Si rinasce dalle macerie nel nuovo spettacolo di Marzia Ercolani. L'intervista


Atto Nomade Marzia Ercolani presenta MUNNE - ‘O MUNNO DIFFERENTE in scena dal 4 al 9 febbraio allo Spazio 18b

L'intervista di Tania Croce

Antonin Artaud è il suo Teatro della Crudeltà che denuda, scarnifica, portando alla luce la verità e la bellezza della mente umana. Mi pare nella tua pièce sia un miraggio la conquista della luce, la pulizia in mezzo all'immondizia. Tale ricostruzione ed elevazione dalle macerie dell'esistenza è il punto di partenza e il fine del tuo spettacolo?

La meta verso cui vanno i due personaggi. La fine dunque. Ma è più appropriato dire un nuovo inizio.

Parlami della genesi della pièce a partire dal titolo.

La lingua drammaturgia ricorda un dialetto campano. Il titolo è un gioco di parole, porta in sé il seme della piccola giostra che sarà tutto il racconto. “Munne” sottolinea e unisce tra loro, come la luce e l’ombra, la munnezza (immondizia) e il mondo. “Il mondo (o’ munne) differente” è una definizione connessa alla raccolta differenziata ma fa eco anche al desiderio di un mondo differente verso il quale andare, un mondo che sta dentro ognuno di noi e che potrebbe, se ascoltato, trasformare la società odierna. Il progetto è nato da una mia urgenza di raccontare che dalla spazzatura, grande protagonista del mondo contemporaneo, sia essa materiale, sia essa interiore, c’è la possibilità di riciclare quello che sembra inutile in nuova vita, la possibilità di rinascere dalle macerie facendone una strada verso la rinascita.

MUNNE - ‘O MUNNO DIFFERENTE è una preghiera rivolta agli uomini oppure agli dei, una sorta di divinità pagana come fosse un rifugio ideale al riparo dalle cose terrene?

E' una preghiera rivolta agli uomini per ritrovare il senso della sacralità delle piccole cose, la sacralità dell'anima, la sacralità della terra. Tutto il racconto è un piccolo circo sacro e profano, pagano e monoteista al contempo. L’essere umano è uno e molteplice. Divino e terreno al contempo. 

 In questo spettacolo ti senti più angelo, oppure fata dispensatrice di bellezza?

 I due esseri che abitano questo progetto sono una donna/dea decadente e un folletto/dio bambino. In questo spettacolo non sono io a sentirmi angelo o fata, ma i personaggi lo sono. Nella mia visione, tutto il mondo femminile, ossia la madre terra stessa, e tutto il mondo infantile continuano ad essere buttati via, scartati, sfruttati, sminuiti, violati, in un sistema sociale contemporaneo ancora profondamente basato sul patriarcato e sulla gerontocrazia. Eppure nel sentire lunare femminile e nella purezza dell’infanzia c’è la magia della creazione. I due personaggi sono angeli caduti che riciclano poesia, bellezza e vita dalle rovine. Così come angelo caduto è ogni anima che viene al mondo e che durante tutta una vita cerca di imparare nuovamente a volare. Basterebbe ricordarci che abbiamo le ali e che possiamo sempre trasformare la nostra ruggine in oro. 

Lo spettacolo sul recupero della consapevolezza e della coscienza dell'essere umano, sarà un tuffo nella contemplazione della nostra interiorità, al riparo da ogni immondizia materiale ed esistenziale 


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3 commenti:

  1. Bellissima intervista all'inteprete di uno spettacolo che vuole riportare l'uomo sulla terra anche se è sofferente e distrutta...se ci si ferma a pensare e riflettere si può sempre rinascere dalle ceneri del dolore della sofferenza e dalla distruzione...come ci insegna la vita e la fenice...uccello mitologico che gli antichi egizi veneravano e immortalavano come simbolo di rinascita post-mortem.Complimenti all'intervitata e all'intervistatrice Tania Croce giornalista molto preparata anche a livello umanistico!

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    1. Hai ragione super Nunzia! Si può e si deve rinascere dalle ceneri... Noi ne sappiamo qualcosa! Grazie per il bellissimo commento!

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