Bar Stella è…

 


Un programma d’intrattenimento che mi ha incollato fino ai titoli di coda e che tornerà martedì prossimo in seconda serata su Rai2.

Chi lo conduce? Stefano De Martino che apprezzai e a dire il vero ho scoperto nella quinta edizione di Stasera tutto è possibile, sempre su Rai2, prendendo il posto di Amadeus che lo condusse nelle prime quattro edizioni.

Cosa mi è piaciuto di Bar Stella? 

Tutto.

In ordine mi ha commosso l’idea di ricreare dopo 100 anni, il bar di nonno Stefano dove De Martino è nato e cresciuto a Torre Annunziata.

Poi le chiacchiere da bar tra citazioni latine, la statua parlante (Adelaide Vasaturo), il barista Luciano (Herbert Ballerina) che fatica a preparare le ordinazioni nel bar dove lavora per arrotondare forse perché è più portato per fare l’attore che il barista e le pillole di saggezza del professor Siniscalchi (Mario Porfito) che mi ha fatto tornare alla mente l’ironia sottile di Luciano De Crescenzo.

Tra i clienti c’è Libero Parere (Francesco Arienzo) che forse nel curriculum vitae scriverà Libero Libero Liberissimo.

Altro cliente strambo è l’avvocato D’Affitto  (Giovanni Esposito.

L’intrattenimento musicale è della Disperata Erotica Band diretta dal maestro Pino Perris.

Al tavolo del bar c’è anche Marta, una sofisticata insegnante che da Roma insegna al sud.

C’è davvero una bella atmosfera al Bar Stella.

Tra battute, ricordi, canzoni, omaggi e storie, il programma ha chiuso in bellezza una giornata difficile come quella che abbiamo vissuto oggi.

Bravo Stefano sempre attento al linguaggio, alla dizione e intenso nell’omaggio all’amato nonno e complimenti a tutto il cast.


 


Il cattivo poeta


 Italia, 1936. Giovanni Comini è appena stato promosso alla carica di Federale e viene trasferito a Roma per una missione delicata: vegliare sullo scrittore Gabriele D'Annunzio e fare in modo che non dia nessun tipo di problema. D'Annunzio, poeta riconosciuto a livello nazionale, è sempre più inquieto e Benito Mussolini teme che possa minare l'alleanza con la Germania nazista.

È intriso di storia e malinconia il film scritto e diretto da Gianluca Jodice che guida con sapienza e stile, un cast d’immensa bravura a partire da Sergio Castellitto nei panni del Vate, a Francesco Patanè in quelli di Giovanni Comini a Paolo Graziosi, suo padre.

Sono ricostruiti gli ultimi tre anni della vita di Gabriele D’Annunzio, uomo capace di amare e stregare le sue donne, d’incantare il suo interlocutore con intense riflessioni sulla vita, sulla politica e sul linguaggio che a suo dire “rende estraneo ciò che è intimo e così è per la politica, è un tradimento degli ideali, di una passione autentica”.

È estremamente poetica e al tempo stesso malinconica la scena  in cui il Vate confessa a Giovanni il peso e la piacevolezza della sua vita da recluso nel Vittoriale. 

L’amicizia con il duce è ormai un vago ricordo perché “il sangue comincia a sgorgare dal corpo dell’Italia”.

Il Vate ha 74 anni, è malato eppure ama ed è accudito dalle sue donne, la fedele musa e amante, la pianista di successo Luisa Baccarà (Elena Bucci), la quale ricorda e rimpiange l’amato passato felice trascorso con Gabriele ormai vacillante, ossessionato dalla visione dei topi che infestano la casa e amareggiato per le sorti dell’Italia e Amelie.

Il tempo del film è scandito dalle ultime stagioni vissute dal Vate, che vince il terrore dello specchio mattutino, essendo ormai vecchio e solo pur essendo circondato da una massa di uomini squallidi e approfittatori.

Morto Guglielmo Marconi, Mussolini lo nomina successore dell’Accademia d’Italia, ma questo non lusinga e inorgoglisce D’Annunzio. 

Il Vate che per Achille Starace “è come un dente guasto. O lo si ricopre d’oro o lo si estirpa” si congeda dal mondo che sta cambiando perché sta entrando in guerra.

“I maestri insegnano sempre delle cose che non si possono imparare” dice Amelie (Clotilde Courau) rivolgendosi a Giovanni e questo film contiene un’immagine di D’Annunzio estremamente bella e coinvolgente.

Il cattivo poeta è in prima visione su Sky e ne consiglio la visione.


Je te veux moi non plus Nemmeno io ti voglio


Biarritz, l’elegante  cittadina di mare sulla costa basca, a sud-ovest della Francia, è lo splendido scenario della graziosa commedia diretta da Rodolphe Lauga, sull’amicizia e l’amore, tra surfisti, spiagge e vacanze nella località che dista circa due ore da Parigi.

Nina e Dylan sono amici da una vita, lui la ama, lei non lo sa fino a quando soffre di gelosia per la presenza di una ragazza alta e bella che Dylan frequenta.

Nina è esuberante e vitale, è piccolina, rotondetta e mora. Ha un mare di qualità che le inseparabili amiche adorano e anche Dylan.

La dichiarazione d’amore di Dylan nell’aula di tribunale dove Nina lavora a Parigi, chiude il quadro di un film rilassante, fresco e delicato.

Deliziosi Inès Reg e Kevin Debonne nei panni di Nina e Dylan.

In questa società dell’apparire, quel che conta veramente è l’essere.

È il messaggio più significativo di questa effervescente  pellicola francese che fa sognare a occhi aperti.

Ne consiglio la visione su Amazon.

Le notti bianche con Mastroianni


Proprio oggi ha lasciato questo mondo Marcello Mastroianni e ho scelto di ricordarlo attraverso questo film  del 1957 diretto da Luchino Visconti e tratto dal meraviglioso racconto di Dostoevskij dove si assiste al crollo degli ideali romantici distrutti dal cinismo e la volgarità della nuova generazione che si stava facendo spazio in Russia. 

Ebbene Mastroianni come il protagonista de Le notti bianche, è animato da un insolito ottimismo e dalla leggerezza di chi si lascia sedurre dagli imprevisti del caso. 

Mentre passeggia tra la gente in una notte così quieta e bellissima, s’imbatte in una giovane donna disperata e sospesa sul ponte in attesa di qualcosa che le provoca un intenso dolore.

Tra i due nasce una tenera amicizia che tinge le notti seguenti di pura poesia e amore.

Mastroianni si trasforma esattamente nel timido e appassionato personaggio di Dostoevskij incantato, disilluso e rassegnato.

È una co produzione Italo Francese di grande impatto visivo ed emotivo.

Splendida anche Jean Marais, innamorata del delizioso sconosciuto che soggiorna per qualche tempo nella pensione della nonna e in costante attesa del suo imminente ritorno.

Tale pellicola in bianco e nero conquistò il Leone d’Argento alla XVIII Mostra del cinema di Venezia e seducono oltre alle figure dei due attori principali, anche la colonna sonora di Nino Rota.

Credo sia stato un bel modo per ricordarti Marcello

Pattini d’argento


 Dal romanzo ottocentesco di Mary Mapes Dodge nasce il film Pattini d’argento, un colossal russo ambientato nella San Pietroburgo di fine secolo anziché nei Paesi Bassi. Le famiglie più agiate e aristocratiche possono accendere la luce elettrica al posto delle candele per sconfiggere il freddo inverno e per spostarsi saranno necessari resistenti pattini.

Il film coinvolge e seduce per i paesaggi incantevoli, per i costumi meravigliosi e le luci sfavillanti e per l’eccezionale capacità dei ladri di sfrecciare sul ghiaccio coi loro pattini che come razzi li aiutano a sbarcare il lunario rubando ai ricchi.

Sotto i ponti, sui corsi d’acqua congelati e sulla nave usata come riparo dal gruppo di giovani ed esperti ladri sui pattini, si consuma la storia d’amore di due moderni Romeo e Giulietta, appartenenti a due diverse classi sociali e per questo si trovano a dover lottare per un Unione che sembra impossibile.

Alisa e Matvey sfidano la sorte e le avversità saranno solo un vago ricordo quando si ritroveranno insieme a Parigi, sposati con un figlio, lontani da ogni possibile impedimento.

Mi ha fatto pensare al Titanic il film sia quando Matvey viene soccorso congelato che nella scena in cui porta la ricca Alisa a una festa tra povere anime che desiderano brindare alla vita.

Tra i temi trattati, mi ha colpito l’esclusione delle donne dallo studio e dal sapere ritenuto dannoso, anche se Alisa studierà di nascosto diventando una stimata insegnante di chimica in Francia.

Le musiche del film diretto da Michail Loksin sono straordinarie, quella più emozionante è sicuramente il Clair de lune che si ascolta mentre i due giovani innamorati pattinano sul canale ghiacciato della città.

Consiglio la visione di questa meravigliosa storia d’amore a lieto fine su Prime Video.



Io sono Babbo Natale


 Falcone ci svela un segreto vecchio come il mondo: Babbo Natale esiste davvero ed ha il volto, lo sguardo bonario e la battuta pronta come colui che se n’è andato ma che in realtà non se ne andrà mai: Gigi Proietti!

È proprio Gigi a riempire di stupore e magia questo film fantastico, non proprio fantasy ma pieno di effetti speciali e che tocca il cuore veramente, commuove e sorprende, diverte e fa riflettere sulla necessità di alleggerire la realtà attraverso il sogno ma un sogno che eleva e fa persino volare sulla slitta di Babbo Natale.

Nicola Natalizi è un Babbo che ha più di cento anni ed è felice per il lavoro che ha svolto per tutta la vita con la collaborazione dei suoi fedeli elfi.

Ha varcato i cieli ed è sceso nei camini di tutto il mondo però ora vuole trasmettere la sua nobile e appassionata missione a un erede che sia degno d’indossare il suo abito magico.

Ettore è appena uscito dal carcere e Babbo crede sia proprio lui quello giusto.

Ettore è interpretato da Marco Giallini che Falcone dirige nel bellissimo Se Dio vuole.

È una storia coinvolgente e poetica, come la vita stessa.

Non è il solito film su Babbo Natale, è un vero e proprio canto di Natale pieno d’amore dove uno Scrooge/Ettore si trasformerà in colui che il 24 notte sarà in sella alla sua slitta per portare i regali ai bambini di tutto io mondo da quando il Babbo ufficiale è andato in pensione.

100 anni di Nino Manfredi Le avventure di Pinocchio


 Per i 100 anni di Nino Manfredi su Raiplay c’è l’imperdibile sceneggiato in cinque puntate di Luigi Comencini trasmesso nel 1972, La avventure di Pinocchio, ispirato al capolavoro di Carlo Collodi. 


Le favolistiche avventure del burattino realizzato in una sola notte dall’umile e poverissimo falegname vedovo Geppetto, grazie al pezzo di legno pregiato ricevuto in dono da Mastro Ciliegia, hanno incantato generazioni.


Il candore di Geppetto, interpretato magistralmente da un Nino Manfredi impeccabile e amorevole nei panni del papà protettivo e senza un soldo ma ricco d’amore per il piccolo figlio in carne ed ossa e di legno, ha fatto affezionare tutti e il falegname toscano grazie all’intensità di Manfredi, ha intenerito i bambini e i genitori che lo stavano a guardare.

Incantevole è la figura della fata Turchina, dove ammiriamo una giovane e bellissima Gina Lollobrigida, la fatina più affascinante e dalla più bella voce in assoluto. 

Nel cast di questo splendido sceneggiato ci sono Gatto e Volpe coi volti e l’irresistibile comicità di Franco e Ciccio.

Nel terzo episodio è bello trovare Vittorio De Sica nei panni del giudice.

Il Pinocchio bambino è il tenerissimo Andrea Balestri.

Se siamo cresciuti con un animo pieno di stupore e se siamo sognatori, è anche per aver visto questo sceneggiato pedagogico. 

Rivedere Le avventure di Pinocchio è tornare bambini.

Ne consiglio la visione!   


E noi come st***zi rimanemmo a guardare


Arturo è appena stato licenziato per colpa di un algoritmo e lasciato dalla fidanzata condizionata da una app sulle affinità di coppia.

Ha 48 anni, è senza lavoro e senza amore.

Sul web riesce a trovare lavoro come rider e avrà la compagnia di Stella, un ologramma della app Fuuber friends.

Con Stella la vita sembra più sopportabile ma Arturo è ormai invischiato in una realtà dove gli algoritmi regolano le vite degli uomini senza scampo.

L’illusione dell’amore per Stella, una ragazza reale ma imprigionata in una torre a Mumbai dove la sua immagine sarà proiettata all’abbonato di turno, farà sentire Arturo libero di raggiungerla e di riconquistare al suo fianco il suo posto nel mondo. 

Arturo è interpretato molto bene da Fabio De Luigi. Stella è Ilenia Pastorelli e Pif è sia il regista che il compagno di stanza di Arturo.

Molto profetico questo film tremendamente bello.

Stupenda la fotografia e la proiezione di quel che accadrà sotto i nostri occhi, tra quarant’anni oppure tra poco tempo ma noi come st***zi resteremo a guardare.

Ne suggerisco la visione perché Pif è il Tati italiano e questo film è appassionante come Play Time dove Monsieur Hulot è alle prese con il mondo della cibernetica che, teoricamente dovrebbe facilitare e rendere più piacevole la vita dell'uomo, ma in realtà minaccia pericolosamente la sua esistenza, tendendo a fare di ogni individuo un robot.

Madame Bovary


 Un’altra Emma dopo quella di Jane Austen, nacque dalla penna di un altro grande nome della letteratura mondiale, sto parlando di Gustave Flaubert e della sua Emma Bovary, meno virtuosa di quella inglese ma estremamente affascinante e vicina a noi.

Flaubert era un perfezionista alla ricerca costante della parola giusta (le mot juste).

Anche la sua Emma amava le parole e le emozioni travolgenti e da umile moglie di un medico condotto di provincia, si trasforma in un’adultera viziosa, inevitabilmente condannata a una malasorte.

Ebbene, il contenuto estremamente realistico del romanzo, ritenuto immorale e osceno, provocò una condanna dell’autore nel 1857. Solo dopo l’assoluzione di Flaubert, nell’aprile dello stesso anno il romanzo fu pubblicato.

Il successo fu immediato e tale vicenda continua ad esercitare un fascino sulle generazioni successive e ad ispirare registi come Sophie Barthes, la quale ha scelto Mia Wasikowska per il ruolo di Emma nel bellissimo film del  2014.

Mia sa essere estremamente credibile, con il suo volto pallido e lo sguardo smarrito e disperato come la descrisse il suo autore, immersa in una tale tristezza, che sarà la causa della sua perdizione.

“Non intendo rimanere inerte in questa febbre di disperazione” afferma la povera Emma il cui futuro sarà meno radioso di quello della Emma felicemente sposata e partorita dalla fervida immaginazione di Jane Austen. 

Per Madame Bovary, il matrimonio sarà un’indicibile condanna.

Ho avuto il piacere di rivedere il film su Sky questa sera. 

Lo consiglio 

Emma.


 Ho sempre detto di essere nata nel secolo sbagliato e solo nell’800, avrei trovato la giusta collocazione.

Ed è nel secolo del Romanticismo che si colloca la vicenda di Emma, l’eroina nata dalla bella penna di Jane Austen e attraverso la quale la romanziera inglese si congeda da questo mondo per restare immortale con i suoi splendidi personaggi che hanno ispirato numerosi registi, l’ultima è Autunm de Wilde.

Appena inizia il film si resta avvolti dai colori e dalla atmosfere del secolo romantico.

Anya Taylor Joy è Emma, una ventenne bella, ricca e sensibile, in salute, generosa e serena anche se orfana di madre, affabile e ospitale.

Vive con l’anziano padre Mr Woodhouse interpretato dall’eccezionale Bill Nighy, 

La grazia infinita di Emma, conquista e seduce e guardando il film sembra di sfogliare le pagine del fortunato romanzo a cui d’ispira.

Il film da oggi su Prime video, mi ha commosso sul finale con il primo piano del volto di una giovane donna che sta per diventare moglie e chiude gli occhi per sognare un futuro meraviglioso.

Ne consiglio la visione!


PennadorodiTania CroceDesign byIole