre la tecnologia ma sicuramente meno adatte ad affrontare con profondità il tema del rapporto umano e del rapporto di coppia nelle sue problematiche più profonde. 

 Tania Croce) La psicologia dei personaggi è sottolineata anche dalle raffinate note di Pino Cangialosi. Quanto i silenzi pesano e giovano nel difficile gioco di coppia rappresentato? 

Francesco Branchetti) I silenzi sono importanti e danno valore e significato alle parole e la musica racconta più gli stati d'animo e i sentimenti dei personaggi che le azioni o la trama. 

Tania Croce) Parlami dell’amore tra i protagonisti di questa pièce… 

Francesco Branchetti) Si tratta di una coppia che sta attraversando una profonda crisi e nello spettacolo si racconta come possano sgretolarsi i punti di riferimento e le fondamenta di un rapporto. Si tratta di un “viaggio” profondo nel “privato” di una coppia condotto con grande capacità di introspezione psicologica ma anche con una sottile e pungente ironia che attraversa tutto il testo e lo spettacolo. 

Tania Croce) E’ stato bello lavorare con Nathaly? 

Francesco Branchetti) E' stato bello e gratificante sia professionalmente che dal punto di vista umano. 


E adesso non mi resta che invitarvi a vedere questo spettacolo in scena dal 10 al 20 ottobre 2019 al Teatro degli Audaci di Roma

di Tania Croce

Piantando chiodi nel pavimento con Paolo Biag. L'intervista

Paolo Biagiola in arte Biag, sarà al Cometa Off di Roma con Piantando chiodi nel pavimento con la fronte di Eric Bogosian, dopo l’unico adattamento italiano di Luca Barbareschi nel 1994. Nell’intervista che mi ha gentilmente concesso, ci svelerà qualche curiosità sull’attesissima pièce in scena dal 15 ottobre 2019 nella Capitale, adattata e diretta da Pino Quartullo. 

Tania Croce) Eric Bogosian l’autore di questo spettacolo, diverte e inquieta attraverso i suoi 12 personaggi pericolosamente realistici che tu interpreterai, me ne vuoi parlare? 

Paolo Biag) Eric Bogosian ha dipinto un quadro della società americana degli anni '90, un quadro che incredibilmente ritrae perfettamente la nostra attuale realtà italiana. 12 personaggi, divertenti e inquietanti allo stesso tempo, che ci fanno fare un viaggio nel peggio della nostra società. Il “fil rouge” di questi 12 monologhi infatti è proprio la “difficoltà” del vivere odierno. Bogosian ci fa riflettere su questo, con un sorriso amaro, catartico ma anche liberatorio. 

Tania Croce) Quale tra queste tipologie di uomini hai sentito più vicina a te? 

Paolo Biag) Ognuno di questi personaggi è uno spunto di riflessione sulle difficoltà del nostro vivere odierno. Ogni personaggio rispecchia la nostra società, con le sue debolezze, le sue paure, i suoi eccessi, l'egoismo, le frustrazioni, le costrizioni, la rabbia. Ognuno di noi è tutto questo, ognuno di noi ha in sé qualcosa di questi personaggi e per questo mi sono tutti ugualmente vicini. 

Tania Croce) Sarai solo in scena anche se la platea sarà affollata dai tuoi 12 uomini in fuga dalla realtà, i cambi di scena avverranno davanti al pubblico oppure… 

Paolo Biag) No, i cambi di scena non saranno davanti al pubblico ma dietro un pannello con sopra una gigantografia della bandiera americana di Jasper Johns; 

Tania Croce) Più che Sei personaggi in cerca d’autore di pirandelliana memoria, questi personaggi attendono proprio te per prendere vita, ti emoziona questa consapevolezza? 

Paolo Biag) La consapevolezza di dare corpo e anima a questi dodici personaggi non solo mi emoziona, ma rappresenta per me la sperimentazione su me stesso di quella pluralità dell'io che fu studio della psicologia di fine '800 e che fu poi ispirazione dei lavori teatrali di Pirandello. Questo è ciò che provo: “Quando salgo sul palco, mi libero della maschera che vesto ogni giorno, mi libero del ruolo che la società e la famiglia mi hanno cucito addosso. Sul palco, indossando altre maschere, scopro parti nascoste di me. Paradossalmente la finzione scenica mi consente di scoprire me stesso ancor più della vita reale. Dov'è la verità? Nella vita reale? Sul Palcoscenico? Chi sono io? Quale di queste maschere? Io sono tutte le mie maschere. Non esiste verità. Non esiste finzione.”; 

Tania Croce) Il teatro oggi è? 

Paolo Biag) Il teatro oggi, come ieri, è emozione, catarsi, la possibilità di raccontare e di raccontarci, è un momento di riflessione su noi stessi. 

E dopo queste splendide ed eloquenti risposte, non ci resta che scoprire i personaggi che Paolo ci mostrerà al Cometa Off di Roma dal 15 al 20 ottobre 2019 



di Tania Croce 


L'amore per il teatro e per il pubblico di Fabio Gravina. L'intervista

Abbiamo incontrato il capocomico, attore e regista Fabio Gravina nonché direttore artistico del Teatro Prati di Roma con il quale parleremo delle novità di quest'anno e dei graditi ritorni sul palcoscenico del suo teatro ma soprattutto del suo immenso amore per il teatro e per il suo pubblico.

L'intervista di Tania Croce

Tania Croce) La stagione 2019/2020 del Teatro Prati sarà aperta a ottobre dallo spettacolo Variazioni sul varietà con Dodo Gagliarde, l'artista apprezzato al Palazzo di Santa Chiara a Roma per il suo didascalico viaggio dentro la macchietta napoletana, il varietà e l'avanspettacolo, che sono stati fonte d'ispirazione per Totò, omaggiato egregiamente da Dodo in Veniamo con questa mia addirvi. Poi sarai tu a vestire i panni de l'Avaro, di Un Turco Napoletano, ti va di svelarmi qualcosa su questi spettacoli?

(Fabio Gravina) Dodo Gagliarde che aprirà la stagione teatrale 2019/2020 con lo spettacolo Variazioni sul varietà, è un artista che ha lavorato per quindici anni nella mia Compagnia, e questo spettacolo scritto da Pietro Piovani viene presentato dalla Compagnia di Nicola Piovani, dedicandolo al varietà. Gagliarde è un artista che ha un'esperienza sul campo notevole per cui è stato scelto per interpretare questo spettacolo, insieme a lui ci sarà un'attrice cantante. Si parlerà dunque di quello che è stato il varietà attraverso un percorso storico affrontato sul palcoscenico. Il secondo spettacolo sarà L'Avaro di Molière. Erano anni che ambivo a vestire i panni di Arpagone ed erano anni che tentavo di fare una rielaborazione di questo testo magnifico scritto da Molière nel '600. Ho ambientato la vicenda dell'Avaro ai primi del '900 il tutto tra le quattro mura, perché effettivamente la storia di Arpagone poco ha a che spartire con quello che avviene fuori da quella casa. Il mio sarà un Arpagone diverso, moderno. "La maschera dell'avaro è comica per chi la guarda ma è tragica per chi la vede" è questa la definizione di Molière che racchiude il mio teatro. Le storie possono apparire comiche ma contengono una tragicità unica vissuta molto spesso dal protagonista della pièce. Quest'anno c'è questo ritorno al teatro napoletano con cui nasco e che ho messo da parte per qualche anno. Ho rappresentato per vent'anni Eduardo Scarpetta, Eduardo e Peppino De Filippo, Armando Curcio, Samy Fayad, tutti quegli autori che hanno rappresentato buona parte del teatro napoletano. Ho messo da parte questa grande tradizione del teatro napoletano per mettere in scena classici italiani come De Benedetti. Il terzo spettacolo della Stagione sarà dunque Un turco napoletano rielaborato raccontando la storia dalla parte del protagonista Pasquale Catone e non del turco Felice Sciosciammocca. La storia di Scarpetta si dipana su tre atti, io l'ho ridotta a due atti ambientandola nella bottega di Pasquale Catone. Ci sarà un altro spettacolo intitolato Canzonando con Vittorio Marsiglia, Mariano Perrella, Isabella Alfano scelto per far conoscere la canzone, la macchietta quella che è stata un'altra parte fondamentale del nostro teatro italiano. Uno spettacolo godibile con l'ultimo grande erede della macchietta napoletana. L'ultimo spettacolo sarà La pecora viziosa una commedia di Scarpetta tratta dalla sua pièce Tre pecore viziose, incentrando tutto sul protagonista, questo povero Felice Sciosciammocca succube di una moglie tiranna e cattiva che però tradisce continuamente. Un'altra commedia da non perdere. Il comun denominatore di questi spettacoli è la comicità mista come dicevo, alla tragedia vissuta dai protagonisti.

Tania Croce) Credi sia importante oggi riproporre i classici e perché?

(Fabio Gravina) Credo che i classici sia importante riproporli perché siamo in grado di dare al pubblico delle nuove generazioni un'educazione che purtroppo forse nelle famiglie latita. Quando portiamo in scena un classico poniamo l'accento anche sui comportamenti, il modo di pensare e di porsi di quelli che ci hanno preceduto. Il pubblico vedendo una storia lontana da noi, ha modo di conoscere come si viveva nel passato e questo educa. I valori, la moralità, la dignità e l'orgoglio, l'onestà sono quei principi che il teatro mostra come dovrebbe fare ogni forma di spettacolo e di comunicazione. Il teatro ci riesce attraverso i grandi classici.  

Tania Croce) Cosa ti aspetti dal pubblico di questa società proiettata sul web?

(Fabio Gravina) In realtà il web è utile perché ti mette al centro del mondo, consentendoti di leggere tutto e conoscere tanto però da uomo di teatro quale sono, preferisco vivere le cose in modo reale. Il web è qualcosa di etereo. Io ho bisogno di toccare con mano. Preferisco sfogliare le pagine dei libri oppure toccare la pagina del giornale mentre leggo un articolo. Il pubblico è interessato al web perché è sicuramente un buon canale di comunicazione, rapido, immediato e aggiornato in tempo reale.

Tania Croce) Pensi l'attore abbia il compito di tramandare il passato?

Fabio Gravina) Sì, l'ho sempre pensato anche se molto spesso si vuole cercare di dimenticare il passato. Si sente dire ai giovani: ma sono cose vecchie, però quelle cose vecchie sono fondamentali per l'essere umano perché il passato ci serve per vivere bene il nostro presente e per cercare di vivere meglio il futuro. Secondo me l'attore ha questo compito, di tramandare necessariamente il passato, perché è la nostra storia.

Fabio Gravina ha voluto aggiungere alle mie domande una profonda e intensa riflessione che chiude questa bellissima intervista

(Fabio Gravina) Sono un capocomico alla vecchia maniera, sono autore oltre che attore. Ho scritto circa 14 commedie rappresentate con successo. Scrivere per il teatro significa per un autore la costante osservazione della società che lo circonda e attraverso i vizi e le virtù mostrate, far riflettere il pubblico. Chi fa teatro ha l'obbligo di raccontare delle storie per aiutare il pubblico a vivere meglio. Il teatro è bello perché è un'arte viva e autentica. Ogni replica è diversa dall'altra perché il pubblico è determinante nello spettacolo e cambiando ogni sera, la replica successiva non sarà mai come la precedente. 

Fabio Gravina nasce a Roma il 24 settembre 1965.
Dal 1995 rappresenta le opere di Eduardo e Peppino De Filippo, Eduardo e Vincenzo Scarpetta, Armando Curcio, Samy Fayad e inizia a girare, con la sua compagnia, in piccoli teatri di circuito di Roma e Lazio. Nel 1996 Fonda La Compagnia Teatrale Umoristica Quartaparete (il termine Umoristica vuole essere un omaggio ai De Filippo che chiamarono la loro Compagnia Teatrale: “Umoristica I De Filippo”).
Dopo aver diretto artisticamente alcuni Teatri della capitale nel 1998 apre il Teatro Prati nel cuore dell'omonimo quartiere.
In soli 5 anni di attività porta il Teatro Prati da 0 spettatori a oltre 25.000 presenze annue. Il Teatro Prati è un piccolo “salotto” (125 posti) elegante e raffinato, ed è oggi il terzo teatro in Italia nell’ordine dei 200 posti. Dal 1998 al 2012 Fabio Gravina ha messo in scena oltre sessanta commedie.
Fabio Gravina è attore, regista, adatta i testi che mette in scena, produce i suoi spettacoli. Egli incarna la figura del capo-comico nella maniera più tradizionale e la sua compagnia lavora “alla vecchia maniera”. Il suo lavoro esprime fortemente la sua personalità: impegno, cura dei particolari, professionalità, ma soprattutto passione, originalità e fantasia.
In questi anni è stato sempre più accurato il suo lavoro di regia. Infaticabile la ricerca di testi che rendano più ampia la conoscenza del repertorio degli autori che rappresenta. Coraggiosamente ha messo in scena commedie che non venivano rappresentate da 50 anni e oltre, rendendole piacevolmente attuali.
Ma è soprattutto il Gravina attore che gli spettatori conoscono. La sua espressività variegata e multiforme, è cara al pubblico romano e non solo (sempre più spesso, infatti, giungono al Teatro Prati comitive di spettatori da varie regioni d’Italia).
Il legame che Fabio Gravina instaura con il suo pubblico è una vitale sinergia: empatia, intesa, complicità. Egli considera il pubblico il 50 % dello spettacolo e con le parole di Renato Ribaud (“Avanti” - 9 maggio 2005) possiamo dire che “... Fabio Gravina mostra (ancora una volta) di possedere quella comunicativa col pubblico propria di chi ha ormai maturato ragguardevole preparazione artistica, ma anche l’umiltà di chi, sera per sera, ama mettersi a confronto col massimo impegno, con un’intelligente e attenta platea.”
Con la farsa: “La lettera di mammà” partecipa al Premio Internazionale di Teatro Peppino De Filippo ed. 2005, presso il Teatro Comunale di Latina e nell’agosto dello stesso anno partecipa al Festival Nazionale di Teatro di Gioia Vecchio diretto dalla scrittrice Dacia Maraini. In quell' occasione la Maraini sul programma di presentazione scrive di lui: “Fabio Gravina, attore e regista di variegato talento ha fondato a Roma un teatro in cui si rappresentano da anni i più famosi testi napoletani: da Scarpetta a Eduardo e Peppino De Filippo. Il suo stile apparentemente tradizionale, con le scene che imitano gli interni napoletani, proprio come faceva Eduardo ai suoi tempi. Eppure, nonostante questa apparenza di conservatorismo scenografico, Gravina stravolge la minuta verosimiglianza del neorealismo napoletano per porgerci qualcosa di nuovo, di furiosamente grottesco e felicemente popolare.”
Il Teatro Prati è stato considerato per anni il “tempio del teatro napoletano a Roma” e Fabio Gravina uno dei suoi principali interpreti. 
Scrive Raffaele Gabellini (“Il Tempo” Roma 10 aprile 2002) : “Fabio Gravina, vera colonna portante del teatro partenopeo e presenza insostituibile a Roma con la sua Compagnia Teatrale Umoristica Quartaparete”. 
Nell'Opera Omnia pubblicata da Rai Cinema 01 su Eduardo De Filippo; nei contenuti extra ci sono stralci delle messe in scena di Fabio Gravina delle commedie di Eduardo Scarpetta con alcune interviste allo stesso Gravina.
Nella edizione della Mondadori De Filippo Teatro, a cura del critico teatrale Paola Quarenghi, Fabio Gravina viene più volte citato per alcune messe in scena del grande drammaturgo Eduardo. 
Dall'ottobre 2012 Fabio Gravina decide di cambiare il repertorio teatrale che lo aveva visto protagonista per oltre vent'anni. Inizia una nuova scommessa: affrontare nuovi testi da lui stesso scritti in italiano e contemporanei e rappresentare classici del teatro italiano che sono stati portati al successo da grandi Compagnie della scena italiana. 
Ed il “nuovo”, che emerge con forza travolgente, è oggi rappresentato soprattutto dal suo lavoro di autore. Ormai sono numerose le commedie scritte da Fabio Gravina, rappresentate al Teatro Prati e accolte dal pubblico con entusiasmo.
Ciò che maggiormente colpisce il pubblico è l'intensità dei testi scritti da Fabio Gravina: felice equilibrio tra comicità esilarante e riflessione, a volte anche amara, della vita. Tra feroce osservazione della realtà contemporanea e narrazione delicata e rispettosa dei sentimenti umani. 
Si rivendica, nelle commedie di Fabio Gravina, il diritto di credere nei valori più profondi della società ed il coraggio di vivere seguendoli.
I suoi personaggi, soprattutto i vili, gli arroganti, i superficiali, sono lo specchio del degrado morale dei nostri tempi e, come nella migliore tradizione della commedia all'italiana, la denuncia ed il riscatto si leggono nella storia attraverso la lente della satira e della comicità. 
Scrive Sebastiano Biancheri: “l'intento dell'autore è di insinuare nello spettatore alcune considerazioni che lo inducano ad una riflessione amara oltre la burla e l’opera comica, ad una osservazione semiseria ma arguta della realtà. Gravina ha il merito di riconoscere allo spettatore un ruolo dinamico, lo coinvolge con una provocazione intelligente e ne sperimenta la soglia di attenzione vigile, ne solletica umori e gradimenti per poi percepire opinioni significative e compatibili con un malessere e un disagio di chi, dietro la risata, si riconosce nel personaggio, condivide sentimenti virtuosi e rifiuta facili accomunamenti. Quella di Gravina non è mai comicità fine a se stessa, ma nel solco della tradizione della commedia all’italiana, è satira di costume che riproduce fatti e misfatti di un paese reale in cerca di identità, travolto da scandali, che deve fare i conti con le trasformazioni repentine degli ultimi decenni”.
Il lavoro di Fabio Gravina come autore è intenso e le sue commedie emozionanti.
Oggi prosegue il suo impegno al Teatro Prati e alcune delle commedie da lui rappresentate sono state pubblicate in DVD. Per Fabio Gravina la continua ricerca e l’infaticabile lavoro hanno un unico scopo: mettere la sua passione e la sua fantasia a servizio dello spettatore, al quale ama riservare sempre nuove sorprese.

Teatro:


"TRE PECORE VIZIOSE” 
"IL MEDICO DEI PAZZI” 
“L’OSPITE GRADITO” 
“L’AMICO DEL DIAVOLO” 
“TRE CALZONI FORTUNATI” 
“PERICOLOSAMENTE” 
“CASANOVA FAREBBE COSI’”
“L’AMICO DI PAPA’” 
“SPACCA IL CENTESIMO 
“NON E’ VERO... MA CI CREDO!” 
“NON TI PAGO!” 
“I CASI SONO DUE” 
“IL SETTIMO SI RIPOSO’”
“PER ME COME SE FOSSE” 
“UOMO E GALANTUOMO” 
“COME SI RAPINA UNA BANCA” 
“’O TUONO ‘E MARZO” 
“DITEGLI SEMPRE DI SI!” 
“CHI E’ PIU’ FELICE DI ME!” 
“LA LETTERA DI MAMMA’” 
"UN TURCO NAPOLETANO” 
“DON RAFFAELE IL TROMBONE & PRANZIAMO ASSIEME” 
“QUEL PICCOLO CAMPO” 
“IO SONO SUO PADRE”
“BENE MIO E CORE MIO” 
“QUEL BANDITO SONO IO” 
“LE BUGIE CON LE GAMBE LUNGHE” 
“CANI E GATTI” 
“I NIPOTI DEL SINDACO” 
“QUESTI FANTASMI”
“MADAMA SANGENELLA” 
“LA FORTUNA SI DIVERTE!” 
“NA SANTARELLA” 
“’O SCARFALIETTO”
“GENNARINO HA FATTO IL VOTO!” 
“'NA MUGLIERA ZETELLA”
“LA SETTIMANA BIANCA”
“MA C'È PAPÀ!”
“OSCAR IL FIDANZATO DI MIA FIGLIA”
“L'ALBERGO DEL SILENZIO”
“UN FIGLIO PER MIA MOGLIE”
“'A NANASSA”
“L'APPARENZA INGANNA”
“IN 4 SUL PIANEROTTOLO”
“LE PILLOLE D'ERCOLE”
“NON TI CONOSCO PIÙ!”
“MA CHE BELLA SERATA & LA RESA DEI CONTI!”


Autore:


Oscar il fidanzato di mia figlia (commedia in 2 atti)
La settimana bianca (commedia in 2 atti)
Anime in pena (commedia in 1 atto)
Un figlio per mia moglie (commedia in 2 atti)
L'apparenza inganna (commedia in 2 atti)
In 4 sul pianerottolo (commedia in 2 atti)
Non è più la rai (atto unico)
Ma che bella serata! (commedia in 1 atto)
La resa dei conti (commedia in 1 atto)
Un notte da escort (commedia in 2 atti)
La luce dei miei occhi (commedia in 2 atti)
Può succedere di tutto - L'Eredità di mia zia! (commedia in 2 atti)
Un due tre...stella ! (commedia in 2 atti)
Non ti sopporto più! (atto unico)
Non ti lascio! (atto unico) 
Io, lei e l'altro (atto unico)
Ridere ridere ridere (atti unici)
Televisione
Anime in pena 


atto unico di Fabio Gravina regia Guendalina Biuso 
Prod. Rai Cultural/Arte del Teatro s.r.l.
Andato in onda su Rai Uno il 30 luglio 2010 e successivamente replicato su Rai 4 e ancora su Rai Uno.


Cinema:


Interprete, sceneggiatore e regista del film: Un figlio a tutti i costi 
Produzione 35 millimetri s.r.l.
Al cinema dal 1 marzo 2018


Partecipazione al film: La Macchinazione di David Grieco con Massimo Ranieri.
Partecipazione al film: Made in China napoletano di Simone Schettino

Note

Nell'Opera Omnia pubblicata da Rai Cinema 01 su Eduardo De Filippo; nei contenuti extra ci sono stralci delle messe in scena di Fabio Gravina delle commedie di Eduardo Scarpetta con alcune interviste allo stesso Gravina



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