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Marco Rossi è Gianfranco Stevanin. L'intervista

Lo sguardo è cupo, impenetrabile. Un volto da duro, magnetico e sfuggente quello dell'attore Marco Rossi, è stato scelto e diretto dal regista Cristian Di Mattia in Stevanin, non ricordo di averle uccise, un documentario sulla storia di Gianfranco Stevanin, il serial killer italiano colpevole di violenza sessuale e dell'omicidio di sei donne tra il 1993 e il 1994, che si racconta in un’intervista dal carcere di Bollate. Marco mostra accanto a due attrici, i dettagli della vicenda. Le immagini sono scandite dalla voce narrante del killer. Il mostro racconta mentre l'attore rappresenta gli atroci fatti.
Ho saputo di questa sua nuova ed entusiasmante esperienza cinematografica, così ho pensato di fargli qualche domanda per scoprire il lavoro sul personaggio e l'esperienza personale vissuta dall'attore teatrale e cinematografico, noto con lo pseudonimo di Angelo Targhini.


L'intervista di Tania Croce


Anche gli attori, i registi e i lavoratori dello spettacolo hanno dovuto fare i conti con il distanziamento, le mascherine, il lockdown ma il cinema ha intrattenuto gli italiani costretti all'isolamento domestico. Sei stato coinvolto in un progetto interessante: il documentario sulla vicenda di Gianfranco Stevanin nella quale interpreti proprio il ruolo del mostro condannato all'ergastolo per aver ucciso 6 donne e per aver smembrato e occultato i cadaveri delle amanti. Sono terminate da poco le riprese, me ne vuoi parlare?

Sono appassionato di cronaca nera fin da bambino, andavo spesso a comprare la rivista Cronaca Vera per la mamma, un giornale molto pesante per l' età che avevo.
Ricordo il caso Pacciani e anche Stevanin. Non avrei mai pensato che un giorno lo avrei interpretato io.

Il tuo volto espressivo, ha orientato la scelta del regista. E' stato un lavoro psicologico delicato che deve averti messo alla prova. Cosa hai provato nei panni di un mostro?

Sai a me piace far sorridere. Non ti nascondo che interpretare Stevanin  è stato pesante interiormente, ho provato come una forma di autolesionismo. Nelle scene crude mi sono sentito vuoto dentro però è stata una bella esperienza. Come Vittorio Gassman credo che "Non si recita per guadagnarsi il pane… si recita per mentire, per smentirsi, per essere diversi da quello che si è. Si recitano parti di eroi perché si è dei vigliacchi, si recitano parti di santi perché si è delle carogne, si recita perché si è dei bugiardi fin dalla nascita e soprattutto si recita perché si diventerebbe pazzi non recitando…" 
Anche le mie colleghe mi sono state d'aiuto. Sono state veramente brave Maria Grazia Soraci e Carola Santopaolo. (in foto)



 Come hai passato il lockdown?

L'ho passato come tutti, nell'attesa. Su questo virus spero che presto le cose possano migliorare per tutti. Nel caso in cui dovessero chiudere di nuovo, preparerò fettuccine e gnocchi visto che mi piace cucinare. 

Dove potremo vederlo?

Su Dplay è possibile vedere questo documentario all'interno del quale è ricostruita la vicenda del serial killer che non ricorda di aver ucciso le prostitute con cui ha avuto relazioni sessuali! 



Note biografiche
Marco Rossi originario di Tivoli, ha preso parte a film e fiction di successo tra cui "Romanzo Criminale", "Donna Detective" e "Il Commissario Rex" con Ettore Bassi, ha recitato anche ne "I Cesaroni 2", svolge da anni la professione di pittore decoratore firmandosi Angelo Targhini, come l'omonimo personaggio nel film "Nell'anno del Signore" di Luigi Magni, ama il suo lavoro e la sua famiglia e da quando è approdato al teatro, (dopo due anni di Laboratorio al Teatro Sette), si è appassionato a recitare anche sulle tavole del palcoscenico, ma la cosa che ama di più è il mestiere di vivere, che lo ispira fin dalla tenera età. 

Mimì è la voce del cuore per Maria Carolina Salomè. L'intervista

 Incantata dall'omaggio a Mia Martini dell'attrice, cantante, drammaturga, regista e donna Maria Carolina Salomè, allieva di Pupella Maggio e artista poliedriaca e piena di grazia, ho desiderato intervistarla e lei mi ha cortesemente concesso un'emozionante intervista che vorrei farli leggere con il cuore

L'intervista di Tania Croce


Cos'è Mimì per te?

E' La Voce del cuore

  

Mi vuoi parlare del sogno realizzato ossia quello di rendere omaggio alla cantante e alla donna Mia Martini?

 Quando ho iniziato a fare la cantante erano gli anni “bui” di Mimì e io per lottare contro le dicerie che si sentivano in giro, portavo in tournée i suoi brani nella disapprovazione generale. Qualche anno fa dopo un mio periodo “buio” ho ripensato a Mimì, alla sua rinascita, alla sua capacità di resistere all’annullamento a cui era stata sottoposta e alla  sua capacità di rinascere e mi ha dato molta forza. Uscita da quel tunnel, mi è venuto naturale rendere omaggio a questa grande artista  che mi accompagna da tutta la vita.

 Cosa vuoi trasmettere attraverso questo concerto ripreso dopo una pausa forzata?

 La rinascita e la rivincita. Fanno parte della storia di Mimì, ma sono anche l’augurio per tutta una categoria di lavoratori dello spettacolo che sta attraversando momenti molto difficili e la cui sopravvivenza è messa a dura prova.

La musica ha alleviato le sofferenze in questi mesi di lockdown. Come hai trascorso questo tempo? 

 Prima ho cominciato a mettere ordine fra cose che non guardavo più da una vita: fotografie, bottoni, articoli di giornale, multe, fatture, cose poetiche ed evocative si alternavano senza alcun filo logico a cose più concrete. Poi piano piano ho cominciato a uscire in orari serali, avevo bisogno di non sentirmi in gabbia camminavo almeno per un’ora tutti i giorni. Non  riuscivo a stare al telefono più di tanto,non riuscivo a pensare a niente di artistico, ho visto tantissime serie anche fino alle 4 di notte, poi mi sono detta che non andava bene e ho cercato di rientrare in ritmi normali. Mio figlio era dal padre e ci sono stati momenti in cui ho sentito profondamente la sensazione della solitudine, ma non mi ha fatto paura. C’erano tre o quattro chat che mi hanno aiutata a passare il tempo ex compagni del CSC e ex compagni delle elementari e genitori delle medie di mio figlio. Eppure poi, quando è finito tutto, sono stata tra quelle persone che ha fatto fatica a rientrare nella normalità, uscivo controvoglia e non vedevo l’ora di rientrare in casa. È durato un po’ e poi la “normalità” ha ripreso il sopravvento.

 Mi piace pensare che le note degli artisti scomparsi possano risuonare all'infinito nel cosmo, credi sia davvero così?

È una bellissima immagine. In fondo la musica è vibrazione, come l’energia del cosmo, come la vita e come l’amore che tutto fa vibrare.

Chi vuoi ringraziare per la collaborazione e a chi dedichi questo meraviglioso omaggio?

Ringrazio Gigi Zito (batteria) al  quale mi sono rivolta per l’organizzazione della parte musicale,  Pino Soffredini (chitarre), Gianni Ferretti (tastiere) e Stefano Scoarughi (basso) perché si sono lasciati coinvolgere in questa avventura e oltre alla loro grande professionalità ci mettono anche tanta  passione.

Dedico lo spettacolo a mia madre

MIMì PER ME

Lunedì 10 agosto ore 21:30

Tempio di Giove Anxur- Terracina (LT)- Piazzale Loffredo

Biglietti: 15 euro

Per prenotazioni: tel. 329 8136968; 339 5351785


Note biografiche da Wikipedia

Nel 1984 debutta in televisione come cantante del gruppo vocale i Macedonia, ospiti fissi della trasmissione RAI Fantastico 5, condotta da Pippo BaudoHeather Parisi ed Eleonora Brigliadori. Inizia a studiare recitazione con Gisella Burinato e Pupella Maggio. Nel 1988 dopo aver svolto attività di corista e cantante, ed essere arrivata in semifinale a Castrocaro, si sottopone alle selezioni del Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma, dove viene iscritta per diplomarsi nel 1990. Nel 1994 viene selezionata per San Remo Giovani nella categoria Interpreti e partecipa alle due puntate televisive su RAI 1 con la canzone di Ivano Fossati Le notti di maggio.

Teatro[modifica | modifica wikitesto]

Esordisce nel 1990 insieme ai suoi compagni di corso Alberto MolinariMarco Galli, Federico Scribani, Enrico Lo Verso e Paola Magnanini in Volevamo essere gli U2 scritto e diretto da Umberto Marino. Lo spettacolo è un successo, viene replicato a Roma per 4 stagioni consecutive, gira l’Italia e vince il Biglietto d’Oro nella stagione 1991/92. Nel 1991 partecipa al Festival di Spoleto con la commedia di Umberto Marino Ce n’est q’un début, regia di Massimo Navone con Sergio RubiniMargherita BuyGiuseppe CedernaFabrizio BentivoglioRoberto de FrancescoFiorenza MarchegianiAlberto Molinari e Federico Scribani. Nel 1993 lavora con Margaret Mazzantini nella prima edizione di Manola presentata al Quirino nell’ambito della rassegna Passi a due curata da Ennio Coltorti. Nel 1994 è protagonista dello spettacolo Da me o da te di R. Ryton con la regia di Stefano Reali e nello stesso anno lavora anche allo spettacolo Carne di Struzzo scritto e diretto da Adriano Vianello con Francesco Salvi. Nel 1997 lavora alla creazione dello spettacolo di musica e letture Il sogno del marinaio, che la vede impegnata come cantante e attrice, in vari festival. È inoltre nel cast del musical Snoopy di Charles Schulz diretto da Riccardo Cavallo. Lo stesso regista la dirige l’anno seguente in Gente di Dublino. Sempre nel 1998 è protagonista del monologo La voce umana di Jean Cocteau. Nel 2002 debutta come autrice con il monologo Sarebbe bastato avere 30 anni nel 2000, da lei scritto ed interpretato, per la regia di Pietro de Silva. Nello stesso anno lavora l’adattamento teatrale di racconti di Dino Buzzati, e porta in teatro lo spettacolo D… come Buzzati scritto in collaborazione con Mario Palmieri. Fonda con Betta Cianchini il duo cabarettistico le Cinciallegre. Nel 2003 lavora di nuovo con Riccardo Cavallo ne I Persiani di Eschilo e sempre nel 2003 interpreta Emily Dickinson nello spettacolo di Silvia Lo Russo Dialoghi interiori. Nel 2011 nell’ambito della manifestazione Teatro in musica elettronica nello spazio Interzona di Verona partecipa al reading musicale Quantas sabedes scritto da Francesco Giuseppe Prete con musiche di Francesco Venerucci e la regia di Laura Paola Borello. Nel 2018 porta in scena con Gabriele Maiolo lo spettacolo di teatro canzone Scusami cara, con la partecipazione di Ermanno Dodaro al contrabbasso e ai testi e Alessandro Russo alla batteria. Nell’ottobre dello stesso anno è tra i protagonisti della nuova pièce di Umberto Marino Volevamo essere gli U2 ma forse era meglio Vasco. Nel 2019 porta in scena la sua nuova commedia musicale L’amore è una scusa, nella quale recita e canta al fianco di Alessandro Molinari e Federico Scribani.

Cinema[modifica | modifica wikitesto]

Nel 1992 partecipa al film Volevamo essere gli U2 con la regia di Andrea Barzini che viene selezionato per il Festival di Venezia nell’ambito della categoria Vetrina Italiana. Nel 1994 partecipa al film di esordio di Antonello Grimaldi Il cielo è sempre più blu e a Diario di uno stupratore di Giacomo Battiato. Nel 1995 è nel cast di Consigli per gli acquisti con la regia di Sandro Baldoni. Nel 2018 gira come regista e sceneggiatrice il cortometraggio Rapsodia in Blue, premiato con il Best Foreign Short Award al Lady Filmmakers Film Festival a Beverly Hills. Nell’ottobre del 2018 Rapsodia in Blue è in concorso al South Film and Arts Academy Festival di Rancagua, dove Maria Carolina Salomè viene premiata come miglior regista esordiente e gli interpreti Giulia Carpaneto Daste e Luigi Tuccillo come migliori attori protagonisti. Il film ottiene inoltre la menzione d’onore per la miglior colonna sonora originale, composta da Anton Giulio Priolo, e per la direzione artistica.

Filmografia[modifica | modifica wikitesto]

  • 1989 Ragazzi nervosi, regia di Anselmo Sebastiani
  • 1990 In una notte di chiaro di luna, regia di Lina Wertmüller
  • 1990 Evelina e i suoi figli, regia di Livia Giampaolo
  • 1992 Volevamo essere gli U2, regia di Andrea Barzini
  • 1992 Quando eravamo repressi, regia di Pino Quartullo
  • 1993 Strane storie, regia di Sandro Baldoni
  • 1993 Da qualche parte in città, regia di Michele Sordillo
  • 1993 La vera vita di Antonio H, regia di Enzo Monteleone
  • 1994 Il cielo è sempre più blu, regia di Antonello Grimaldi
  • 1994 Diario di uno stupratore, regia di Giacomo Battiato
  • 1995 Consigli per gli acquisti, regia di Sandro Baldoni

Teatro[modifica | modifica wikitesto]

  • 1990 Volevamo essere gli U2, regia di Umberto Marino
  • 1991 Ce n’est q’un début, regia di Massimo Navone
  • 1993 Manola, regia di Ennio Coltorti
  • 1994 Da me o da te, regia di Stefano Reali
  • 1994 Carne di struzzo, regia di Adriano Vianello
  • 1997 Snoopy, regia di Riccardo Cavallo
  • 1997 Il sogno del marinaio, regia di Maria Carolina Salomè
  • 1998 La voce umana, regia di Claudio Boccaccini
  • 1998 Gente di Dublino, regia di Riccardo Cavallo
  • 1999 Alarms, regia di Andrea Brambilla
  • 2002 Sarebbe bastato avere 30 anni nel 2000, regia di Pietro de Silva
  • 2002 D… come Buzzati, regia di Mario Calmieri
  • 2003 Dialoghi interiori, regia di Silvia Lo Russo
  • 2003 I Persiani, regia di Riccardo Cavallo
  • 2011 Quantas sabedes, regia di Laura Paola Borello
  • 2018 Volevamo essere gli U2 ma forse era meglio Vasco, regia di Umberto Marino
  • 2019 L’amore è una scusa, di Maria Carolina Salomè

Televisione[modifica | modifica wikitesto]

  • 1984 Fantastico 5
  • 1990 Stelle in fiamme (serie tv), regia di Italo Moscati
  • 1990 Una famiglia in giallo (serie tv), regia di Luciano Odorisio
  • 1992 Per amore o per amicizia (serie tv), regia di Paolo Poeti
  • 1995 L’Avvocato delle donne (serie tv), regia di Andrea e Antonio Frazzi

Radio[modifica | modifica wikitesto]

  • 1992 I viaggi di Gulliver, di Attilio Corsini
  • 1994 Il padiglione orientale, di Franca Alessio
  • 1994 Vizio di famiglia, di Edoardo Erba

Regia[modifica | modifica wikitesto]

  • 2018 Rapsodia in Blue

Branchetti riparte con entusiasmo nonostante una crisi senza precedenti

L'autore, attore e regista Francesco Branchetti, mi ha parlato dei progetti sospesi in piena
pandemia, credendo nella necessità di una rieducazione ai buoni sentimenti
I teatri sono stati chiusi tutti per colpa del distanziamento sociale ma vuole parlarmi dei suoi impegni per ripartire con il solito entusiasmo.

L'intervista di Tania Croce

La riapertura del 15 giugno ha dato speranza e vita a nuovi progetti e a quelli sospesi come i tuoi
spettacoli in cartellone.
Mi vuoi illustrare gli spettacoli che torneranno in scena nella prossima stagione teatrale?

Nella prossima stagione teatrale torneranno in scena due miei spettacoli Parlami d' amore con
Nathalie Caldonazzo e Un grande Grido d'amore di Josiane Balasko che hanno debuttato in
questa stagione e inoltre debutterà un altro mio spettacolo: Una stanza al buio con Alessia
Fabiani ad ottobre e sarà in tournée fino a febbraio. Spero proprio che riusciremo a recuperare con
tutti gli spettacoli le date che abbiamo perso in questa stagione e sono fiducioso che sarà così.


Cosa pensi della riapertura dei teatri, cosa accadrà?


Credo che la situazione sarà molto difficile soprattutto per i teatri ma anche per le compagnie che
hanno subito danni fortissimi da questa situazione e mi auguro soprattutto che il pubblico torni a
teatro dopo questa sospensione ed in una situazione sicuramente diversa dalla normalità,
comunque sono fiducioso e soprattutto ho fiducia in chi sta ricominciando, parlo dei teatranti, con
grandi sacrifici e soprattutto tanta volontà e passione.


Credi sia il caso di chiedere aiuto al Governo come tanti credono? 

Credo che senz'altro sia importante l'aiuto da parte del Governo e che vada chiesto ma credo che
soprattutto sarà necessario rimboccarsi le maniche e impegnarsi al massimo per ricominciare
contando soprattutto sulle nostre forze poi se l'aiuto del Governo arriverà tanto meglio.


Cosa dovrebbe cambiare nella gestione dei teatri?

Credo che chi gestisce un teatro dovrebbe avere un aiuto maggiore da parte delle istituzioni a
livello nazionale ma anche da parte di quelle locali e territoriali.


Cosa speri e cosa temi?


Spero di tornare a vedere il teatro al centro della vita del cittadino, vorrei che tornasse ad
essere un appuntamento costante nella vita di tutti e non un qualcosa per appassionati o saltuari
spettatori. Quello che temo purtroppo nella situazione attuale è che molti teatri e compagnie
purtroppo non riescano a farcela e a rimanere in piedi in questa crisi senza precedenti.


Cos'è per Massimo Wertmuller il teatro, il rispetto per la natura e per la vita

La pandemia, il lockdown, i mesi di isolamento domestico sono stati un bel modo per scoprire e riscoprire tanti film con l'attore e regista Massimo Wertmuller, un artista e uomo pieno di umanità e rispetto per il genere umano, cosa rarissima oggi. Ho seguito le sue riflessioni nel luogo dove oggi circolano le notizie: i social. Ed è lì che si è svelato un aspetto che spesso il cinema non mostra: l'essenza dell'artista. Così ho pensato d'intervistare Massimo per il piacere di condividere il suo pensiero e di conoscere cose che non so.

Intervista di Tania Croce

Ho seguito sui social in questi mesi assurdi, i tuoi propositi ambientalisti, i moniti, le preghiere, le speranze rivolte agli uomini per creare insieme un mondo più pulito, con meno ciccia e più contenuti.
Sei un attore anzi, una colonna portante del cinema e del teatro italiano.
Cosa ne pensi di un teatro 'verde', un teatro che sia per tutti ma non da calpestare e distruggere come accade per il mondo che ci ha ospitato, ma fatto per essere rigenerante, come in fondo il teatro stesso dovrebbe essere con la sua catarsi purificatrice. Ti piacerebbe un teatro simile sia nella forma che nel contenuto?

Non so quanto il teatro possa cambiare il mondo, ma lo rappresenta senz’altro. E, soprattutto in questo senso, credo debba avere una funzione, un messaggio (parola tanto odiata, ma non da me), una riflessione da consegnare. E questo lo penso di tutta l’arte. Ho sempre amato di più quelli che raccontando, componendo, persino scolpendo, offrissero un punto di vista, un pensiero utile. Con questo non voglio dire che si debba criminalizzare la goliardia, la produzione fine a se’ stessa. Cosa questa che, però, secondo me, è riuscita bene solo a grandi maestri, ed è diventata arte, geni come Charlot, Tati o Totò. Dico solo che chi fa arte impegnata nel sociale a me, nel mio piccolo, piace di più. Se penso al cinema, e penso a Scola, Magni, Lina Wertmuller, che hanno fatto ridere pur essendo politici, oppure a Rosi, a Petri, a Germi, a tanti altri che hanno fatto dell’impegno la loro ispirazione, mi spiego meglio. In questo senso non c’è dubbio che i  temi dell’ambientalismo, dell’ecologia, dell’economia verde, siano i temi davvero più urgenti, più necessari. Questo senz’altro nella vita pubblica, ma se sapessi scrivere scriverei per il teatro solo lavori che parlano di questo. Che parlano di animali, Natura, vita e valori sani.

Come immagini lo spettacolo dal vivo nei prossimi mesi nel pieno rispetto del distanziamento sociale, utopistico o possibile con tanta buona volontà da parte degli addetti ai lavori e del pubblico, disabituato al rispetto e con il cellulare costantemente acceso durante le repliche?

Mah, vedo tanta maleducazione civica anche lontano da una platea. 

Hai perfettamente ragione!

Il buonsenso di dire che oggi non serve (più) terrorismo e disfattismo viene minacciato da continue sfide idiote e incivili al virus. E da arrivi dall’estero di comitive di positivi che potrebbero far chiudere di nuovo tutto. I numeri ancora incoraggiano a vedere la cosa diversamente rispetto a due mesi fa quando il virus uccideva di più e veniva curato male, e i virologi che invitano alla speranza lo fanno solo perché si basano su questi numeri, ma se andiamo avanti così, con le spiagge piene di gente a contatto di gomito senza mascherina, non sarà stata certo colpa del buonsenso o di quei virologi positivisti se si avrà un ritorno preoccupante del virus. In questo senso, però, io trovo che l’investimento nell’unica attività possibile come appunto è lo spettacolo all’aperto, sia stato molto insufficiente. Questo modo di fare teatro poteva essere il primo, più forte, chiaro modo anche per riavvicinare il pubblico alla sala. La paura di un pubblico che già era difficile prima del virus portare a teatro, infatti, resta uno dei grandi nemici della ripresa del teatro. Ma non ho visto tutte queste attività estive. E nemmeno tutto questo aiuto istituzionale a realizzarle. Il famoso bando, secondo me, non deve mai significare paralisi o difficoltà. Sennò meglio un solo competente che sceglie secondo i suoi gusti, assumendosene la responsabilità, ma che fa vivere un indotto o una comunità, come accadde con Nicolini, Borgna, Calicchia per le Estati Romane.

Questa pandemia è stata educativa oppure no?

Purtroppo poteva, uso l’imperfetto perché non sono ottimista, poteva essere una grande occasione per ripensare tante cose. Non solo il nostro rapporto con la Natura, l’ambiente e i suoi abitanti, ma per esempio il nostro rapporto col denaro. Ormai è chiaro a tutti che il capitalismo sfrenato dell’usa e getta che hanno creato, questo capitalismo delle banche e dei titoli di borsa, ha distrutto tutto. E sta ancora distruggendo tutto. In suo nome si buttano pure bombe persino sui bambini, e si sostengono mercati che stanno distruggendo il pianeta, oltre che, in modo orribile, strappando vite di esseri senzienti, indifesi e innocenti, magari cuccioli, per un falso rito, per un menù o per una ricerca fallace. Sappiamo poi che dalla sbagliata abitudine alimentare del mangiare animali è partito questo virus, e partirono altri seri virus come l’ebola, la sars, la mucca pazza. E il mercato molesto e lugubre della carne è diventato il maggior agente inquinante del pianeta, con l’inquinamento atmosferico che è il più grande complice di questo virus, oltre che la minaccia più grossa alla nostra vita. Questo paese , ma anche il mondo, da oggi, non da domani, avrebbe bisogno di più cultura, di più senso e partecipazione civica, meno attenta al proprio ombelico e più alla comunità, avrebbe bisogno di più empatia, avrebbe bisogno proprio di tornare indietro ma non come politiche, leggi o misure, ma come valori veri, fino forse a quelli agricoli, originari, per ritrovare la qualità della vita, e anche per sopravvivere, se non è già troppo tardi… avrebbe bisogno di tutto questo, e di più attenzione e disciplina e meno di provocazioni e provocatori, per dire. Ma si vedono forse tutte queste cose? Anche solo a livello embrionale?

Parlami dei tuoi prossimo progetti

Stiamo preparando io, Anna Ferruzzo e il maestro Pino Cangialosi una piccola tournée con la nostra emozionante “Iliade” tratta dal libro di Alessandro Baricco. Donne e uomini reali, semplici, travolti dalla paura, dalla morte, dalla tragedia.

Se dovessi definire il teatro, cosa diresti

Forse in qualche maniera l’ho già detto prima, e mi scuso se l’ho fatto, ma da sempre il teatro per me è uno specchio dei tempi. E resta la forma di linguaggio più insostituibile. Per sempre, credo, esisterà questa forma di comunicazione tra una signora o un signore che raccontano una storia e una signora o un signore che l’ascoltano. Quarta parete o no, questo è un piccolo rito, anche un po’ magico, che si tramanderà nel tempo. Certo, in questo senso, io considero la scrittura un momento sacro. Per me chi sa scrivere detiene un regalo della natura. E lo scrittore è il vero deus ex machina, il creatore di tutto l’evento teatrale, cinematografico, letterario o artistico. Ma, anche qui, mi dispiace di dover dire che non vedo tutto questo investimento istituzionale nella nuova drammaturgia. Del resto, questo paese del Rinascimento, di Leonardo Da Vinci, di Michelangelo, di Caravaggio, di De Sica, di De Filippo, di Pirandello, di Dante Alighieri, e di tanti e tanti altri, non mi pare che si adoperi così tanto per la cultura in genere. Sua vera prima, invece, grande ricchezza e indotto di lavoro… Se è per questo, abbiamo saputo, in questi tempi di coronavirus, dalla viva voce, anzi purtroppo più dai silenzi, delle istituzioni, di non essere poi così importanti per la comunità. Anche se in quarantena l’attività più frequentata era proprio quella di vedere in televisione teatro e cinema, e di leggere libri…

Nel ringraziare Massimo per queste belle e preziose parole, vorrei ricordare il meraviglioso spettacolo teatrale che è tra i più belli del 2019 nella mia personale classifica: La Gente di Cerami con Anna Ferruzzo di cui riporto la recensione: https://www.pennadoroteatro.com/2019/03/la-gente-di-cerami.html 

foto di Giovanni Canitano

Bus T è il teatro a cielo aperto di Daniele Coscarella. L'intervista

Il teatro con l'inattesa presenza del Covid19 è una scommessa, un atto quanto mai coraggioso e arduo per gli artisti di tutto il mondo.
C'è una città italiana amatissima dai turisti e dimenticata dai suoi stessi abitanti che hanno bisogno di riscoprirla. Questa città è Roma. Ci ha pensato Daniele Coscarella e "gli ospiti" di Monolocale a ridare luce alla Capitale deserta e silenziosa con un'idea geniale che scopriremo insieme in quest'intervista.

L'intervista di Tania Croce

Bus T è il vostro teatro a cielo aperto che ha come scenario la Capitale.
Lo straordinario appuntamento organizzato da Roma Open Bus e Monolocale, di cui sei fondatore e direttore artistico, unisce il viaggio alla scoperta delle bellezze storiche e archeologiche di Roma e lo spettacolo degli artisti che intratterranno gli ospiti durante il viaggio.
Per rispettare le norme di sicurezza e il distanziamento sociale, è indispensabile la prenotazione sul sito: 
Come ti è venuta quest' originale idea nei tempi in cui c'è carenza di turisti a Roma e si sta uscendo da un lockdown estenuante e doloroso? 

Cercavamo un'idea che fosse un'alternativa al nostro format teatrale, per non perdere il lavoro di questi 5 anni e per non arrendersi all'evidenza di un'estate drammatica da un punto di vista artistico. Fare teatro di prosa o commedie con la classica platea in questo momento è molto difficile, si rischia di scadere nel ridicolo, ci sono troppe controindicazioni e manca spesso la natura principale che è la relazione attore/pubblico. Abbiamo quindi pensato di incontrare il pubblico in un altro luogo, dove il teatro fosse la  strada, creando azione negli ambienti rionali della città, nei vicoli, nella piazze, in un condominio. Era fatta! Luoghi adatti dove fare teatro e creare empatia con il pubblico. Ambientare storie con lo scenario più bello del mondo che è Roma e il pubblico ,ritrovare il feeling con la propria città. 

Oltre ai romani desiderosi di riscoprire la propria città, hanno prenotato anche turisti stranieri? 

Purtroppo in questo momento i turisti scarseggiano, molti alberghi sono ancora chiusi e il centro è vuoto. Pochi lo dicono ma la verità è che anche gli italiani hanno ancora un po' paura... Noi resistiamo perché il nostro pubblico che ci conosce, è affezionato e percepisce lo sforzo per ricostruire un progetto teatrale attraverso un'altra idea. In fondo Monolocale è una specie di casa dove il pubblico è protagonista della serata, noi li chiamiamo i nostri inquilini perché si crea un rapporto molto bello e intimo. 

Quando è iniziata quest'avventura e fino a quando sarà possibile girare per Roma insieme a voi? 

Siamo partiti il 3 Luglio con i Monopattini dall'Aventino e il 9 con Bus T il nostro Bus teatrale. Andremo aventi tutta l'estate, ci fermiamo solo a Ferragosto. 

Mi piace pensare che da questa esperienza trarrete materiale per un libro o spettacoli nei teatri che hanno dovuto chiudere e che ce la stanno mettendo tutta per riaprire. Me ne vuoi parlare? 

Beh stiamo vivendo esperienze diverse e molto nutrienti da un punto creativo. La cosa bella di Monolocale è la contaminazione, siamo una piccola compagnia con stili e dinamiche diverse, quindi quando stiamo molto insieme come in questo periodo, succedono sempre cose belle.  L'idea del libro è legata al blog sul sito: il lunedì dell'inquilino, ora in pausa estiva ma a Settembre riprenderà come la SitCom di Andrea Zanacchi, la webnovellas di Alessandra Merico e le canzoni di quartiere di David Marzi. Siamo legati alle storie, facciamo spesso monologhi che raccontano il presente, tutto quello che vediamo e incontriamo è materiale per la scrittura. Stiamo pensando ad uno spettacolo invernale sempre in stile Monolocale e urbano sullo stile di M'atti D'amore nato 7 anni fa. Ma dobbiamo aspettare la riapertura vera del Teatro... non quella del 15 Giugno. I teatri privati, cioè la stragrande maggioranza del teatro italiano, stanno vivendo una crisi epica, se non succede nulla, molti non riapriranno a Settembre. In questo momento poi soffriamo tutti, piccoli e grandi, ognuno ha le sue problematiche. Auspichiamo un intervento del governo per favorire un aggiornamento del decreto antiCovid o comunque un messaggio chiarificatore, altrimenti in questo stato di confusione, le imprese teatrali rischiano il fallimento! 

Cosa ti emoziona di più in quest'esperienza e quale messaggio vuoi trasmettere? 

Mi emoziona il teatro di strada, sembra banale ma è così. Per teatro di strada intendo non solo quello fatto di clownerie e magiche acrobazie, ma anche quello estemporaneo che nasce per caso quando meno te l'aspetti. Qualche settimana fa durante un matrimonio improvvisato all'Aventino, due signori anziani prima ci hanno osservato e poi ad un certo punto un pò preoccupati: "Dovete credere all'amore anche se adesso vi sembra tutto così difficile e impossibile, noi ci amiamo da 50 anni!".  
Ma ne potrei raccontare tante accadute in questi giorni...
Mi piace l'idea di riportare il pubblico ad essere curioso della propria città, poterla vivere senza odiarla e maltrattarla, conoscere le storie dei quartieri... Vorrei ringraziare Dario Tacconelli, Emanuela Panatta e Pascal La Delfa per il loro prezioso contributo.

"Il teatro non è altro che il disperato sforzo dell’uomo di dare un senso alla vita."


 
 

Il teatro ai tempi del Coronavirus per Francesco Branchetti è la riconquista dei sentimenti

Sembra il titolo di un noto romanzo di Marquez ma equivale a una realtà che non avremmo mai immaginato di vivere il teatro ai tempi del Coronavirus.
Sono tante le idee e i progetti virtuali che i teatranti stanno tentando di proporre e di realizzare per convivere con il virus nella benvenuta Fase2 inaugurata il 4 maggio 2020 e dove resta il distanziamento sociale che purtroppo non coinciderà con la riapertura dei teatri i quali non potrebbero garantire il distanziamento tra le persone perché il teatro è la vera e unica arte sociale sopravvissuta nei secoli.
Incontriamo il regista e attore Francesco Branchetti per sapere quali sono i progetti rimasti in piedi, quali quelli rimandati a tempi migliori e per scoprire il senso dell'esistenza di un artista senza teatro.

  L'intervista di Tania Croce
 
Sei il primo attore che incontro virtualmente dopo due mesi chiusa in casa, sospesa e speranzosa. Come ti senti, ti va di parlarmene?
 
Certo volentieri, si tratta di un momento drammatico e lo è da tantissimi punti di vista sanitario, economico e sociale ed io lo sto vivendo da casa nella sua drammatica realtà, che ha cancellato quasi tutta la tournée del nostro ultimo spettacolo UN GRANDE GRIDO D'AMORE con Barbara De Rossi, lasciandoci l'amaro in bocca e tantissima malinconia soprattutto pensando a quanto lavoro c'era stato dietro alla costruzione delle due tournée  infatti stavamo in giro anche con l'altro spettacolo PARLAMI D'AMORE con Natalie Caldonazzo, è stato terribile doversi fermare capendone la necessità, ma vivendo tutto quanto con un sentimento di grandissima impotenza.
  
Questa pandemia ha messo in luce il fragile ruolo dell'artista, illuminante, ispirato, creativo, in costante attesa dell'evento da rappresentare e da condividere, ecco condividere. Cosa ti manca e cosa sarebbe giusto cambiare per dare dignità al vostro mestiere, il giusto riconoscimento anche economico?
 
Il nostro mestiere ha tantissime problematiche assai complesse, si tratta di un lavoro che deve fare i conti con il mercato e non sempre le regole del gioco sono giuste e facili da digerire; io dico spesso che le regole si possono criticare, odiare si può tentare di cambiarle ma fino a che queste regole esistono non tenerne conto porta a rimanere fuori a lavorare poco e a livelli che danno scarse soddisfazioni economiche di  conseguenza la frustrazione, la disoccupazione, la sofferenza economica caratterizza spesso la vita dell'artista e dell'attore. Credo senz'altro che ci vorrebbe maggior rispetto per l'artista in genere e per i suoi sacrifici e credo che si potrà fare qualche passo avanti con tanta lotta, ma credo anche che purtroppo la nostra epoca considera troppo poco sacrificio ed impegno, i cosiddetti valori "giusti"e riconosce con più forza altre cose come la fama e il successo. Credo che l'attore debba fare il suo percorso sapendo tutto questo, lottando per cambiare le regole e ottenendo magari dei risultati, ma sapendo che ogni epoca ha i suoi eroi e sicuramente nella nostra epoca gli eroi sono altri, non certo i teatranti. Credo inoltre che molti problemi derivino dal numero enorme di attori in un'epoca in cui il lavoro è sempre meno e la crisi è forte e adesso lo sarà ancora di più. Non ho soluzioni né idee geniali per risolvere i problemi della categoria e ho molta ammirazione per chi ci prova e ci lavora e gli auguro di ottenere grandi risultati che sarebbero importanti per tutti noi.
  
Una crisi è il momento giusto per una ricostruzione. Se fossi un architetto, cosa vorresti ricostruire?

L'unica cosa che davvero mi manca in questi anni e mi manca sempre e la cerco sempre  in ogni cosa, momento o persona, è il candore inteso nel senso più ampio del termine che abbraccia ogni sfera della vita, se potessi ricostruire qualcosa ricostruirei il candore nelle persone, nei progetti, nella vita di tutti i giorni e poi ricostruirei il coraggio; troppa vigliaccheria in questi anni... tutti a nascondersi dietro qualcosa; come vedi ricostruirei sentimenti e non cose, credo che la ricostruzione debba ripartire da lì... dai sentimenti, dalle emozioni...

Eva Lopez, la piccola Piaf. L'intervista

Dopo il concerto omaggio al Teatro Ghione di Roma il 18 febbraio 2020 dedicato a Charles Aznavour, un vero e proprio ambasciatore di bellezza nel mondo, incontriamo l'artista internazionale Eva Lopez, nella cui discografia scopriamo un album intitolato Je t'aime (2008) che mi ricorda J'aime Paris au mois de mai, l'omaggio ad Aznavour nato da un'idea di Fernanda Tassoni (Presidente di Alliance Française Catanzaro e con il supporto di Francesco Saverio Mollo (Console onorario di Francia a Cosenza) per la regia di Sebastiano Somma, un meraviglioso viaggio concerto con Philippe Boa e un gruppo di musicisti davvero eccezionali come il suo direttore artistico e chitarrista Pino Iodice.

Intervista di Tania Croce

Hai cantato l'amore nel mondo, omaggiando Edith Piaf, dopo aver ispirato Pierre Malar nella sua scuola di canto. Quanto c'è di Edith in te, nella tua voce e nella tua formazione?

Edith me l’ha portata l’universo. Ho fatto un casting a Parigi perché Pierre Malar lanciato dalla Piaf, mi ha scelto per cantare Quand tu chantais (Quando cantavi) e da lì è iniziata la mia storia.
Abbiamo fatto un cd per Manodrey production e Vincent Breget productions che ancora mi segue. Ho aperto con il brano dedicato a Edith Piaf il Festiva du Luchon, una manifestazione canora simile al vostro Festival di Sanremo. Tutto ha avuto inizio da qui. Edith mi ha guardata e ha detto: vai! Pierre Malar ha riconosciuto in me la sua madrina, la sua stella. L’Ambasciatrice francese mi ha scelta di ritorno da una tournée in Messico e mi ha aperto tutte le porte. Ho incontrato il mio chitarrista e direttore artistico Pino Iodice. Ho girato per vent’anni anni a fare concerti. Ho portato a Roma questa canzone e in Italia mi chiamavano la piccola Piaf. Lei è dentro di me, è una mamma spirituale.

Il concerto di Roma nasce da un ambizioso progetto, ossia quello di tramandare l'eredità di un cantante e uomo d'altri tempi. Quanto il presente musicale ha bisogno di radicarsi nel suo passato e perché?

Per sapere dove vogliamo andare è bene ricordare chi siamo e da dove siamo venuti. Questo omaggio a Charles Aznavour quando mi ha chiamato madame Fernanda Tassoni per presentarmi il progetto artistico, sono rimasta un po’ colpita. L’idea che una donna potesse cantare Aznavour per un intero concerto non era facile ma mi ha riportato alle mie radici. Parla della vita, dell’amore, del dolore, della morte, degli uomini, delle donne, dei bambini, parla di tutto questo grande uomo e il suo è un viaggio interculturale. Le sue note sono le note del mondo. Ho accettato perché cerco di essere sempre sincera come dice ne L’istrione. Voglio essere sincera davvero. 

Quali sono i tuoi prossimi concerti e dove potremo venirti ad ascoltare?

Spero di fare un tour in giro per il mondo come abbiamo fatto con il maestro Iodice. Questo concerto a Roma è il mio ritorno. Avevo staccato qualche anno. Si riparte con i due produttori Sandro Fabiano e Stefano Baldrini che stanno lavorando in questa direzione e che conoscono le date. Non ci fermiamo qua. Voglio ringraziare l’Italia perché mi ama e ritornare da un pubblico che mi ama mi ha emozionato tantissimo. Anch’io amo il pubblico italiano immensamente. In qualsiasi parte del mondo c’è la magia quando c’è l’amore. Sono grata a madame Tassoni e amo molto anche Catanzaro e la magia che contiene questo luogo. Sono grata anche a Sandro e a Stefano che sono anche i produttori di Silvia Mezzanotte.

Per te cantare è?

Per me cantare è vivere. Cantare, sentire, condividere le emozioni con il pubblico è il mio leit motiv. L’amore è tutto. Quando arriva l’amore giunge la pace. L’amore son battiti di cuore. Sono cresciuta con i cavalli e loro sono il mio mondo. Canto con loro. Cantare è una forma di yoga e di vera pace. Cantare è essere nell’universo e portare la luce. Questo è cantare per me. La lingua italiana quando si parla si canta. Forse è per questo che mi trovo bene con voi, pur essendo di origine spagnola. Quest’intervista per me è un canto. Ho collaborato con una certa disabilità, tenendo lezioni di canto ai non vedenti. E’ stata un’esperienza per me fantastica. Ho collaborato con Tiziana Sensi e pur avendo dato lezioni di canto a una persona non vedente lei mi vedeva e cantava con me. Il canto è universale.

Alcune immagini del concerto al Ghione

Più bello ed esilarante di prima torna lo spettacolo sul matrimonio di Mario Alessandro Paolelli al Teatro Roma. L'intervista

Il matrimonio (nella buona e nella cattiva sorte), è uno degli spettacoli più belli visti negli ultimi anni che torna "più bello e più superbo che pria" nell'accogliente Teatro Roma dal 20 febbraio al 1 marzo 2020.
Incontriamo il suo elegante e ispirato autore e interprete per un'intervista che avrei voluto fare da tanto tempo.

Intervista di Tania Croce

Nella tua commedia brillante e straordinaria, prendi spunto dal matrimonio, considerato il giorno più bello o uno dei più belli della vita, dando una visione sui generis di questo evento analizzato con la lente d'ingrandimento della tua ironia. Me ne vuoi parlare?

Una volta un sacerdote secondo me 'illuminato' (mi abbandono al giudizio), mi disse che il matrimonio alla fine è una festa, una bella festa, ma vivere insieme per sempre è tutto un altro paio di maniche. Ai tempi dei nostri genitori, dei nostri nonni poi non ne parliamo, le coppie separate erano una minoranza, quasi dei pària rispetto alla massa. Ora è tutto il contrario. Trovare una coppia stabile e stabile da anni sembra essere diventata un'impresa. Che vuol dire questo? Per 'alleggerire' mi affido ad una battuta che viene detta dal Conte, uno dei personaggi della commedia: "Le cose cambiano. Mio nonno combatteva i prussiani, mio padre combatteva i tedeschi e io, sì e no, combatto il colesterolo". E' difficile, restando obiettivi, formulare un pensiero sul matrimonio ecco perché nella commedia abbiamo due anime. Quella cinica e sarcastica del Conte, di cui sopra, che dice: "Il matrimonio ha molti dolori ma stare da soli non ha gioie.", riassumendo una visione anche pessimistica, e quella di Emilio, uomo felicemente sposato, che dice: "Non volevamo avere un'amore con l'uscita di sicurezza come la convivenza. Se pensi, anche solo se lo pensi, che possa essere 'per sempre', perché allora non sposarsi?"

Lo spettacolo corale, demolisce letteralmente la quarta parete, ti senti un po' petroliniano per questo?

Io sono sempre stato contrario, da spettatore, alla rottura della quarta parete. Eppure, da scrittore, ho infranto questa regola non scritta almeno un paio di volte. Ho visto che può servire per movimentare lo spettacolo, l'importante è che il pubblico venga chiamato in causa nella sua totalità e non prendendo i singoli ma comunque, drammaturgicamente, deve esserci un valido motivo.

A chi ti sei ispirato nella stesura della pièce e ci sono novità rispetto alla versione ammirata al Teatro 7?

Mi sono ispirato alla realtà, alle diverse situazioni 'matrimoniali' e di coppia con le quali sono venuto a contatto. Rispetto alla scorsa versione? Beh, intanto la squadra è cambiata per una buona metà, quasi tutte le attrici ed un attore fanno parte della Compagnia 'Un Teatro da Favola' che sta spopolando per gli splendidi spettacoli per ragazzi in ogni parte d'Italia. Tutti validi ed entusiasti professionisti. Inoltre ho approfittato per togliere un personaggio, asciugare ancor di più il terzo atto ed inserire delle gag esilaranti che ancora non mi rendo conto del perché non le avessi messe prima!!!

Pensi che il matrimonio nella buona e nella cattiva sorte, s'ha da fare e quale messaggio trasmetti al pubblico dei nostri tempi?

Ritorno al concetto espresso prima. Se in cuor tuo pensi che sia per sempre, perché non farlo? Giusto darsi anche l'opportunità di sbagliare. Forse, consiglierei di sposarsi non troppo presto, perché la vita, le esperienze, cambiano le persone. E la persona che hai scelto in età 'giovanile' non resterà la stessa durante il percorso. E riuscire a crescere insieme nello stesso modo non è semplice.


Ringraziando Mario Alessandro Paolelli (in foto) per quest'intervista deliziosa, invito tutti a vedere questo spettacolo in scena al Teatro Roma dal 20 febbraio al 1 marzo 2020

Si rinasce dalle macerie nel nuovo spettacolo di Marzia Ercolani. L'intervista


Atto Nomade Marzia Ercolani presenta MUNNE - ‘O MUNNO DIFFERENTE in scena dal 4 al 9 febbraio allo Spazio 18b

L'intervista di Tania Croce

Antonin Artaud è il suo Teatro della Crudeltà che denuda, scarnifica, portando alla luce la verità e la bellezza della mente umana. Mi pare nella tua pièce sia un miraggio la conquista della luce, la pulizia in mezzo all'immondizia. Tale ricostruzione ed elevazione dalle macerie dell'esistenza è il punto di partenza e il fine del tuo spettacolo?

La meta verso cui vanno i due personaggi. La fine dunque. Ma è più appropriato dire un nuovo inizio.

Parlami della genesi della pièce a partire dal titolo.

La lingua drammaturgia ricorda un dialetto campano. Il titolo è un gioco di parole, porta in sé il seme della piccola giostra che sarà tutto il racconto. “Munne” sottolinea e unisce tra loro, come la luce e l’ombra, la munnezza (immondizia) e il mondo. “Il mondo (o’ munne) differente” è una definizione connessa alla raccolta differenziata ma fa eco anche al desiderio di un mondo differente verso il quale andare, un mondo che sta dentro ognuno di noi e che potrebbe, se ascoltato, trasformare la società odierna. Il progetto è nato da una mia urgenza di raccontare che dalla spazzatura, grande protagonista del mondo contemporaneo, sia essa materiale, sia essa interiore, c’è la possibilità di riciclare quello che sembra inutile in nuova vita, la possibilità di rinascere dalle macerie facendone una strada verso la rinascita.

MUNNE - ‘O MUNNO DIFFERENTE è una preghiera rivolta agli uomini oppure agli dei, una sorta di divinità pagana come fosse un rifugio ideale al riparo dalle cose terrene?

E' una preghiera rivolta agli uomini per ritrovare il senso della sacralità delle piccole cose, la sacralità dell'anima, la sacralità della terra. Tutto il racconto è un piccolo circo sacro e profano, pagano e monoteista al contempo. L’essere umano è uno e molteplice. Divino e terreno al contempo. 

 In questo spettacolo ti senti più angelo, oppure fata dispensatrice di bellezza?

 I due esseri che abitano questo progetto sono una donna/dea decadente e un folletto/dio bambino. In questo spettacolo non sono io a sentirmi angelo o fata, ma i personaggi lo sono. Nella mia visione, tutto il mondo femminile, ossia la madre terra stessa, e tutto il mondo infantile continuano ad essere buttati via, scartati, sfruttati, sminuiti, violati, in un sistema sociale contemporaneo ancora profondamente basato sul patriarcato e sulla gerontocrazia. Eppure nel sentire lunare femminile e nella purezza dell’infanzia c’è la magia della creazione. I due personaggi sono angeli caduti che riciclano poesia, bellezza e vita dalle rovine. Così come angelo caduto è ogni anima che viene al mondo e che durante tutta una vita cerca di imparare nuovamente a volare. Basterebbe ricordarci che abbiamo le ali e che possiamo sempre trasformare la nostra ruggine in oro. 

Lo spettacolo sul recupero della consapevolezza e della coscienza dell'essere umano, sarà un tuffo nella contemplazione della nostra interiorità, al riparo da ogni immondizia materiale ed esistenziale 


PennadorodiTania CroceDesign byIole