Beppe Grillo è tornato
Coffeeshop tra flashanti visioni, fughe e ritorni
Nell'intervista che l'autore, regista e interprete dello spettacolo Andrea De Rosa mi ha rilasciato, "Il luogo è un Coffeeshop di Amsterdam, dove si incontrano una ragazza di trent'anni che fa la prostituta nelle "red lights" e un avvocato italiano in fuga dalla moglie, in cerca di un po' di "stordimento" dato dalla marijuana. Dopo avergli insegnato a girare i primi spinelli, lo convince a provare dei "tartufi magici" (ovvero "funghetti allucinogeni). L'effetto di quei tartufi, sono io: un uomo con la faccia bianca che si presenta come "Il Jolly" e che cerca di essere un po' la voce della sua coscienza, sbattendogli in faccia la realtà. Per poi fare lo stesso con la ragazza. Ma chi è veramente questo Jolly?!".
Catturata dall'atmosfera seducente e psichedelica di un vero Coffee shop di Amsterdam, tra il fumo dello spinello che l'avvocato tenta di preparare con l'aiuto di una ragazza incontrata per caso e qualche confessione che lo stesso rivolge teneramente alla giovane e desolata italiana emigrata, essendo più facile parlare con uno sconosciuto che con chi ci sta accanto, percepisco quell'idea di fuga che lo spettacolo evoca e mi sento parte integrante di quel luogo così sinistro eppure confortante, prima ancora che faccia effetto il funghetto allucinogeno che da lì a poco, assumerà il nostro italiano all'estero, lontano dalla quotidianità e da un matrimonio che gli pare giunto al capolinea.
Il deus ex machina appare per salvare o per salvarsi. È un Jolly senza campanelli e cappello, ha un volto bianco ed è in abiti casual, con un'espressione folle e lucidissima, dotato di una voce suadente che s'imprime nella mente dell'avvocato ormai sopraffatto dall'apparizione.
Tra le visionarie possibilità e soluzioni che il Jolly propone, la salvezza sembra giungere finalmente e il nostro avvocato saprà ritrovare la retta via.
Anche la giovane italiana emigrata in Olanda assume il funghetto allucinogeno ed è alla ricerca della verità che più la aggradi.
Il Jolly è quel grillo parlante che pinocchio sfuggiva, forse, o forse la seducente maschera bianca indossata magnificamente da Andrea De Rosa, cela il volto di un artista con il dilemma amletico dell'essere o non essere, all'alba del debutto di uno spettacolo al quale non potrà mancare.
Per ogni persona in platea oggi c'è stato il Jolly che danzava sulle note dei Manichini di Renato Zero e il Teatro Lo Spazio, si è trasformato in un luogo magico dove tutti i sogni diventano realtà grazie all'irresistibile Andrea, al bravissimo Luis Molteni che ho sempre apprezzato al cinema e per la prima volta lo ammiro in teatro ed a Flavia Martino.
In teatro come in un film il Jolly di "Coffeeshop".
"Daphne" una danza sublime ad Appia nel Mito con Aurelio Gatti
DAPHNE dalle Metamorfosi di OVIDIO
regia e coreografia AURELIO GATTI
con Lucia Cinquegrana, Luca Piomponi, Lucrezia Serafini
produzione MDA PRODUZIONI DANZA coproduzione Circuito Danza Lazio in collaborazione con Teatri di Pietra
CHIESA DI S. NICOLA
Via Appia Antica 161
MER 29 GIUGNO 2022 – ORE 20.30
Il 29 giugno c'è stato il magnifico appuntamento con la danza di Aurelio Gatti, che ha proposto una sua versione del mito di DAPHNE.
Il mito di Apollo e Dafne è la storia di un amore mai realizzato., ma anche di un paradosso: Proprio il dio protettore delle arti mediche non riesce a trovare un farmaco per la ferita infertagli da Eros; proprio il nume che conosce presente, passato e futuro, lascia che la sua mente onniveggente sia offuscata dalla tenace passione per la bellissima Dafne, figlia del fiume Peneo e di Gea.
La recensione di Tania Croce di "Daphne"
Il coreografo e regista Aurelio Gatti, prima che iniziasse lo spettacolo di danza sul mito di Apollo e Daphne, ha ricordato il mistero dell'eros descritto da Ovidio nelle Metamorfosi, ponendosi dei quesiti e ha spiegato il lavoro del suo adattamento del mito stesso.
«Daphne è una ninfa che rifiuta il corteggiamento di Apollo - ricorda Gatti - secondo una certa letteratura è dimostrazione di primato dell'autonomia femminile nei confronti di una società maschile, però noi ci siamo posti un problema: "com'è possibile che Apollo che è una di quelle divinità positive, apollineo viene definito il momento positivo di un'epoca, com'è possibile che Apollo capace di essere il rappresentante delle arti e non solo, viene rifiutato dalla ninfa?" naturalmente - prosegue Aurelio - Ovidio nelle sue Metamorfosi, ci fa una storia più complessa e ci racconta che Eros adirato con Apollo, decise di pungere con delle frecce di piombo, la ninfa, e con delle frecce d'oro Apollo, per creare nell'ultimo l'amore spasmodico, nella prima, il rifiuto. Detto questo, la poesia e non solo la poesia, narra di un qualche cosa di sottilissimo, in effetti Apollo è una figura giovanile, mentre la ninfa è poco più che sedicenne. Di fronte hanno un altare straordinario, che è l'incontro, a cui uno tende con bramosia, l'altra disattende con timore. Quel momento crea una magia che Ovidio racconta con parole straordinarie l'invocazione nella corsa di Apollo verso la ninfa, dice esattamente: "Frena la tua corsa o ninfa, affinché rami e arbusti non segnino le tue carni". Vi pare possibile - si chiede Gatti - immaginare un'invocazione così attenta, così precisa per un uomo che vuole esercitare una virilità e basta? Tutto questo ci ha portato a immaginare quindi un Apollo ma per disegnare le ninfe ne avevamo bisogno di due, abbiamo immaginato una Daphne bianca e una Daphne nera, una Daphne portata a conoscere in quanto giovane e attratta da un qualche cosa che avviene straordinario e che non conosce e una Daphne nera che invece induce il personaggio al timore ad essere guardinga. L'epilogo è conosciuto, dopo questa corsa, Daphne stremata arriva in cima alla collina e chiede al padre di trasformarla in altro, il padre asseconda questa preghiera e Apollo arriva quasi a toccarla che già quelle non sono più carni ma l'arbusto di alloro, da quel momento l'alloro diventa la pianta dedicata ad Apollo. Quando si cingono i poeti si cingono d'alloro, anche i vincitori e gli imperatori. L'alloro diventa la pianta sacra di Apollo. Tutto questo noi cerchiamo di raccontarlo solo per danze. In scena un Apollo, due Daphne e complice questo luogo che come recita la mission di questo Festival, fa in maniera che il mito possa ogni volta risiedere laddove c'è una comunità attenta ad ascoltarlo».
Sulle note di musiche bellissime tra cui "Charms" di Abel Korzeniowski, "Cry" di Michael Ortega, "Gortoz a Ran" di Denez Prigent, Lucia Cinquegrana e Lucrezia Serafini unite a formare un corpo unico, procedono e si chinano di fronte ad Apollo che è interpretato da Luca Piomponi, a distanza dalla duplice Daphne, a cui seguiranno volteggi e giochi di veli e abiti leggeri che fluttuano, fino a rappresentare danzando, l'emblematico incontro fra il maschile e il femminile e la successiva fuga della Daphne nera.
Nella seducente danza di abbracci e di fughe, la Daphne bianca si lascia corteggiare e si abbandona tra le braccia innamorate di Apollo, mentre quella nera è animata da inquietudine e fugge alla ricerca di un'identità che la liberi dal peso di un amore verso il quale non ha alcun interesse e predisposizione.
Così l'amore come nel poema epico mitologico di Ovidio, dell'8 secolo d.C. ritenuto una vera e propria enciclopedia della mitologia classica, si trasforma e i rami d'alloro di una corona che Apollo porterà con se e che lo rappresenteranno, conterrà quell'amore.
L'amore non muore, si trasforma e nello splendido e suggestivo adattamento del mito di Aurelio Gatti che cura la regia e la coreografia di "Daphne" è espresso magnificamente il mistero dell'eros e la sua forza di trasformare l'animo umano per sempre.
Le immagini dello spettacolo
Edipo... Seh! con Andrea Tidona alla Chiesa di S. Nicola per "Appia nel Mito"

La recensione di Tania Croce di "Edipo... Seh!"
Rivivono grazie al talento e alle doti sia canore che imitatorie di uno dei grandi attori del nostro cinema e teatro come Andrea Tidona, alcuni degli artisti amatissimi che ormai non ci sono più, diretti da un regista come Giorgio Strehler che mi piace pensare sia finito nell'Ade, ossia in quel regno dei morti che attraverso la loro arte si sono consegnati all'eternità.
Si assiste a una danza di anime, di voci, ed è un viaggio non solo nel mito greco e nella tragedia di Sofocle di maggiore impatto e forza drammatica come l'Edipo re ma anche nella recitazione e nell'Italia dei dialetti a cui i diversi attori impegnati nei panni di Giocasta come Tina Pica o di Edipo come Vittorio Gassman, appartenevano.
Dal fraseggio declamato e solenne di Gassman che avverte il peso del suo destino, a quello scansonato e popolare di Aldo Fabrizi nei panni del Nunzio, Tidona evoca senza essere caricaturale, gli attori che hanno ispirato il suo percorso artistico, mostrandone i pregi e i difetti a partire dal tic agli occhi di Vittorio Gassman, fino all'immenso Maestro Eduardo che chiude la tragedia, cercando come solo lui sapeva fare di spiegarla al pubblico attraverso le sue famose didascalie, prima di congedarsi.
Non voglio dimenticare Ugo Tognazzi nei panni di Creonte, un politico, un filosofo accomodante e furbo, investito da un potere che gli consente di essere conciliante con tutti, allontanando le incertezze e le paure che dominano l'animo umano.
Che sia stato solo un sogno nel quale l'attore ci ha condotto, il pubblico lo scopre sul finale ed avendo creato un legame così empatico con i presenti, è stato difficile dopo gli applausi meritatissimi, uscire dal teatro, se non fosse per i meravigliosi sampietrini trovati sul sentiero lungo la Via Appia Antica che conduce in un luogo luminoso come la I Edizione di Appia nel Mito, la rassegna di rara bellezza nata dall'idea di Alessandro Machìa e Fabrizio Federici della Compagnia teatrale Zerkalo, con il contributo della Regione Lazio.
Il quarto appuntamento sarà il 29 giugno alle 20:30 con Daphne dalle Metamorfosi di Ovidio, regia e coreografia di Aurelio Gatti, con Lucia Cinquegrana, Luca Piomponi, Lucrezia Serafini, produzione MDA PRODUZIONI DANZA in collaborazione con Teatri di Pietra.
Viola Graziosi e il mito da Aiace a Clitemnestra
Il mito (dal greco μῦϑος, mỳthos) è una narrazione investita di sacralità relativa alle origini del mondo o alle modalità con cui il mondo stesso e le creature viventi hanno raggiunto la forma presente in un certo contesto socio-culturale o in un popolo specifico. Di solito tale narrazione riguarda dei ed eroi come protagonisti delle origini del mondo in un contesto soprannaturale.
Vorrei parlare di Viola Graziosi e della rappresentazione del mito attraverso una serie di spettacoli che lo attualizzano, creando un trait - d'union tra il passato e il presente, restituendo la visione di un tempo senza tempo che è quello leggendario e letterario.
L'Aiace di Ghiannis Ritsos regia di Graziano Piazza al Fontanone Estate 2015 Roma e Dionisiache di Segesta
L' anima di un eroe immortale, malinconico, disarmato, appare in una notte mite come la quiete meritata accanto alla gloria e a piedi nudi indossa gli abiti leggeri di una donna che vive nell'assenza del marito suicida, Aiace, dando voce al mito sognante e presente.
Nel suo sguardo sono proiettati i colori del tempo burrascoso e felice della guerra e dell'amore, ma i conflitti ora sono solo interiori e le ore da vivere sono quelle della memoria dove il tempo si ferma per sempre. Poi torna come un'eco, l'amabile uomo ormai perso nei ricordi del cuore.
Viola Graziosi è l'anima e l'uomo, l'eroe umano e leggero che nulla sarebbe senza l'amore della sua donna. Un'interprete delicata e intensa nel suo primo monologo, sussurrato in punta di piedi e gridato con coraggio e immensa grazia.
La suggestione di Ghiannis Ritsos, il poeta greco devoto a Sofocle, è resa magnificamente da un regista attento e intenso come Graziano Piazza che attingendo al vasto serbatoio dei classici, nella traduzione di Nicola Crocetti, tenta uno stravolgimento linguistico dove il dramma di Aiace si tinge di rosa per rafforzare il concetto dell'immortalità dell'epico eroe omerico.
Orfeo ed Euridice da "Lei dunque capirà" di Claudio Magris e di Christoph Willibald Gluck ai Giardini della Filarmonica di Roma e alle Dionisiache 2016
Il buio della solitudine e della desolazione nella casa dove una donna è rinchiusa a seguito di una brutta infezione, è illuminato dal racconto di un amore femminile, quello di Euridice per Orfeo, uomo distratto, disordinato, affabulatore, narcisista e incapace di provare un sentimento pulito e nobile, prima della presunta trasformazione messa in atto dalla sua amata.
Si susseguono nelle parole pronunciate da Viola Graziosi, delicata e intensa interprete dei sentimenti umani, le immagini di una coppia, in una vita passata insieme tra momenti esaltanti e deprimenti, in un vortice di pura passione nelle corse al mare, il loro amato mare. Accanto alle suggestioni di Euridice, il canto del mezzosoprano Sara Biacchi, esprime quel che alle parole spesso non è concesso: il mistero e la pena impronunciabili, il dolore amoroso dell'animo umano.
Viola Graziosi, diretta dall'impeccabile attore e regista Graziano Piazza, ha sussurrato questa storia meravigliosa e lo ha fatto con la maestria e la delicatezza proprie di un'attrice preparata e intensa e appena le luci si sono accese, lei è avanzata voltando le spalle al pubblico, come a esprimere il suo disorientamento per le riflessioni sulla forza luminosa e creativa della vita e quelle incerte del nulla infinito.
Attraverso un omaggio al passato e al presente della letteratura europea, nel magico scenario dei Giardini della Filarmonica Romana a Via Flaminia 118, un vero è proprio boschetto al centro della Capitale, dove respirare a pieni polmoni la bellezza dei Solisti del Teatro, Viola Graziosi, Sara Biacchi e Graziano Piazza, hanno saputo regalare al pubblico nella data unica del 1 agosto, un gioiello di rara bellezza incastonato nell'Estate Romana 2016.
Clitemnestra di Luciano Violante regia di Giuseppe Di pasquale
Ia Edizione di Appia nel Mito 2022
Estremamente vicino all'attualizzazione del mito del greco Ritsos, l''autore colloca la dimensione temporale laddove la narrazione diventa canto disperato, grido di vendetta eppure lirica di grande impatto quando il fraseggio è affidato a Viola Graziosi, una delle voci più belle del nostro panorama artistico e letterario che irrompe nella chiesa di San Nicola come una clochard e si dirige sul palcoscenico suggestivo con il peso di una condanna a morte e sul patibolo delle sue colpe costretta a vagare per aver commesso un omicidio e per aver gettato sangue sul sangue dei suoi cari figli e del primo marito barbaramente ucciso da quell'Agamennone che dovrà fare i conti con una vedova e moglie esasperata.
Farsi giustizia per una madre privata dei suoi figli e per una donna smarrita, è l'unica soluzione possibile per la regina di Micene spodestata dal suo regno e senza corona, con il solo macigno dei suoi pensieri sul capo e di un destino avverso.
Nell'immaginario tribunale, Viola lascia che il pubblico la giudichi e la assolva dalle sue colpe e la lasci naufragare nel mare del suo dispiacere, forse purificata e perdonata.
Non più assassina e adultera ma mendicante di comprensione e amore.
Un'anima spartana magnificamente rappresentata da Viola Graziosi, che avvicina il mito alla contemporaneità, lasciando inalterato tuttavia il fascino e la suggestione della mitologia greca.
Storie di coltelli e di coraggio ad AR.MA teatro
Ad AR.MA teatro riapre il Sipario7 sulle storie della Roma rinascimentale, come se la cultura e la conoscenza fossero un'arma contro il tempo che passa e cancella il ricordo di quello che siamo stati: coraggiosi, orgogliosi, poeti dialettali, romani, italiani.
Un reading romanesco molto originale è quello ideato da Francesco Bazzurri che attinge alla tradizione per mostrare come gli uomini del passato, le storie delle loro vite, la sfiducia verso il governo e i papi, siano così simili a noi e che caratterizza la prima parte dello spettacolo La Repubblica de le bestie dove tre statue parlanti: Marforio, Madama Lucrezia e Pasquino raccontano i fatti che furono, tra sonetti e le battute di autori romaneschi amatissimi, uno dei quali, Carlo Alberto Salustri, in arte Trilussa, fu nominato senatore a vita nel 1950, l'anno in cui ci lasciò, ma non la sua eredità immortale.
Ieri sera mentre ascoltavo gli attori diretti da Bazzurri, mi sembrava di sfogliare Il Rugantino del poeta dialettale Giggi Zanazzo dove all'età di 16 anni Trilussa chiese la pubblicazione di un suo componimento d'ispirazione belliana L'invenzione della stampa.
La seconda parte dello spettacolo Fora er cortello di grande impatto emotivo e scenografico sullo sfondo di un'osteria con il vino in bella mostra, tra passatelle e puncicate verbali e fisiche si conclude con un duello vero e proprio, tra i canti disperati dell'eccezionale Mirko Basile e della superba Ilaria Mazza.
E' stato un bel modo per omaggiare la tradizione ottocentesca romana, un lavoro coraggioso di giovani che guardano al passato come fonte d'ispirazione e specchio dei tempi.
Oggi si replica, accorrete numerosi!
Dove?
A Via Ruggero di Lauria, 22 - Roma.
Il Teatro Roma riparte con Diamoci del tu
Dopo aver ritirato gli accrediti, aver ricevuto la misurazione della temperatura all'ingresso del teatro, mi sono seduta nella poltrona rossa dopo più di un anno di assenza, tra distanze e mascherine, per applaudire Pietro Longhi e Gaia De Laurentiis nello spettacolo Diamoci del tu di Norm Foster, diretto da Enrico Maria Lamanna.
La commedia brillante dell'autore canadese, è proprio adatta a questi tempi, mi è sembrata la personificazione del teatro stesso che torna a darci del tu, rivolgendosi al suo pubblico per aiutarlo a superare questo momento attraverso le emozioni che solo il palcoscenico emana.
Il direttore e attore Pietro Longhi, ha rivolto parole piene d'entusiasmo al pubblico presente, ripartendo da dove si era fermato a ottobre, dopo la prima settimana di replica, per i motivi noti a tutti.
David e Lucy, questa sera, hanno raccontato una storia bellissima, quella di uno scrittore di successo di libri di spionaggio, pluripremiato e quello della sua collaboratrice domestica devota e sola.
Accade tutto in una notte ed è una notte piena di confessioni e verità taciute.
Ma il tempo cambia le cose e le persone e spesso la solitudine può far nascere sentimenti straordinari come l'amore.
Non è mai troppo tardi per emozionarsi e questa commedia lo dimostra.
Pietro/David, ha dato voce a un uomo solitario e malato, che non ha mai ricevuto l'amore di una donna nonostante le unioni matrimoniali vissute e lo scopre per caso in una notte come tante che potrebbe cambiare la sua vita.
Gaia/Lucy intensa, commovente e appassionata, ha trascorso 28 anni nella lussuosa abitazione dell'uomo di cui s'innamora perdutamente ma ha celato il suo sentimento fino a questa notte.
Mi sono piaciuti come l'altra coppia di attori ammirati al Parioli nel 2016, sto parlando di Enzo De Caro e Anna Galiena che hanno rappresentato la commedia di Foster, emozionandomi moltissimo.
Bellissima la scenografia, le luci e l'atmosfera sognante ed elegantissima.
E' stato davvero bello tornare in teatro e quando si è chiuso il sipario ed ho applaudito, mi sono commossa moltissimo, perché ho ripensato a quest' anno difficilissimo e interminabile.
Il teatro ha il potere di trasformare i sogni in realtà e oggi è accaduto questo.
La favola dolceamara di Cesira
Cesira è una cantastorie napoletana, ha occhi scuri e profondi come il mare e un cuore pieno di sogni e amare verità che desidera svelare a un passante, forse è un giornalista di Raitre quello in cui s'imbatte e che potrebbe farla diventare famosa. E' una donna chiusa da generazioni dietro a un bancarello d'acqua e limonate, sposata con un uomo che sente le voci eppure è profondamente sola.
Gennaro Cannavacciulo indossa dopo trent'anni con disinvoltura e maestria i panni del personaggio femminile nato dalla penna di Manlio Santanelli che nasconde i suoi mustacchi dietro una mascherina, come fosse un velo e una volta scoperto il viso, ha inizio una danza piena di comicità e tragedia e di umanità.
L'atto unico è musicale, il canto introduce il personaggio che prende per mano il pubblico empatico e divertito.
Cesira, raccontando se stessa, svela la sua Napoli colonizzata dai normanni, gli svevi, gli angioini, gli spagnoli e i borboni e soffocata dalla borsa nera della Guerra Mondiale, dove sua mamma le diede il gravoso incarico di custodire le patate e portarle a casa a qualsiasi costo.
Quando Cesira lascia la scena resta un vuoto enorme dietro di se eppure ha riempito i cuori dello spettatore d'amore e malinconia perché il male di vivere che lei racconta, ci appartiene.
Cesira è ognuno di noi, con o senza baffi.
Dotato di una voce soave, Cannavacciulo ha dato vita a un testo meraviglioso, dove si alternano svariati registri linguistici, persino imitazioni e una donna ne contiene cento, mille.
Cesira è indubbiamente un personaggio pirandelliano che scompare per imprimersi nella mente di chi ha avuto la fortuna di conoscerla, che non è in cerca d'autore, ma di verità e calore.
La regia di Savelli è essenziale e funzionale.
Oltre Gennaro c'è un attore silente come Fabio Mascagni, che non parla, beve soltanto.
Vedere il video dello spettacolo con gli applausi e i sorrisi del pubblico, mi ha fatto sentire in teatro.
Il Teatro di Rifredi riparte con il cuore, come sempre, con uno spettacolo straordinario come questo.
(foto di Stefano Cantini)
Un uomo in fallimento di David Lescot, secondo capitolo di Resistenze Teatrali
La barbona e il pappagallo con Elisabetta Pozzi
Jannuzzo magnifico cantastorie nel suo Recital
Boom di risate con Max Paiella
Collabora con Radio 2 nella trasmissione Il ruggito del coniglio, durante la quale, all'interno della rubrica Il Momento Musicale manda in scena svariati e pittoreschi personaggi. È il cantante della band Blues Willies insieme a Claudio Gregori (il Greg della coppia Lillo & Greg).
Sarà in scena al Teatro Golden fino al 15 marzo 2020 per la mia gioia. Andate a vederlo!
di Tania Croce
Casa di frontiera quando il nord e il sud fanno ridere
Dire sì a Paolelli e alle sue scene da un matrimonio al Teatro Roma
Hertzko Haft, la storia di un pugile nei campi di sterminio
1942
Giorno X
Località X
Polonia
La commedia di Bettanini-Ruiz compie 20 anni al Ghione
I due autori attori Diego Ruiz e Fiona Bettanini diretti da Pino Ammendola e Nicola Pistoia, sanno far ridere e riflettere un pubblico che li ammira da vent'anni e che potrà divertirsi in loro compagnia fino al 2 febbraio 2020 al Teatro Ghione.
di Tania Croce
Trote con Pistoia e Triestino al Sala Umberto
Lettere a Yves per sempre nel suo cuore
Gli spettacoli più belli del 2019
Mi è piaciuto perché...
La sofferta performance di Glauco Mauri, interrotta a causa di un malore, è stata ripresa con successo nella serata indimenticabile a cui ho assistito.
"Glauco Mauri e il regista Matteo Tarasco hanno scelto i capitoli più emblematici del romanzo, la cui summa è sicuramente rappresentata dal monologo di Roberto Sturno che è Ivàn, uno dei tre figli di Fëdor Karamazov e conduce il pubblico nel suo viaggio iniziatico attraverso Il racconto del Grande Inquisitore".
7) LA GENTE DI CERAMI è un altro spettacolo omaggio tra i miei preferiti visti nel 2019 con una straordinaria Anna Ferruzzo e un impeccabile Massimo Wertmuller, visto al Vittoria. Mi è piaciuto perché...
https://www.pennadoroteatro.com/2019/03/la-gente-di-cerami.html
https://www.pennadoroteatro.com/2019/07/viaggio-sulla-luna-con-mike-collins.html
10) L'One man show di Enrico Montesano, il mio attore romano preferito, dotato di una vis comica fuori dal comune, apprezzato nella splendida cornice di Santa Severa, mi ha rincuorato, rallegrato e divertito immensamente.
Lo spettacolo mi è piaciuto perché:
"Nel meraviglioso viaggio teatrale di circa due ore, l'immenso attore, imitatore, barzellettiere, rumorista e cantante, con la leggiadria di un cavallo di razza ha attraversato epoche, ideologie, tradizioni popolari, lingue e dialetti italiani e stranieri per raccontarsi e mostrare l'uomo condizionato dalla politica e dalla comunicazione sui social, priva di pathos ed emozioni autentiche".
La recensione:
https://www.pennadoroteatro.com/2019/08/enrico-montesano-in-one-man-show.html
Mi è piaciuto perché:
https://www.pennadoroteatro.com/2019/10/ettore-bassi-insegna-lamore-per-la.html
12) Lo spettacolo musicale di Romano Talevi, una vera e propria opera rock dove la prosa s'insinua per raccontare storie di periferia drammatiche e vicine a ognuno di noi, è stato TANGENZIALE visto al teatro Lo Spazio.
Lo spettacolo mi è piaciuto perché:
"E' uno spettacolo rock, uno show teatrale originale e seducente, con citazioni letterarie: Shakespeare in primis e richiami cinematografici di grande impatto. Le meravigliose melodie eseguite dal vivo, catturano il pubblico animandolo di speranze e il canto si trasforma in una preghiera collettiva e salvifica, come il teatro, il luogo dove le emozioni sono condivise e tangibili.
https://www.pennadoroteatro.com/2019/11/tangenziale-invocando-gli-dei-speranza.html
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