Marzia Ercolani, poetessa coraggiosa.

Ricorrono i 40 anni dalla legge Basaglia. 

Ho letto "Testimoni del passato", dove il suo autore, lo psichiatra e scrittore Gianfranco Bernes, illustra il percorso di Basaglia, con il quale collabora ai tempi in cui c'era la segregazione tra i due sessi, nessun contatto tra uomo e donna, nessuna opportunità di dialogare. La psichiatria finalmente usciva dal manicomio per entrare sul territorio, per prevenire e curare.
Marzia Ercolani propone uno spettacolo incentrato sulla diversità, raccontando l'altra verità, quella di una diversa contro i diversi. S'intitola "I colori maturano la notte. Confessioni di una diversa Alda Merini".

Quella che segue è un'intervista appassionata, colta, emozionante. Leggetela tutta!

Ti sei ispirata a un testo emblematico come “L’altra verità: Diario di una diversa” di Alda Merini, trasformandolo in espressione fisica ed emotiva di un vissuto doloroso. Parlami del tuo approccio con il testo e delle tue esperienze in ambito psicologico o pedagogico che ti hanno formato

Alda è con me da molti anni. Credo di avere scoperto le sue poesie quando ero al liceo. Chi mi conosce sa quanto io ami la poesia, ne leggo molta, ne scrivo. La Merini è un’ ape regina, io un’apetta operaia.  Alda ha un linguaggio poetico trasparente, profondo e radicale, potente, capace di toccare le sensibilità dei giovanissimi o di coloro che solitamente non frequentano la scrittura poetica. Motivo per il quale ho scelto la sua figura, il suo diario, le sue parole, per questo progetto. La scelta di Alda è stata conseguente alla mia urgenza di raccontare cosa accadeva all’interno dei manicomi prima della legge 180. Volevo una forma semplice, narrativa, popolare, che avesse un valore informativo. Volevo un personaggio che sapesse parlar loro, un personaggio al quale potessero affezionarsi, popolare, dalla parola immediatamente toccante. Nasce così “I colori maturano la notte - confessioni di una diversa Alda Merini”. Ho elaborato la drammaturgia adattando le pagine del suo decennio in manicomio: “L’altra verità: diario di una diversa” . Ho inserito i suoi aforismi ad interrompere improvvisamente la narrazione, a spezzarla, come fossero lampi di pensiero interiore e ho dato spazio ovviamente a molte finestre poetiche, oasi dell’anima, a volte crude, altre dolcissime, i cui versi sono tratti da numerose raccolte, prediligendo in particolare “Terra Santa”, che la Merini scrisse pensando ai suoi anni in manicomio.
Per quanto riguarda la mia formazione artistica, ho studiato moltissimo e continuo a farlo, sono imperfetta, sempre bisognosa di allenare lo strumento voce e lo strumento corpo, sempre in bilico, mai arrivata. Mi sono diplomata al Centro Internazionale La Cometa di Roma nel 2000, dove ho ricevuto una formazione fisica e vocale di grande sapienza, ho potuto in quegli anni essere seguita da eccellenti attori, registi e pedagoghi italiani e internazionali come Lilli Cecere, Valeria Benedetti Michelangeli, Nikolai Karpov, Alan Woodhouse (fondatori della scuola assieme a Gianfranco Isernia), Roberta Nicolai, Flavio Albanese, Pierpaolo Sepe, Irina Promptova, Shona Morris. Negli anni dopo il diploma ho continuato a frequentare seminari e stage tenuti da talenti immensi, ne cito solo alcuni: Roberto Latini, Lucia Calamaro, Alessandra Cristiani, Daria De Florian, Doris Hicks, Geraldine Baron, Vivian Gladwell. Ho toccato e approfondito vari approcci, e ancora ho molto, molto da fare. L’uso del corpo è una mia caratteristica da sempre, fa parte della formazione ricevuta in accademia ma fa parte anche del mio vissuto, ho praticato moltissima danza, arti marziali, yoga. L’attore ha nella sua etimologia la parola atto, è colui che agisce. E io ho scelto di raccontare Alda facendola mia. Inoltre lei stessa parla spesso del corpo nei suoi versi, in molte foto espone il suo corpo possente e non giovanissimo in topless davanti all’obiettivo, come fosse un manifesto. Il verbo poetico della Merini è un corpo sacro, un’ostia che io tento di incarnare come fosse una mia personalissima preghiera.
Da alcuni anni ho iniziato ad insegnare, o meglio a condividere il mio bagaglio, tenendo stage e seminari intensivi un poco in tutta Italia, rivolti sia ad utenti amatoriali sia a giovani studenti di arte drammatica. E infine, con mia grandissimo piacere, ho iniziato un percorso pedagogico rivolto agli utenti psichiatrici e di tanto in tanto ho avuto alcune esperienze con i detenuti.

Potrei parlare ore ma non credo riuscirei a dire tutto. Giocare davvero ha effetti su chiunque riesca ad affidarsi al gioco. Il gioco va di là delle diversità, le ingloba tutte. A volte, gli ostacoli, i limiti, le deformità mentali o fisiche, la detenzione, attraverso il gioco e l’espressione di sé, possono magicamente diventare ricchezze o quanto meno essere trasformate in creazione, consapevolezza, verità. Posso fermamente dire che oltre all'enorme valore terapeutico che il teatro e altri linguaggi espressivi hanno nei pazienti psichiatrici, nei disabili, sui detenuti, in termini di libertà espressiva ritrovata, di gioco collettivo, di meritato protagonismo, di divertimento e spazio per raccontare e raccontarsi, per sentirsi unici, necessari, e al contempo uguali, oltre a questo enorme valore invito a riflettere sull’effetto che l’arte della recitazione sui pazienti psichiatrici, sui disabili, sei detenuti provoca a noi “normodotati”, a noi “cittadini legali”, che abbiamo la possibilità di essere loro spettatori. Un enorme, grandissimo, specchio di purezza, verità, meraviglia, unicità, istinto, urgenza, crudeltà, rabbia, che troppo spesso noi “sani e retti” perdiamo nei meandri della ragionevolezza, del vivere quotidiano e della morale pubblica. D’altronde “Visto da vicino nessuno è normale” diceva Basaglia. Personalmente sono io che imparo e continuo ricevere moltissimo da questi meravigliosi e complessi incontri.
Cerco sempre di stare attenta e di gestire la tendenza umana di giudicare, e ancor peggio, di pre - giudicare. Non ho mai commesso reati penali né ad oggi avuto bisogno di terapie psichiatriche, ma non dimentico mai che nel mio piccolo ho fatto moltissimi errori, e che ho chiesto aiuto a volte, scegliendo di confrontarmi con la psicoterapia, con la meditazione,  o con il confronto di gruppo, o ancora con altri approcci, per avvicinarmi alla conoscenza, alla gestione e alla cura di me stessa.

Atto Nomade, l'associazione che hai fondato e che dirigi è il tuo canto libero dell'arte, "un'arte che smuova gli umori, che non compiaccia, che non distragga, un'arte che risvegli..." come scrivi nel Manifesto per una cultura agita. Come donna e da donna, cosa pensi della difficoltà nel mondo oggi, di esprimere il proprio pensiero liberamente?

Come persona penso che in passato era ancora peggio e che questo sia il nodo più duro da quando l’umanità ha scoperto la conquista, la società strutturata, le gerarchie sociali. Mi chiedo se anche l’uomo e la donna primitivi fossero così censori, forse, mi dico, finché siamo stati molto vicini al nostro essere animale, forse si era più liberi. Come donna mi chiedi.  Che dire. Personalmente non amo dover pensare per “generi” sessuali, ma, ahimè, sarebbe come non vedere l’evidenza. Le società umane, più o meno in ogni cultura, ragionano per caste, generi, morali pubbliche e regole sociali. Noi donne siamo ancora travolte da tanta censura, da tanta strumentalizzazione della nostra stessa “ emancipazione”, e credo che, senza sminuire le colpe immense del patriarcato e del maschilismo imperante per secoli, tutt’ora presentissimo e più subdolo, noi donne dobbiamo guardarci dentro e prendere atto che abbiamo avuto per secoli e secoli una enorme responsabilità, una sorta di sottomissione, di complicità, di amore e di dipendenza per il “carnefice”, di accettazione e di autodistruzione che ha permesso cotanta censura e violenza nei nostri confronti. E questo non ci rende migliori. Siamo state carnefici di noi stesse e di altre donne. Abbiamo tanto lavoro da fare tutti, uomini e donne. La libertà credo abbia a che fare con la responsabilità. Essere responsabili, prendersi la responsabilità, rende liberi. Ma certo è faticoso. Essere liberi è molto faticoso. Per questo l’essere umano spesso si sottomette, si adegua alla censura, alla schiavitù. Si lamenta magari ma non agisce davvero. Perché essere liberi è faticoso. In primis responsabilità di non soffocare, di amare e guidare il proprio io, ciò che siamo, di conoscere la propria natura, rispettarla profondamente. Secondo step avere la stessa attenzione e cura con gli altri. Se tutti dessimo a noi stessi la possibilità di essere come siamo, di fregarcene dei giudizi e delle aspettative degli altri, di affrontare e gestire il dolore che diamo e che proviamo quando deludiamo per non essere come vorrebbero che fossimo, se ci permettiamo di faticare e lottare per affermare la nostra libertà di essere quello che siamo, sicuramente saremmo tutti più capaci di rispettare e accogliere anche l’altro da noi nel suo diritto ad essere come è. Di base mi pare che più censuriamo noi stessi, più diventiamo censori. E poi sai, forse, per dirla come Giorgio Gaber provocatoriamente diceva, è la lotta per ottenere la libertà che fa bene, la libertà fa malissimo. O meglio è una meta verso la quale tendere, forse solo un motore per evolverci e crescere ogni giorno.  

Immagina tra gli spettatori, la stessa Alda Merini. Quale parola o frase vorresti sentirle pronunciare alla fine dello spettacolo?

Sarebbe meraviglioso. Sarebbe emozionante. Sarebbe spaventoso. Forse non vorrei sentirle dire nulla. Forse mi piacerebbe essere abbracciata. E di quell’abbraccio ne farei un’armatura. Una nuova pelle. Una rinascita. Di quel silenzio ne farei una preghiera.
Intanto un abbraccio lo invio a te cara Tania, e ti ringrazio per la tua attenzione e lo spazio che mi hai dedicato, è stato un piacere essere intervistata da te. Che la poesia e il coraggio siano con noi. A presto.

Marzia



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5 commenti:

  1. Cara Tania, grazie. Onorata della tua attenzione e della cura che hai riposto in questa intervista. Un talento speciale il tuo. A presto sicuramente.
    Marzia

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  2. Il talento fà rima con sensibilità in Tania,altrimenti non affronterebbe un tema cosi delicato col la sua rispettosa penna ,grazie anche a Marzia per il coraggio di portare in scena un tema che ancora oggi purtroppo ha molti tabù.

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  3. Questa intervista è illuminata dalla tua sensibilità e dalla tua professionalità. Hai dato luce a un tema che conosco bene e che, per vari aspetti, è sempre di attualità. Grazie Tania e complimenti a Marzia Ercolani per aver dato luce alle riflessioni poetiche di un immenso talento come Alda Merini

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    1. Ti ringrazio per il libro che hai scritto, per la maniera in cui hai trattato l'argomento, raccontando la tua esperienza e gli anni in cui avvenne il rivoluzionario cambiamento messo in atto da Basaglia. E davvero grazie per il tuo lavoro al suo fianco e per quello di cui ti occupi !!!

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PennadorodiTania CroceDesign byIole