Ecuba di Giuseppe Argirò


Nell'adattamento di Argirò, è sottolineato il freddo delle terre di Tracia, precisamente ci troviamo sul lido Chersoneso trace, nel campo dei Greci reduci da Troia. E' l'alba e al posto delle prigioniere troiane che compongono il Coro, alloggiate accanto ad Agamennone, c'è una sola Corifea rappresentata con intensità da Maria Cristina Fioretti, che un po' racconta e un po' partecipa all'azione, affiancata dall'Ancella coraggiosa ed eloquente, interpretata abilmente da Elisabetta Arosio.
La Corifea e l'Ancella sostengono Francesca Benedetti nei panni di Ecuba, la vecchia regina spodestata dal suo trono e ridotta anch'essa in schiavitù, privata d'ogni bene e dell'amore dei figli, soprattutto di Polidoro, custodito per volere di Priamo, suo padre, dall'amico Polimèstore (Gianluigi Fogacci) che lo uccide a sua insaputa. Il dolore di Ecuba è sordo, come l'oblio nel quale sprofonda alla notizia che la bellissima figlia Polìssena, è reclamata da Achille per essere scannata sul suo tumulo. Così Ulisse viene a prendere l'ennesima vittima sacrificale e a nulla valgono le parole della madre.
Ma Polìssena sceglie di sacrificarsi anziché continuare a vivere da schiava e senza dignità. "Vivere che significa? Ero figlia del re dei Frigi, quando venni al mondo; liete speranze di nozze regali mi nutrirono... la vita senza onore è una tortura". E così Polìssena procede scalza verso il suo destino, con una veste bianca candida e pura come la sua verginità e gli applausi di consenso e commozione provengono da un pubblico colpito dalla bellezza e dalla bravura di Viola Graziosi che svanisce con eleganza e grazia.
Entra Taltibio, mandato da Agamennone ad annunciare a Ecuba l'ordine degli Atridi e dell'armata greca, di seppellire sua figlia. C'è struggimento nelle parole e nei gesti di Graziano Piazza e il suo modo di rappresentare il messaggero Taltibio, schiavo e disperato, costituisce uno dei momenti più alti della prima di ieri al Teatro Arcobaleno.
Nonostante la bravura del cast, non trovo azzeccata la scelta di alcune calzature e abiti indossati dagli attori a partire dalle scarpe da ginnastica di Ecuba, gli anfibi militari dell'Ancella, la bombetta, il bastone e i guanti bianchi di Agamennone (Sergio Basile) e il tait di Ulisse (Maurizio Palladino). Sono inopportuni anche i fiori portati e poi strappati dalle mani dell'Ancella e della Corifea da parte di Polimèstore. Pur nell'intenzione del regista di ribaltare i piani e i politici in borghesi e burocrati come nel caso di Ulisse in tait, o di Agamennone in bombetta, guanti e bastone, tale da collocarlo a fine '800 e Polimèstore un cialtrone assetato di denaro, la scelta degli abiti a mio modesto parere non sortisce l'effetto desiderato, sminuendo l'azione e le parole pronunciate dagli eroi euripidei. 
La novità assoluta del teatro euripideo è comunque rappresentata dal realismo con il quale il drammaturgo tratteggia le dinamiche psicologiche dei suoi personaggi. L'eroe descritto nelle sue tragedie non è più il risoluto protagonista dei drammi di Eschilo e di Sofocle, ma sovente una persona problematica ed insicura, non priva di conflitti interiori, le cui motivazioni inconsce vengono portate alla luce ed analizzate.
Lo spettacolo che necessita di un rodaggio, è un omaggio alla tragedia greca nel tentativo da parte del regista di mostrare l'indifferenza degli dei e la mano dell'uomo celata dietro ogni azione malvagia.

di Tania Croce



Nella traduzione di Filippo Maria Pontani di Tutte le tragedie di Euripide, leggo che Le Nuvole di Aristofane (rappresentate nel 423) richiamano alcuni versi dell'Ecuba che risale al 425-24 a. C.

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5 commenti:

  1. Vengo dell'antico,sono nata in un'isola che secondo la storia è stata una delle prime terre emerse nel Mediterraneo,quindi amo il profumo di storia che viene da lontano.Bellissima rilettura della tragedia greca da parte di Tania che col suo animo umanistico e grande preparazione fatta di studi che sono conoscenza e professionalità vera...ha recensito in punta di penna uno spettacolo che con gli accorgimenti suggeriti ,a noi spettatori avrebbe dato quel sapore di antico ,che ci è mancato malgrado il Cast eccezionale!

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    1. E' mancato quel sapore d'antico e tante altre cose...

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  2. ECUBA – EURIPIDE
    TEATRO ARCOBALENO

    Un diversamente Euripide.
    Con tutto il coraggio che ci vuole perché ciò avvenga.

    In una apoteosi degna dei più estremi miti di freudiana memoria, una diversamente Ecuba dalla recitazione fortemente vibrata e mono-corde vive il dramma della morte di due suoi figli per diversa motivazione psicanalitica:
    Polissena, da immolare sulla tomba di un Achille il cui spettro, pur non rappresentato sulla scena, aleggia sulla scena evocandola come capro sacrificale;
    Polidoro, salvato dal Re Priamo mandandolo esiliato migrante in Tracia con parte del tesoro di Troia, ucciso dal suo ospitante Polinestore proprio per appropriarsi dell’oro.

    Un diversamente coro, formato da un duo di Troiane senza maschera ellenistica, ma vestite con cappottone alla Gestapo con bottoni dorati, quali prefiche militarizzate.

    Un diversamente Ulisse in tait e cravatta, quasi un gagà da baraccone, addirittura con guanti di pelle costosi, tanto la guerra è finita….
    Un diversamente Agamennone, un Vittorio De Sica ante litteram, o Gastone alla Proietti;

    Una scenografia essenziale non riconducibile a Troia, un accompagnamento musicale intenso ma a volte invasivo rispetto le voci della recitazione, una regia che coraggiosamente estrapola dal tempo, dal luogo e dall’azione le regole ed i fondamentali dell’unità di tempo, luogo ed azione di greca memoria.

    Una Prima al teatro Arcobaleno.

    24/03/2019

    LAMATITASPUNTATA
    GUIDO DEL CORNO’

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